Da
dove provengono le strutture narrative? Quale ruolo possono
avere nel dare una forma ed un significato alla realtà?
Le teorie che hanno cercato di dare una risposta a queste
domande (dalla psicologia freudiana, passando per la morfologia
proppiana fino alla semiotica generativa), indipendentemente
dalle loro premesse generali, sono tutte d'accordo nell'affermare
che il significato di un messaggio o di una narrazione
è articolato su più livelli. Per comodità
possiamo pensare che questa specie di torta a più
strati del significato possa essere divisa in due soli
macro livelli: un livello superficiale ed un livello profondo.
In questo breve scritto vorrei cercare di capire in che
modo l'oggetto bicicletta metta in relazione questi due
livelli nei programmi narrativi del messaggio pubblicitario
televisivo, e come ciò possa influire sul riconoscimento
o sulla costruzione di determinati modelli mentali.
Fra
la comunicazione pubblicitaria e alcuni schemi collettivi
di pensiero esiste un legame a doppio filo. In primo luogo,
perché i mezzi di comunicazione di massa, attraverso
la ricorsività del messaggio modificano le nostre
strutture mnemoniche (e la memoria è l'ambiente
naturale dell'attività cognitiva). In secondo luogo,
perché la pubblicità, per esercitare la
sua funzione persuasiva, ha bisogno di esibire modelli
della realtà che siano il più possibile
condivisi e normalizzati.
Prendere
in esame l'oggetto bicicletta all'interno della pubblicità
televisiva non significa considerarlo come oggetto pubblicizzato,
ma solo come oggetto pubblicizzante, che fornisce cioè
significati e valori ausiliari ad un altro oggetto. Ad
oggi ho identificato 15 spot nei quali la bici ricopre
questa funzione. Ho suddiviso i prodotti pubblicizzati
nelle seguenti categorie merceologiche: articoli per l'igiene
personale (2 spot), detersivi (2), automobili (6), riviste
(1), alcolici (1), alimentari (2), e lotterie nazionali
(1).
Il
primo dato significativo è che nel 40% dei casi
(6 su 15) il prodotto pubblicizzato è un'automobile,
ovvero un oggetto che rappresenta l'antitesi per eccellenza
della bicicletta. Questo dato ci fa capire che l'industria
automobilistica non teme di mettere in scena un oggetto
potenzialmente concorrenziale, anzi ne sfrutta alcuni
aspetti a suo favore. Questo non è un caso ma il
segno di una precisa e intelligente strategia comunicativa
basata sulla combinazione degli opposti, e che può
fondare un modello della realtà accomodante, aconflittuale,
in un certo senso neutro, dove le differenze si sfumano
e si rendono compatibili. Da questa impostazione, per
certi versi geniale, si astrae comprensibilmente l'industria
italiana che non ha ancora superato il tabù dell'esibizione
ciclistica nei suoi spot. Negli spot delle automobili
di casa Agnelli ricorre sovente una certa pedofilia, nel
senso appunto che si predilige l'esposizione di bambini
o adolescenti ai quali si attribuiscono spesso atteggiamenti
e parole da adulto.
Considerando
il livello superficiale come quello del significato denotato
(cioè un significato stabile rispetto al segno)
ed il livello profondo come quello relativo al significato
connotato (ovvero un significato secondo e meno prevedibile)
ho individuato tre luoghi semantici che sembrano disporre
di una relazione connotativa con l'oggetto bicicletta.
La bici connota, quindi entra in relazione con: (a) la
sessualità femminile, (b) una situazione di mancanza
o danneggiamento, e (c) un contesto deformato o poco credibile.
Un comunicato pubblicitario può produrre anche
più di una significazione connotativa contemporaneamente,
ad esempio istituendo la relazione con l'universo della
sessualità femminile, ma in un contesto irreale.
Non si osserva una particolare preferenza per l'uno o
l'altro tipo di connotazione: il tipo (a) è presente
in 5 spot, il tipo (b) in 7, e il tipo (c) in 6. Darò
ora qualche esemplificazione per ogni tipo di relazione
connotativa.
