Bollettino del "Movimento di Coscienza Contro"


del 03.11.1997

Il malessere che investe il sistema penitenziario è il segnale sintomatico delle contraddizioni che pervadono l'intero sistema politico-giudiziario, avviato al suo collasso.
L'amara constatazione e' suffragata dalla statistica giudiziaria, che ci mostra una presenza così elevata di detenuti condannati per reati di lieve entità, che è suscettibile di creare situazioni paradossali, che si riflettono da una parte sul rapporto detenuti-struttura, determinando una notevole pressione carceraria, e dall'altra sul "presunto trattamento di recupero" dei condan-nati, che non può risentire in modo sicuramente negativo. Queste considerazioni definibili come cause prossime di un malessere diffuso, avente motivazioni remote, e implicazioni propriamente politico-sociali, allargano il dibattito interno tra i detenuti sui pro-blemi conflittuali che investono l'intera società' da tempo dibat-tuta da palesi contraddizioni.
Il dibattito interno non si svolge però, con la serenità' sperata, in quanto le divisioni di funzioni a cui i detenuti sono sottopo-sti (osservare: i lavoranti e non lavoranti - la maggior parte -, benefici ed encomi,colloqui e telefonate premio ed "altro").
infatti il sistema interno costituisce di fatto una differenzia-zione di trattamento per cui non tutti i ristretti si sensibilizzano per compattarsi in un fronte comune tale da incentivare e imper-meabilizzare il dissenso. La difesa dei piccoli privilegi di alcuni, costituisce "il tallone di achille" del movimento. La costituzione di file di detenuti più' o meno gestibili o ricattabili, forma di fatto il controllo reale dell'istituzione chiusa a controllo to-tale. Conseguente risulta constatare il fallimento del cosiddetto "trattamento di recupero" dovuto in gran parte alla "scontata" mentalita' delle varie "equipe di osservazione", basata sulla concettualizzazione di categorie di detenuti graduate in più' o meno "buoni", e i "cattivi", che significa di fatto detenuti gestibili o non gestibili. Sappiamo tutti che non e' affatto vero, che i gestibili siano i "recuperati",e i non gestibili i "non recuperabili" , per cui la nostra considerazione risulta ancor piu' valida, in quanto con-fermata dalla stessa statistica giudiziaria. lì carcere così com'è non recupera nessuno!!
La scelta di dimostrare il nostro dissenso politico con il rifiuto del vitto fornito dall'amministrazione, rappresenta il primo passo per far emergere le reali contraddizioni a cui siamo sottoposti come "movimento di coscienza contro" il modo di intendere e fare giustizia. Lo "sciopero" ha evidenziato le situazioni di privi-legio di alcuni e la mortificazione dei molti, costretti ad elemosi-nare il minimo di sopravvivenza, in quanto impossibilitati ad au-togestire le prime necessità con risorse proprie.
Diciamo, senza peli sulla lingua, che il cosiddetto risibile "sciopero del carrello" ha penalizzato la maggior parte dei dete-nuti rappresentata dai meno abbienti. La scelta dei più' sensibilizzati del movimento, di iniziare un di-giuno "vero", astenendosi soprattutto da ogni spesa, può' con-cretizzare e coalizzare il dissenso.
Abbiamo stabilito l'inizio del digiuno nella data del 7 novembre, il giorno indicato per un incontro-dibattito sulla "salute in car-cere" che si terra' nel teatro interno di Rebibbia Nuovo Com-plesso.
