INTERDIZIONE


Questo intervento costituisce il tentativo di proporre agli e-sperti conoscenze in merito alle articolazioni della pena, e di fornire agli stessi uno spazio di riflessione, affrontando il problema che, da un punto di vista civile, all'ex detenuto si pre-senta.
La concordanza nel ritenere il carcere un sistema rieducativo della stessa società è unanime, e, d'altronde, il carcere stesso non può esulare da una realtà sociale, essendo parte integrante della comunità e quindi in continuità territoriale con esso.
In uno scenario dove l'ingresso alla struttura è finalizzato al recupero di un comportamento deviato (deviato anche dalle carenti risorse sociali e dalla emarginazione che sempre più incalza), quindi, modellata la figura, nella dimissione dall'istitu-to, ben più evidenti si presentano le difficoltà di un reale inse-rimento.
L'obiettivo accademico volto alla architettura del soggetto segna il passo alla reale difficoltà di realizzazione del disegno utopico, nell'assorbimento comunitario della metamorfogenesi de-tenuto-cittadino. Esistenti normative di oggetto penitenziario volgono all'integrazione del soggetto.
L'esistenza di norme del codice penale ne decreta paradossal-mente la morte civile, generando una ulteriore proverbiale diffi-coltà di adattamento sociale una volta dimesso.

Questa discrasia tra Ord. penit. e Codice penale è reale per quanto concerne l'interdizione temporanea e perpetua.
L'impossibilità temporanea o perpetua, anche se sempre tempo-rale di usufruire di condizioni che agevolano un comportamento in sintonia con valori generali di riferimento, innesca senz'altro azioni adattate alla sopravvivenza nella società.
La crescita dello sviluppo del terziario, della piccola impresa artigianale, del sempreverde banco di strada, potrebbe offrire un concreto sbocco professionale, mentre tuttora queste attività sono totalmente precluse a cittadini che trascinano seco, stra-scichi, retrogradi, di invalidità civile marcante. Una ipotesi a supporto dell'analisi è la visione di una condanna detentiva a dieci anni. La condanna non termina con la effettiva presofferta ma continua fuori, delegando solo alla solidarietà privata ed a centri ricettivi la impronta critica della sua vita, essendo di fatto congelata ogni ambizione autonoma.



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