La
relazione con la sessualità femminile passa necessariamente
e in modo un po' banale per la zona del sellino. Così,
per reclamizzare un prodotto per l'igiene intima, una
signorina si interroga sulla possibilità che sia
la bici a procurargli certe irritazioni. Altrove, vengono
scomodate ben tre cicliste per pubblicizzare dei pannoloni
per incontinenti. In altri spot, decisamente più
espliciti, improbabili top model (dotate anche di tacchi
a spillo) pedalano discinte seducendo i passanti. Insomma,
la bici ha solo una funzione di supporto espositivo per
l'esibizione di determinati tranci anatomici, lo ha capito
perfino Tinto Brass che per il manifesto del suo ultimo
soft porno, Monella, sceglie una prospettiva da
tergo della protagonista in bicicletta mentre mostra...
il sellino, appunto.
Le
situazioni di mancanza o di danneggiamento connotate dall'oggetto
bici sono le più disparate. A questo proposito
devo ricordare che in tutti i casi la narrazione è
incentrata su un valore (ad es. la bellezza, la sicurezza,
la libertà, ecc.). La bici viene citata come l'oggetto
che deficita del valore in questione, e che per questo
può procurare un danneggiamento. Il prodotto pubblicizzato
è invece l'oggetto di valore, proprio nel senso
che detiene il valore in questione, riparando in questo
modo la mancanza evidenziata. Farò qualche esempio.Il
programma narrativo di uno spot di un detersivo si basa
sul valore della pulizia e dell'igiene: la bici procura
un danno che l'oggetto di valore riparerà. Infatti
la seguente frase compare come incipit: "Uffa! E' rimasto
il grasso della bicicletta!". E' singolare che con tutti
i grassi a disposizione sia stato scelto proprio un grasso
di bicicletta per individuare il danno da riparare. In
uno spot per una lotteria nazionale, ovviamente basato
sul valore della ricchezza, la bicicletta si trasforma
per l'effetto di una possibile vincita in una motocicletta
nuova fiammante. In questo caso la bici connota la mancanza
del valore che potrà essere comunque colmata tentando
la fortuna con un biglietto della lotteria. In due spot
automobilistici, infine, la bici testualizza contemporaneamente
sia la mancanza che il danneggiamento. Nel primo il valore
in questione è la silenziosità. Su una strada
di campagna l'auto sfila silenziosa a fianco di un cavallo,
poco dopo nello stesso punto giunge un ciclista, la sua
bici cigola (mancanza) spaventando il cavallo (danneggiamento).
Nel secondo, un vero capolavoro comunicazionale di censura
dell'uso urbano della bicicletta, in cui il valore è
la sicurezza, uno spericolato ciclista urbano non dà
la precedenza (mancanza, ovvero "andare in bici in città
non è sicuro") ma viene graziato dagli efficienti
freni dell'automobile. Il danneggiamento in questo caso
assume connotati catastrofici in quanto la forza d'inerzia
della frenata provocata dall'infrazione del ciclista si
ripercuote sullo scenario retrostante mandando all'aria
ogni cosa, edifici compresi.
La
terza ed ultima relazione semantica consiste nel collocare
l'oggetto bicicletta in contesti astrusi ed atipici. Ad
esempio, in uno spot automobilistico, sulla parola libertà
appaiono due ciclisti. Sembrerebbe clamoroso. Il fatto
è che i ciclisti non vengono mostrati mentre sfilano
nel traffico cittadino, ma avvolti in un'aura da sogno,
con le immagini leggermente sfocate e rallentate. Quindi,
se la bici è uno strumento di libertà, lo
può essere solo in un mondo immaginario e irreale,
così irreale da apparire essenzialmente utopico.
Altrove predomina l'assurdità del contesto d'uso.
