LAGOS (Reuters) - Royal Dutch Shell sta valutando di ritirare tutto il suo personale dalla zona occidentale della regione del Delta della Nigeria a causa degli attacchi di gruppi militanti etnici. Lo ha reso noto oggi una fonte del settore
Guerriglieri dell'etnia Ijaw hanno ucciso ieri sei persone in un raid contro una piattaforma di Shell, nel quarto attacco in cinque giorni, costringendo l'azienda a evacuare 330 lavoratori dalle stazioni di pompaggio nelle paludi del Delta del Niger.
Il Movimento per l'Emancipazione del Delta del Niger, che si ritiene sia responsabile del sequestro di quattro lavoratori petroliferi stranieri, ha scritto in una email a Reuters di disporre di 5.000 combattenti e che vuole danneggiare le esportazioni del paese, l'ottavo esportatore mondiale.
La possibilità di un'evacuazione del personale Shell aumenterebbe la pressione sul governo del presidente Olusegun Obasanjo per un giro di vite contro i ribelli, che chiedono maggior controllo sui guadagni petroliferi nella regione e il rilascio di due leader Ijaw.
Shell è il più grande produttore di petrolio in Nigeria, paese che nelle speranze degli Usa dovrebbe ridurre la dipendenza dalle forniture petrolifere dell'instabile Golfo. Una riduzione massiccia del personale dell'azienda sembra destinato a provocare maggiori tagli della produzione nel paese, già colpita da altri attacchi.
"Penso che (Shell) debba evacuare l'intero personale dalle paludi attorno a Warri", ha detto oggi la fonte a Reuters, aggiungendo che una decisione definitiva verrà presa in giornata.
Shell non è stata disponibile per il momento a commentare la notizia. Dalla regione del warri l'azienda pompa giornalmente circa 380.000 barili, tre quarti dei quali dagli impianti nelle paludi.
Si è concluso con un numero ancora imprecisato di morti e feriti 14 vittime secondo alcune fonti uno scontro armato tra un gruppo di assalitori e i militari nigeriani a guardia della piattaforma petrolifera di proprietà della compagnia anglo-olandese Shell a Benisede, nello stato di Bayelsa, nel Delta del Niger; lattacco sarebbe stato compiuto dal sedicente Movimento per lemancipazione del Delta del Niger' (Mend), che ha già rivendicato altri due attentati simili verificatisi nellultima settimana nella stessa zona. Secondo una prima ricostruzione, uomini pesantemente armati si sono avvicinati alla piattaforma a bordo di motoscafi veloci, attaccando limbarcazione su cui si trovava il grosso dei militari nigeriani a guardia dellistallazione; mentre una parte degli assaltatori impegnava i soldati, altri disseminavano candelotti di dinamite sulle attrezzature di pompaggio, facendo poi esplodere le cariche e bruciare gli impianti. Secondo il gruppo anglo-olandese, le installazioni avrebbero subìto seri danni. Incerto, per ora, il numero delle vittime: negli scontri sarebbero rimasti uccisi almeno 14 militari, e altri feriti; vi sarebbero state perdite anche tra gli aggressori, mentre cinque dipendenti della Shell avrebbero riportato ferite e sarebbero stati trasportati in ospedale. La compagnia ha deciso di richiamare il personale della piattaforma di Benisede e di quelle vicine di Opukushi, Ogbotobo e Tunu a causa del deterioramento delle condizioni di sicurezza della zona. Se dovesse essere attribuita al Mend anche la paternità di questo terzo attacco, le autorità nigeriane si troverebbero ad avere a che fare con un movimento che antepone a quelle economiche le rivendicazioni politiche: il gruppo chiede infatti, per mettere fine alle aggressioni alle installazioni petrolifere, il rilascio dellex-governatore dello Stato di Bayelsa, Diepreye Alamieyeseigha, e del capo del Niger Delta People's Volunteer Force (Ndpvf), Alhaji Mujahideen Dokubo-Asari. Questultimo ha avviato una lotta per una migliore distribuzione dei proventi petroliferi a favore della comunità Ijaw ed è stato arrestato nel settembre 2005 dalle autorità nigeriane. Nei giorni scorsi, in seguito a una delle incursioni contro piattaforme petrolifere, sono stati rapiti quattro dipendenti della Shell - un inglese, uno statunitense, un bulgaro e un honduregno ancora nelle mani dei sequestratori, che chiedono alla Nigeria di non continuare a sfruttare il petrolio che considerano di proprietà del popolo Ijaw.