Quando piove su Ebubu, i bambini si ammalano. E in autunno, nella regione
del delta del Niger, piove continuamente. In questa stagione, Olua Kamalu
e' ancora piu' indaffarato del solito. "Soffrono di ogni sorta di allergie
cutanee", spiega il medico che da tredici anni lavora in questo misero
villaggio. Non si fa illusioni :"io posso consolarli, ma non posso
guarirli". Mentre una bufera d'acqua si abbatte su Ebubu, Kamalu si da' da
fare nel suo ambulatorio. L'armadio dei medicinali e' praticamente vuoto,
perfino un tubetto di pomata per la pelle e' una rarita'. Cosi' i bambini
si grattano a sangue le chiazze di eczema che prudono.
"Poi le piaghe s'infettano e il bambino e' morto",
Spiega il dottor Kamalu. A Ebubu, come quasi dappertutto nel sud-est della
Nigeria, la sofferenza e la morte fanno parte della quotidianita'. Qui, la
densita' della popolazione e' altissima. La terra e' fertile e la
vegetazionne abbondante. Una volta i fiumi erano pescosi e la piu' grande
palude di mangrovie di tutta l'Africa e' stata per molto tempo
un'inesauribile riserva di cacciagione. Quel paradiso e' praticamente
scomparso. Le multinazionali del petrolio, come la Royal Dutch Shell,
sfruttano da parecchi anni le riserve petrolifere del delta del Niger.
Fiamme gigantesche appestano l'aria e mandano una luce intensa sulla
foresta, anche di notte. Di tanto in tanto delle esplosioni, dovute alla
vetusta' degli impianti, distruggono campi e foreste. Le perdite che si
producono negli oleodotti arrugginiti contaminano i terreni. Le raffinerie
emettono direttamente nell'atmosfera sostanze tossiche non filtrate e i
residui chimici vengono scaricati nel fiume e nelle sue ramificazioni.
"La gente della Shell e' arrivata con i bulldozer e ha preso possesso
del nostro paese ", dichiara Nelsono Igbunefu, capo del villaggio di
Umuechem. All'epoca, nel 1959, era ancora molto giovane. Nessuno si rendeva
conto di che cosa fossero venuti a fare i bianchi. Non ci fu nessuna
mobilitazione. E' proprio nei campi di questo come di altri piccoli
villaggi che gli ingegneri della Shell hanno cominciato a darsi da fare.
Hanno piazzato della cariche di esplosivo, gli hanno dato fuoco, hanno
misurato la onde di sovrappressione e con questo sistema hanno localizzato
i giacimenti di petrolio piu' grandi. La popolazione locale stava a
guardare, spaventata e interdetta.
Servendosi di enormi macchine, quei pionieri del petrolio spianarono il
terreno per tracciare delle strade nella savana e nella foresta,
installarono dei pozzi e costruirono degli oleodotti. Oggi, a Umuechem,
migliaia di barili di petrolio greggio, di ottima qualita' e a basso tenore
di zolfo, escono da piu' di cinquanta pozzi. In tutto il delta esistono
diverse migliaia di zone di sfruttamento come questa. Ogni giorno, la Shell
Petroleum Development Company of Nigeria (SPDC) estrae circa 290mila barili
di greggio che percorrono piu' di 6200 chilometri di tubazioni per arrivare
fino alla costa. Tutto questo rappresenta una fetta importante della
produzione nigeriana e, per la Shell, nel 1994, il 17 per cento del
petrolio che estrae in tutto il mondo. Lo Stato nigeriano e' il principale
partner della shell nella SPDC. Oltre a loro, anche l'AGIP e l'ELF
AQUITAINE detengono una piccola quota del capitale.
Per i progetti di sviluppo, la SPDC del delta del Niger ha speso, secondo quanto essa stessa ha affermato, qualcosa come 23 miliardi di lire nel periodo 1987-1992. Nell'altra colonna del bilancio della Shell sono stati iscritti, nel corso degli ultimi trent'anni, da 45MILA milardi a piu' di 56MILA milardi di lire di entrate derivanti dall'attivita' petrolifera.
Un piccolo strato corrotto della societa' nigeriana ha tratto vantaggi dalla rendita petrolifera. Ma sono i poveri che subiscono le conseguenza ecologiche di questo sfruttamento selvaggio. "La Shell ci ha preso la notte", dice Igbunefu, il capo villaggio - che si avvicina alla sessantina -, strofinandosi gli occhi arrossati dall'infiammazione. "in cambio, abbiamo avuto la puzza e l'acqua inquinata". Nella foresta, non lontano dalle capanne del villaggio di Umuechem, gli impianti di combustione emettono una specie di forte sibilo. Queste centinaia di flares, come li chiamano qui, sputano senza interruzione sostanze tossiche e fuliggine. Ogni giorno, la sola Shell libera piu' di 28 MILIONI DI METRI CUBI di gas nel delta del Niger. Quando piove, dal cielo cade un'acqua sporca che contiene, a seconda della direzione del vento e del volume della produzione, ogni specie di sostanze chimiche. Gli abitanti del luogo vanno ad attingere l'acqua potabile da pozzi poco profondi, dove talvolta devono prima allontanare con le mani lo strato di idrocarburi che copre la superficie per potervi immergere i loro secchi. Molti abitanti soffrono di allergie, di malattie dei bronhci e dello stomaco.