Ad esempio, per pubblicizzare uno yogurt un noto calciatore
appare in bicicletta all'interno di un appartamento. Oppure,
in uno spot automobilistico, allorché un poliziotto
ha quasi raggiunto un ladro in fuga, si ferma, apre il
baule della sua automobile, ne trae una bici e con quella
lo raggiunge e lo blocca. Ecco quindi che l'oggetto bicicletta
viene estromesso da una dimensione d'uso logico-razionale
e inserita in situazioni inedite dominate dall'irrazionalità.
Conclusione.
Da un punto di vista storico, leggendarie sfide ciclistiche
degli anni ’50 e ’60, fra corridori e case costruttrici,
e opere cinematografiche come Ladri di biciclette,
dimostrano come la bicicletta fosse allora non solo un
oggetto di uso quotidiano, ma anche un potente simbolo
dell’immaginario collettivo. Il boom economico prima e
i meccanismi del capitalismo finanziario dopo, hanno contribuito
a rimodellare la gerarchia dei valori sostituendo la bicicletta
con l’ingombrante, antiecologica, antieconomica, pericolosa
e, in definitiva, lenta automobile. L'insieme dei poteri
economici è dunque interessato a mantenere cristallizzata
l'attuale gerarchia di valori e utilizza i mezzi di comunicazione
di massa per affermare il suo modello di mondo possibile
(e preferibile). In questo senso, il comunicato pubblicitario
televisivo veicola indirettamente un modello mentale della
bicicletta e del suo uso che nega la funzione utilitaristica
di tale oggetto e che tende a reprimere e a censurare
le sue reali potenzialità di strumento per la mobilità
urbana.
L'industria
automobilistica appare, secondo logica, la più
impegnata su questo fronte. Le strategie comunicative
utilizzate sono tuttavia la conferma del fatto che un
modello antiquotidiano della bicicletta va costruito e
testualizzato soprattutto là dove un modello alternativo
non si è ancora diffuso. In altri termini l'Italia,
il paese più motorizzato del mondo, è per
i costruttori di automobili ancora una fertile terra di
conquista e rappresenta un'importante fetta di mercato
che va attentamente salvaguardata. In questo senso, mentre
i programmi narrativi degli spot analizzati contribuiscono
a costruire e a diffondere schemi mentali nei quali l'automobile
è un indispensabile oggetto di valore, proiettano
contemporaneamente, al livello profondo, determinati significati
connotativi su un oggetto che, a giudicare dalla realtà
extra italiana, può essere concorrenziale e, in
definitiva, alternativo.
In
Italia, almeno nella comunicazione pubblicitaria televisiva,
non c'è ancora lo spazio per inserire l'oggetto
bicicletta in una prospettiva che la connoti positivamente
come oggetto d'uso quotidiano. Piuttosto si sta affermando
un modello narrativo che potremmo definire "dell'iperbole
tecnologica" in quanto esibisce mondi possibili in cui
una tecnologia esasperata si presenta come unica soluzione
plausibile ai problemi. In questo senso, il solo personaggio
pubblicitario che si permette di ridicolizzare gli automobilisti,
bloccati nelle strade congestionate e ossessionati dal
problema del parcheggio, è un imprenditore in elicottero.
Lo spot, naturalmente, è per un ciclomotore ultramoderno.
Gli
autori delle agenzie pubblicitarie dimostrano inoltre
di ignorare le potenzialità connotative della bicicletta
dal momento che tale oggetto viene messo in relazione
con le sole tre aree semantiche evidenziate. In particolare
mi sembra che rimangano inesplorati ancora molti legami
semantici dell'oggetto bicicletta, come quelli relativi
all'ecocompatibilità, alla comodità, all'economia
(di tempo e denaro), al salutismo, ad un certo anticonformismo,
alla semplicità, alla sicurezza, all'europeismo,
solo per citarne alcuni. La bicicletta potrebbe essere
in questo senso motore di molti programmi narrativi pubblicitari,
ricoprendo la funzione di oggetto di valore in relazione
a determinati prodotti. Ma finora non si è visto
nulla del genere.