La possibilita' che l'iniziativa possa trovarci compatti per il di-giuno politico, e' molto aleatorio, per le motivazioni sopra accen-nate, per cui rivolgiamo il nostro appello a tutti i militanti esterni, di fornire precise indicazioni al movimento di altri penitenziari nazionali sull'inizio del digiuno come atto politico di dissenso al sistema politico-giudiziario e penitenziario.
Le nostre parole d'ordine sono: impedire una politica risolutiva dei problemi penitenziari che verta sulla costruzione di nuove carceri!! Sottolineiamo il digiuno, in quanto "atto politico di dis-senso" determini una fase efficace della lotta: collassamento del sistema sanitario interno, e un esaurimento del sistema di vigi-lanza interno ed esterno, blocco delle vendite delle imprese pri-vate interne, automatico blocco per i vari lavoranti-detenuti. Se il tutto è accompagnato da volantinaggi ad intermittenza effettuati dai militanti intorno alle mura di cinta dei maggiori peniten-ziari, con continui comunicati alle agenzie, può comportare una situazione di fibrillazione per le forze della repressione. Un coordinamento dei familiari dei detenuti con sit-in e presidi da-vanti al parlamento, possono rafforzare l'eco dei dissenso. I cittadini di fatto in "libertà provvisoria", e i detenuti devono ritrovarsi sulle stesse motivazioni del dissenso per approntare una piattaforma di lotta comune che prendendo spunto dalle di-verse realtà, acquisisca la coscienza di una problematica politica-giudiziaria di interesse comune. Portare il dibattito nelle universita' e nelle varie scuole superiori, per rendere consape-vole il movimento studentesco che le loro carenze di strutture scolastiche e di ricerca, di programmi di studio ferraginosi, le inconcludenti finalità' dei corsi, rendono il tutto, di fatto, fabbri-che di nuova disoccupazione, di nuova emarginazione con conseguente aumento di devianza giovanile, e conseguente in-cremento di sistemi repressivi e coattivi.
Prendere coscienza della stretta contiguità' tra conflittualità' sociale e carcere, significa capire l'ineluttabile meccanismo perverso del sistema politico-giudiziario, e quindi partecipare con il movimento dei detenuti per sensibilizzare le forze politi-che ad una coraggiosa constatazione: il fallimento del sistema penitenziario e giudiziario. Prendere atto che la perversione di tale sistema produce migliaia di vittime, che potrebbero essere identificate attraverso i tanti ignoti "Sofri, Pietrostefani, Bompressi" e via dicendo, che non hanno nessuna possibilità' politica ed economica, per vedersi conce-dere una revisione del processo, né tantomeno una grazia; e che di fatto devono soffocare la loro rabbia nella sola rasse-gnazione. Ma noi non vogliamo rassegnarci, forse perché' non abbiamo niente da perdere almeno una parte di noi, che non ama illudersi pensando erroneamente che il prossimo "colpo" possa "sistemarci".
Siamo consapevoli che il circuito e' questo, ed e' chiuso. Il grande banchetto non ci appartiene, da esso ne siamo esclusi di fatto. Dopo questa parentesi emotiva, torniamo all'analisi delle ri-chieste scaturite dalla consapevolezza che la lotta politica, for-nisce gli strumenti per spezzare le catene, e riconquistare la di-gnita' di uomini liberi e pensanti.

