Signor Ministro,
vogliamo proporre quanto appresso, con riferimen-to all'art.30 della già tanto nominata legge "Gozzini", riguardan-te i permessi ai detenuti in caso di gravi motivi di famiglia, quali potrebbero essere la malattia o l'incidente grave, o la morte di un nostro congiunto stretto.
Il predetto articolo 30 dispone la concessione dei permessi e in-dica l'Autorità competente a concederlo, ma non chiarisce le mo-dalità di concessione dello stesso. Il successivo art. 60 del regolamento di esecuzione indica le condizioni di concessione (durata, scorta ecc.), ma nessun articolo evidenzia che la tempe-stività nella concessione è il fulcro principale che santifica e realizza lo scopo del permesso stesso. In pratica avviene que-sto.
Quando si verifica una disgrazia, il detenuto è informato o a mezzo telegramma, oppure a mezzo colloquio con un familiare o un avvocato. Se a mezzo telegramma, bisogna recarsi dal capoposto il quale dispone che si faccia una istanza che, corredata dai dati matricolari, viene portata alla firma del Direttore di Repar-to poi alla matricola e da questa, per via telematica, i-noltrata all'autorità Competente. Il tutto comporta mezza gior-nata di ritardo, minimo. Il Giudice di Sorveglianza, dovrebbe ac-certarsi, sempre per via telematica, dalle Autorità di P.S. o dai Carabinieri della veridicità di quanto esposto nell'istanza, i quali Carabinieri, debbono recarsi all'indirizzo indicato o all'Ospedale a verificare. A questo punto la tempestività è passata, perché se c'e' stato un morto, lo stesso è stato se-polto, e in un incidente se si sopravvive dopo le 48 ore il peri-colo è scampato. Vuole qualche esempio? Il più recente si è verificato qui a Roma, ed è pubblico per il grande risalto che ha dato la stampa e le TV, della madre che ha assistito ai fune-rali dei figli dal finestrino del cellulare, e che non ha potuto visitare il terzo figlio superstite.
Oppure del detenuto, padre di un giovane di 19 anni, accidental-mente ferito in un incidente, del quale si dovevano donare gli organi e necessitava la firma del padre, il quale è stato tra-dotto quando gli organi si erano già deteriorati quasi tutti, e che non ha potuto vedere il figlio se non a cose fatte, restando in cella a disperarsi nel suo muto dolore. Dimenticavamo di dire che l'evento si era verificato in un giorno festivo. Altre disfunzioni si manifestano nell'eventualità di una circostanza eccezionale.
Ad un nostro compagno, mentre si trovava in Tribunale, per un udienza preliminare, la moglie portava la triste notizia del decesso della madre, aveva con sè il certificato di morte stilato dal medico della clinica dove era ricoverata, cosi che il suo legale ha potuto fare richiesta di partecipazione al rito funebre. Autorizzazione concessa dal G.I.P. con copia pervenuta all'ufficio matricola del carcere. Al suo rientro in istituto riceveva comunicazione dell'avvenuta concessione del permesso, ma anche che lo stesso era stato inviato tramite fax al Tribunale di Sorveglianza in quanto, il detenuto, stava scontando anche una condanna definitiva. In altre parole: il G.I.P. ha concesso immediatamente il beneficio, mentre il Tribunale di sorveglianza rispondeva ad esequie già avvenute (tre giorni dopo).
A non giustificare il ritardo è anche l'addotta motivazione portata con tre giorni di ritardo che non rientrava nella competenza della Sorveglianza la concessione del beneficio. Nei fatti è stato negato ad un figlio di baciare per l'ultima volta la madre.
Cosa fare praticamente? Invertire la burocrazia. Al verificarsi di un even-to grave, non sia solo il detenuto, come prescrive l'art. 30, a dover fare l'istanza di permesso, bensì anche un familiare tramite la stazione dei Carabinieri o il Commissariato di PS più vicino, il quale già comunica sia l'istanza che la veridicità della stes-sa, al carcere in cui si trova il detenuto, che deve solo esprimere il proprio assenso.
La Direzione del carcere dispone il permesso concordando con il Giudice di Sorveglianza le condizioni e le modalità, in considerazione della posizione giuridica e comportamentale del detenuto ai sensi dell'art. 60 del regolamen-to di esecuzione dell'Ordinamento penitenziario. Si rispetterebbe così l'essenza del permesso, con buona pace di tutti. La legge e' efficace quando consegue lo scopo per il quale è stata intro-dotta.