Le nostre considerazioni sul volontariato sembreranno forse viziate dalle particolari condizioni favorevoli in cui esso si trova ad operare dentro un carcere come Rebibbia, grazie soprattutto all'intelligenza di una Direzione che ha spalancato le porte alle tante forme di volontariato e incoraggiato il coinvolgimento dei detenuti nelle più svariate attività culturali e ricreative.
Cionondimeno, queste considerazioni scaturiscono dalla concezione generale che abbiamo del carcere, e che in genere noi riassumiamo evidenziando il fatto che secoli di utilizzo di questo strumento hanno dimostrato il fallimento della sua funzione di prevenzione e di repressione, visto che non hanno certo contribuito a ridurre o modificare in positivo la quantità e le caratteristiche dei reati commessi (soprattutto nelle grandi metropoli). |
Ecco quindi la nostra più importante richiesta nei confronti del volontariato laico e cattolico: non rinunciate a "pensare in grande", non rinunciate agli obiettivi finali di civiltà e di progresso in nome del contingente, altrimenti gli inevitabili condizionamenti del carcere vi porterebbero ad accettare un ruolo di puri e semplici impiegati dell'Istituzione invece di svolgere verso di essa una critica costruttiva. Senza un chiaro e solido indirizzo generale, anche il necessario sostegno economico dello Stato, degli Enti Locali, delle banche e persino dei privati, si potrebbe trasformare in una particolare "moneta di scambio", ossia nel tentativo di fare assumere alle associazioni questa o quella linea di intervento a seconda del momento e del luogo in cui esse si trovano ad operare. Il rischio, insomma, è che a volte le associazioni siano spinte a divenire "più realiste del Re". Ci rendiamo conto che nella maggioranza delle carceri per le associazioni è molto difficile mantenere la loro coerenza, anche perché non è facile trovare una Direzione come quella di Rebibbia. Noi siamo però convinti che le associazioni, nel loro complesso, sapranno "volare alto", e perseguire di volta in volta i loro obiettivi contando anzitutto su quei movimenti sociali che guardano al futuro, prima ancora che sulle promesse dei vari partiti politici, il cui operato troppe volte risponde a logiche opportunistiche. Dentro il carcere, lavorando con coerenza, il volontariato può allora contribuire ad elevare la coscienza dei detenuti verso un possibile futuro qualitativamente diverso. Mentre all' esterno, oltre quel muro maledetto che ci separa dalla vita sociale, esso deve invece contribuire ad "educare", con pazienza ed attraverso mille linguaggi e mille piccole esperienze, i milioni di uomini e di donne che aspirano ad una trasformazione in positivo di quei profondi squilibri sociali che sono in definitiva la base stessa dei più reiterati comportamenti illegali. Un passaggio concreto che a nostro avviso già nell'immediato costituirà un importante banco di prova per il volontariato è, ad esempio, quello della "decarcerizzazione" per i reati minori, da tutti e tante volte auspicata ma purtroppo rimasta sempre lettera morta. Già la stessa possibilità di modificare il tipo di pena prevista per alcuni reati, assumendo come riferimento i lavori socialmente utili, permetterebbe al volontariato (ed anche ai vari operatori penitenziari) di "spostare" progressivamente una parte del loro intervento verso l'esterno. In questa direzione, il volontariato dovrebbe essere sostenuto, senza alcuna riserva o contropartita, dallo Stato, dagli Enti Locali, dalle Università e dalle Associazioni Imprenditoriali, nella costruzione di quelle "sperimentazioni di carattere culturale e lavorativo" che a nostro avviso sono i "collettori" necessari per facilitare la risocializzazione di chi viola la Legge, aiutandolo a ri/costruire quotidianamente i propri stili di vita e i metodi di riflessione e di comunicazione con la società esterna. Su questo piano si trasformerebbe, un po'alla volta ma completamente, quella sorta di strano gioco di specchi che è la cosiddetta "osservazione scientifica della personalità", la quale oggi avviene esclusivamente dentro le mura del carcere. A quel punto, la verifica pratica della reale trasformazione di chi ha violato la Legge si potrà finalmente basare sulla quantità e qualità delle sue relazioni sociali, ossia sulla più importante tra le ricchezze degli uomini. Saranno già questi dei piccoli ma importanti passaggi lungo la strada, certamente difficile ma a nostro avviso già oggi percorribile, che porterà al superamento del carcere. Roma lì, 15 novembre 1996 Papillon |
Ulteriori notizie al piu' presto.