RADICI STORICHE ECONOMICHE SOCIALI E POLITICHE DEL PROGRAMMA POLITICO DEL PARTITO DEMOCRATICO POPOLARE RIVOLUZIONARIO E DELL'ESERCITO POPOLARE RIVOLUZIONARIO

"Il governo infrangendo le prerogative del potere sovrano per volontą del gran capitale ha perso tutta la legittimitą trasformandosi in un governo di fatto".

L'antidemocrazia, l'ingiustizia e la profonda disuguaglianza sociale sofferte oggi da noi messicani, riflettono il fatto che gli ideali di libertà e giustizia, per cui abbiamo lottato nel corso della nostra storia, non sono stati raggiunti. La lotta del nostro popolo per la propria liberazione ha le sue radici nella storia della nostra patria, fin dall'epoca della conquista, quando uomini e donne indigene combatterono eroicamente gli invasori. Nei 300 anni che durò la colonia, differenti settori del popolo mantennero accesa la fiamma della ribellione in tutto il paese combattendo il potere spagnolo.

Col movimento insorgente del 1810-1821 si conquistò l'indipendenza dei messicani rispetto alla Spagna, dando vita così alla nazione che plasmarono Morelos e il Congresso costituente del 1813. Consumata l'indipendenza si aprì un periodo di lotte tra coloro che tentavano di cristallizzare gli ideali della nuova repubblica e coloro che si opponevano a questo progetto. I liberali, con a capo Benito Juarez, riuscirono a trionfare sulla reazione interna e l'invasione straniera, instaurando le Leggi di Riforma e facendo prevalere la sovranità della patria. Posteriormente, la dittatura porfirista (da Porfirio Diaz, n.d.t.), che per tre decenni affogò nel sangue le richieste di giustizia, democrazia e libertà delle masse contadine e operaie, diede luogo alla rivoluzione del 1910-1917, altro glorioso tentativo del popolo messicano di raggiungere le proprie aspirazioni di democrazia, libertà e uguaglianza. Con questo gesto eroico si cercò di risolvere le richieste più sentite dalle masse lavoratici, come pane terra e libertà, poichè la fame, la obbrobriosa miseria, l'alta concentrazione di terra nelle mani di pochi, il forte peso fiscale, l'assoluta centralità del potere e la brutale repressione rappresentano i motivi per cui i nostri fratelli preferirono irrigare col proprio sangue i campi di battaglia piuttosto che continuare a vivere nell'oppressione e nella miseria.
Una delle conquiste fu che nella Costituzione del 1917 restarono le richieste fondamentali del popolo che però non trovò la forza, nè gli strumenti necessari, per renderle compiute. La Costituzione è rimasta, fin da allora, lettera morta. Anzi. Gli interessi economici e politici della classe che ancora oggi usurpa il potere, si imposero violentemente attraverso gli assassini di Ricardo Flores Magon, Emiliano Zapata e Francisco Villa, tra gli altri grandi uomini.
I terratenenti che inalberarono la bandiera della democrazia per opporsi al regime di Porfirio Diaz, una volta al potere continuarono a reprimere e affogare nel sangue la volontà popolare, imponendo i suoi rappresentanti.
La distribuzione agraria, iniziata al termine del movimento rivoluzionario, favorì solo i grandi terratenenti, continuando questa politica con i governi successivi, salvo nel periodo del governo di Lazaro Cardenas che restituì e dotò di terra i contadini. La terra non passò nelle mani di tutte le comunità che erano state spogliate, e a coloro cui vennero consegnate non venne dato il proporzionale appoggio necessario per lavorarla.
Di ugual forma, i lavoratori organizzati che lottarono per emanciparsi, vennero ingannati e repressi e la nuova legislazione sul lavoro fu utilizzata come meccanismo di mediazione e controllo del movimenti operaio. Nelle tappe successive alla rivoluzione, la classe dominante diede impulso alla creazione e consolidamento delle istituzioni per rafforzare lo Stato, dando vita a nuove forme di antidemocrazia come il presidenzialismo e il corporativismo, lasciando spazio alla realizzazione del suo progetto economico e politico.
Davanti a questa situazione il popolo non ha mai smesso di lottare; nuovi sforzi per raggiungere migliori condizioni di vita e di lavoro si sono succedute. Nella decade '50-'60 si rigenerò la lotta del popolo. Esempio ne sono stati i movimenti di ferrovieri, insegnanti, medici, contadini, telegrafisti, studenti ed altri che hanno subito una brutale repressione e si è riaffermato così il caratter oppressivo dello Stato messicano e il suo vero ruolo: essere al servizio del gran capitale nazionale e straniero.
D'altra parte, i processi elettorali sono stati utilizzati dall'oligarchia e dal governo antipopolare per tentare di dare una apparenza di legalità all'antidemocratico sistema politico vigente, ai governanti imposti con la forza, la manipolazione e la frode. Nonostante la lotta elettorale possa essere uno dei mezzi o forme di lotta che contribuisce ad organizzare la forza sociale storica capace di ottenere trasformazioni profonde.
La politica antipopolare dello Stato messicano -basata sullo sfruttamento delle masse lavoratrici e la consegna delle nostre ricchezze - ha impedito, di sei anni in sei anni, la soluzione alle richieste storiche del popolo messicano, aggravato le sue condizioni di esistenza fino a portare il paese ad una grave crisi economica, alla scomposizione del sistema politico e all'approfondirsi delle disuguaglianza sociale, facendo risorgere il conflitto armato le cui origini risalgono alla decade del '60, per la trasformazione sociale profonda del paese.

Analisi economica