Ribadendo le richieste immediate in sei punti:

1) Un condono generalizzato di almeno tre anni;
2) L'applicazione immediata e migliorata della Legge Simeoni;
3) La depenalizzazzione dei reati minori;
4) La liberazione immediata dei detenuti afflitti da malattie incompatibili con la detenzione in carcere;
5) L'abolizione dell'articolo 4 bis che esclude migliaia di dete-nuti dalle misure alternative;
6) L'espulsione a meta' pena per i detenuti stranieri; Le richieste rappresentano un primo passo politico per dimen-sionare la popolazione detenuta a ragionevoli condizioni di con-vivenza dignitosa.

La richiesta di un indulto o condono generalizzato era già' stata ipotizzata da esponenti di diverse forze politiche qualche anno addietro, ma lo scarso coraggio politico dell'attuale pano-rama parlamentare ne ha rinviato di là nel tempo la discussione, ma come spesso accade, i nodi vengono sempre al pettine, e il movimento delle carceri e' entrato oggi in fibrillazione solleci-tando anche il Presidente Scalfaro, che valutata la situazione, ha invitato la classe politica ad affrontare il tema in parlamento. Il possibilismo delle maggiori forze politico-parlamentari ad af-frontare la discussione sull'indulto e' servito a dimostrare all'opi-nione pubblica che il problema esiste, ed e' esplosivo. Costituisce un compito prioritario, informare l'opinione pubblica che le nostre richieste scaturiscono da situazioni reali abnormi, che viviamo sulla nostra pelle, ogni giorno, una esperienza che potrebbe ca-pitare di vivere ad ogni comune cittadino in qualsiasi mo-mento. Vivere ammassati in una piccola cella con sei-otto persone può' fornire solo uno spunto per immaginare il resto dei problemi di convivenza e di abbrutimento a cui siamo sottoposti, per non voler evidenziare le carenze igienico-sanitarie e la vita da lager in cui i malati di AIDS e altro sono costretti. Le scarse possibilità' dell'amministrazione penitenziaria a fornire i prodotti igienico-sanitari, tra l'altro già' denunciati da alcuni direttori di peniten-ziari, rendono impossibile il perdurare della situazione. Il carcere non può' più' essere il contenitore di rifiuti umani che assorba al-l'infinito gli errori e gli orrori che il sistema politico-sociale ed economico non riesce a risolvere.
Il sistema capitalistico ad economia globale e' efficace a pro-durre rifiuti, che non sa smaltire, e pretende di produrne simili di tipo umano che un giorno inaspettatamente potrebbero sommer-gerlo. ll movimento politico dei detenuti continuerà' la sua opera di sensibilizzazione, intrapresa con nuove proposte volte ad in-dicare alle forze politiche interessate, le strategie di lotta per le riforme che permettano alle energie detenute il loro impiego in-terno ed esterno al carcere: sensibilizziamo i militanti interni ed esterni ad aprire il dibattito con le forze politiche interessate, per l'ampliamento di possibilità' lavorative interne, tali da coinvolgere tutti i detenuti e qualora, ciò' non fosse possibile, per ragioni og-gettive, costituire turni a rotazione mensile di lavoro, in modo che, comunque si coinvolga tutti i detenuti, evitando sacche di privilegiati o di risibili mafiette interne. L'organizzazzione del lavoro interna dovrebbe costituire il primo valido strumento di insegnamento civile per una dignitosa convivenza tra i dete-nuti. L'impiego esterno al carcere della forza lavoro detenuta, impiegata nei lavori socialmente utili (per esempio: in zone terre-motate o disastrate da sconvolgimenti climatici e cosi' via), rap-presenta la trasformazione del significato di pena intesa come possibilità' attiva di risarcimento del danno alla comunità' nazio-nale. Non più' clausura coatta né mortificazione o abbrutimento ma recupero civile attraverso l'impiego individualizzato in lavori di pubblica utilita'. Queste progettualità' possono concretizzarsi solo attraverso una seria legislazione che regoli il Tribunale di sorveglianza ad operare con meno oneri e discrezionalità' ac-compagnando il tutto all'adeguamento delle strutture penitenzia-rie per una diversa funzione volta ad aprirsi verso particolari esi-genze della società'.
Non si può' ignorare l'alto costo che il sistema giudiziario e peni-tenziario costituisce per il bilancio pubblico, per cui le nostre proposte tendono al progetto di un sistema agile e produttivo, che possa fornire la possibilità' reale di reinserire un'alta per-centuale di ex detenuti. La volontà' politica di un paese di limitare il numero delle persone detenute, rappresenta la tangibile dimo-strazione del grado di civiltà' raggiunto da un sistema sociale. Ma la confusa realtà' politica che viviamo, ci rende poco ottimi-sti sulla possibilità' di veder realizzata per il prossimo futuro, la minima e ragionevole richiesta dell'indulto generalizzato, che sarebbe il segnale concreto della volontà' delle forze politiche di dare l'avvio alle riforme indicate.
Molto può' dipendere dal grado di incisività' della nostra mani-festazione che al momento e' penalizzata da scarsa coscienza politica e da particolari aspetti di crumiraggio. L’intensità' e le modalità' di adesione politica esterna al carcere, possono es-sere un valido strumento di deterrenza per isolare e neutraliz-zare atti di provocazione ad opera dei crumiri, perpretrati nei confronti dei militanti interni. Gli strumenti e i metodi di difesa e di vigilanza sui militanti interni ed esterni saranno valutati a se-conda delle situazioni che si verificheranno, dai Comitati esterni.
Chiudiamo il bollettino scrivendo che avremmo voluto affron-tare con nostre considerazioni il ruolo e la funzione del volontariato in carcere, senza peli sulla lingua ma ci proponiamo di aprire un dibattito interno e quindi di stilare una sintesi sul prossimo bollettino.
Ringraziando gli eventuali lettori per l'attenzione riposta ci scusiamo per le confusioni e gli errori commessi, invitando gli stessi a fornire pareri e correzioni al testo suscettibile di varia-zioni e suggerimenti.

Gli anonimi dannati dl Rebibbia Nuovo Com-plesso

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