La Shell aveva promesso alla gente attrezzature sanitarie, strade, elettricita' e scuole. "Abbiamo aspettato, abbiamo supplicato, abbiamo organizzato petiizoni", racconta Igbunefu, di solito cosi' tollerante, "finche' non ci siamo stufati".
In un primo tempo, la Shell ha calmato gli animi facendo qua e la' dei piccoli doni. La multinazionale si e' dimostrata dispostissima a offrire il suo aiuto nei casi in cui la miseria degli abitanti saltava agli occhi. Come a Ejamah, quasi vent'anni fa. A quell'epoca, si verifico' l'esplosione di un grande oleodotto. Dalla falla comincio' a uscire un getto di petrolio in fiamme alto parecchi metri. Dodici persone morirono bruciate o soffocate. Le shell sospetto' un sabotaggio. Ma la multinazionale si impegno' a riparare i danni a sue spese per aiutare la gente. Il capo villaggio Osaro, che gli indigeni chiamano semplicemente capo, ci mostra che aspetto abbia avuto questo aiuto, e ci sonduce a pochi passi dalle capanne del villaggio, non lontano dal luogo dell'incidente di allora. C'e' caldo, e nonostante il vento leggero, c'e' puzza come in una fabbrica di prodotti, chimici, in mezzo alla foresta, nascoste dietro cespugli e alberi alti alcuni metri, ci sono dozzine di pozzanghere. "Quelli della Shell sono gente furba", dice Osaro e rimesta con il suo bastone nella massa appiccicosa. "Hanno scavato buche e poi hanno semplicemente rovesciato dentro tutta la sporcizia". Cinque anni fa, la gente di Umuechem era arrivata al limite : diverse centinaia di uomini e di donne bloccarono l'accesso a un campo petrolifero chiedendo ai dirigenti della Shell di prendere provvedimenti concreti. Ma questi ultimi non erano disposti al dialogo. Intervenne un commando della polizia nigeriana : tre giovani furono uccisi, poi la folla inferocita lincio' uno dei poliziotti. L'indomani all'alba, la Special Task Force dello stato di River piombo' a Umuechem con automezzi blindati. Il villaggio fu saccheggiato, decine di capanne furono incendiate o fatte saltare in aria con l'esplosivo.
I soldati presero l'uomo piu' vecchio del villaggio e i suoi figli, li trascinarono fuori dalla capanna, li cosparsero di benzina e gli dettero fuoco.
Secondo alcuni testimoni, i militari, armati di mitragliatrici pesanti, sparavano su tutto quello che si muoveva. "Non piu' di qualche settimana fa, abbiamo trovato, per caso, degli scheletri", riferisce Igbunefu - ma non riesce a dire di piu'. I cadaveri, fra cui quello di suo figlio, trasportati dalla corrente del fiume, erano rimasti impigliati al pilone di un ponte, a due chilometri di distanza dal villaggio. Per le unita' speciali, il massacro di Umuechem fu l'inizio di una serie di azioni destinate a terrorizzare la popolazione. Chiunque dia fastidio alle multinazionali del petrolio - e' bene che gli abitanti del delta del Niger lo sappiano - sara' brutalmente ricondotto alla ragione o paghera' con la vita. Dopo la denuncia di quest'uso sistematico del terrore, fatta anche all'estero, e la messa sotto accusa della Shell, la multinazionale ha reagito. "Noi condanniamo la violenza", ha dichiarato il presidente del gruppo e, come al solito, ha aggiunto: "non e' affar nostro".
Ormai, i dirigenti della Shell cominciano a essere imbarazzati per questo stato di cose. La situazione dei diritti umani e la mancanza di protezione dell'ambiente diventano argomento di discussione nello stesso gruppo. Secondo un rapporto interno, fra il 1985 e il 1993 si sono verificati circa 90 incidenti solo nella ragione in cui vivono gli ogoni. In tutto il delta, la media degli incidenti sarebbe di 221 all'anno, con 7350 barili di petrolio svaniti nel nulla. "Ma probabilmente non siamo a conoscenza di tutti i guasti che si producono", ammette un ingegnere della compagnia.
La Shell Germania teme un secondo scandalo internazionale legato all'ecologia, che potrebbe di nuovo provocare una diminuzione del suo giro d'affari e dei suoi utili. Negli anni a venire, si dice oggi, circa 14 miliardi di dollari sono destinati a essere investiti in nuovi impianti in Nigeria. La Societa' Deutsche Shell Ag, con sede ad Amburgo, che distribuisce fra l'altro il petrolio della Nigeria, ha gia' dichiarato, come misura precauzionale, di non essere responsabile. Kaus-Peter Johanssen, portavoce del gruppo, ha affermato:"Le societa' Shell nazionali agiscono in piena autonomia".