il manifesto" del 29 Aprile 1998

MULTINAZIONALI GLOBALIZZAZIONE

Se i consumatori difendono gli schiavi

- GIULIA D'AGNOLO VALLAN - NEW YORK

L unedì 20 aprile, presso l'Alta Corte di San Francisco, è stata presentata una causa contro la Nike a nome dei consumatori della California. Si ipotizza che il gigante dell'abbigliamento sportivo stia mentendo rispetto ai salari e alle condizioni di lavoro nelle fabbriche che in Indonesia e Vietnam fanno scarpe per suo conto. Secondo le leggi californiane, mentire al consumatore per proteggere i propri profitti è reato. Ma questa è solo l'ultima iniziativa di una campagna anti-Nike che va avanti da anni. Punizioni corporali, condizioni di lavoro infami, salari al di sotto della vivibilità (in Indonesia 2,26 dollari a giorno, per scarpe che costeranno 140 dollari al paio) o contatto diretto con sostanze nocive... I rapporti sulle pratiche di lavoro dei "subcontractors" Nike nel sud-est asiatico sono durissimi. Per placare le critiche, l'anno scorso la corporation ha commissionato un "audit" alla Ernst & Young. Persino questa ispezione "amichevole" ha riscontrato violazioni dei parametri per la salute e la sicurezza. Ne abbiamo parlato con Medea Benjamin, ideatrice della campagna per l'organizzazione Global Exchange.

Sei tra i maggiori promotori della campagna contro la Nike. Puoi dirci come è nata?

Era da un paio di anni che ci arrivavano rapporti di maltrattamenti dei lavoratori nelle fabbriche della Nike. Si trattava principalmente dell'Indonesia, ma più tardi anche della Cina e del Vietnam. I rapporti diventavano sempre peggiori e quindi abbiamo deciso di coalizzarci con altri gruppi negli States, in Europa e in Australia e lanciare un'iniziativa più vasta. La maggior parte della gente che lavora sulla campagna Nike lo fa nel tempo libero. Sono privati che durante il giorno hanno un lavoro qualsiasi e, una volta a casa, si mettono a fare networking via computer e telefono, scrivono lettere alla Nike... Oppure ci aiutano economicamente. E' un esempio sorprendente di come i singoli consumatori possono fare sentire l'impatto dei loro valori e delle loro esigenze.

Una campagna come questa è tipica delle attività di Global Exchange?

L'industria dell'abbigliamento è sempre stata uno dei nostri maggiori punti d'interesse. Per esempio lavoriamo da anni sulle condizioni delle operaie del settore in Messico. Con la Nike è stata la prima volta che abbiamo preso di mira una corporation ben precisa ed anche la prima volta che ci siamo rivolti direttamente ai consumatori. Dal mio punto di vista è sorprendente quanto internazionale sia diventata questa campagna. In passato ci sono state iniziative analoghe contro gli sweatshops haitiani della Disney, quelli di Gap, o della linea di abbigliamento della telepresentatrice Katie Lee Gifford. Questa però è senza dubbio la più grossa.

Perché la Nike rispetto ad altre corporations del settore? Sono veramente i peggiori?

La Nike contolla il 40% del mercato della scarpa sportiva, subito dopo viene la Reebok con l'8%. Solo per questo è una compagnia che salta all'occhio. E' anche la più aggressiva e la più ipocrita nelle sue tecniche di marketing e di promozione. Per esempio, avevano una campagna sulla promozione del ruolo delle donne... e guarda invece come trattano quelle che fanno le loro scarpe. La Nike mente più delle altre compagnie quando sostiene di pagare i suoi operai il doppio del minimo garantito. Non è assolutamente vero, infatti è solo dell'aprile del 1997 che in Indonesia hanno inizato a pagare il minimo previsto dalla legge. Per luoghi e condizioni in cui le scarpe sono prodotte, credo che la Nike non sia troppo diversa da Reebok, Adidas o Fila. Ma è la peggiore perché in un certo senso è lei a stabilire uno standard che abbassa quello del resto dell'industria.

E siete arrivati alla causa...

In questi due anni di attività abbiamo cercato di fare pressioni sulla Nike in ogni modo. Con manifestazioni, veglie settimanali di fronte a Niketown, i loro supernegozi, e incontri a tutti livelli dell'azienda. Abbiamo portato dall'Asia lavoratori licenziati dalle loro fabbriche perché si incontrassero con la direzione e i consumatori. Abbiamo collaborato con sindacati, organizzazioni per i diritti della donna e dei consumatori... Persino il Congresso Usa ha firmato una lettera che condanna le pratiche della Nike. Eppure continuavano e continuano a non prenderci sul serio. Ad un certo punto, siamo stati contattati da uno studio legale di San Francisco che aveva seguito il caso e che ci ha fatto notare come in California esista una legge che protegge il consumatore, che lo tutela dalla menzogna in fatto di "unfair business practice", di ingiustizia fatta sul campo del lavoro. Quindi abbiamo deciso di andare in tribunale a nome dei consumatori della California.

Per la campagna vi siete affidati ad un'organizzazione di public relations, un ufficio stampa. Perché? Quanto ha contato il lavoro di Communication Works?

La Nike spende quasi un miliardo di dollari all'anno in pubblicità e promozione. Un piccolo e poco attrezzato gruppo di organizzazioni "non profit" come noi non avrebbe mai potuto farsi sentire efficacemente senza l'aiuto dei media. Per questo il lavoro svolto dalla Communication Works è stato importantissimo. Se non fosse per loro, per il loro accesso a televisioni e giornali, nessuno ci avrebbe preso sul serio. La Nike ci ha molto criticati per l'iniziativa. Ma cosa si aspettano? Vorremmo avere una frazione del loro budget per le pubbliche relazioni piuttosto della ridicola somma che abbiamo a disposizione.

Tra i maggiori clienti della Nike ci sono i ragazzini delle inner cities. Come cercate di portare la campagna tra loro?

Molto dello sforzo informativo consiste proprio in quello. Abbiamo lavorato con parecchie organizzazioni per l'attivismo di base nelle grandi città. Abbiamo mandato persone a parlare nei licei o sulle stazioni radio più seguite. Nel Bronx, per esempio, c'è un gruppo, l'Edenwald Gunhill Neighbourhood Center, che funge da centro di supporto e aggregazione per i ragazzini del quartiere, che è riuscito a far andare la Nike su tutte le furie. I rappresentanti della corporation sono andati ad incontrarli parecchie volte per farli desistere, invano. Infine stiamo cercando di convincere i dipartimenti sportivi delle università a cancellare i loro contratti con la Nike.


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