NON SI LAVORA PIU’ PER VIVERE, SI VIVE PER LAVORARE E LAVORANDO SI MUORE FERMIAMO LE STRAGI NEI LUOGHI DEL LAVORO

 

I glaciali dati pubblicati dall’INAIL in materia di sicurezza sul lavoro permettono a tutti di comprendere che le morti sul lavoro sono uno dei fenomeni più gravi che affliggono il “paese normale” governato dal centrosinistra. Ogni anno il 6% dei lavoratori in Italia è vittima di un incidente sul lavoro, incidenti di diversa natura e gravità, dei quali circa 600 mila con esiti d’inabilità superiore ai tre giorni, circa 27 mila determinano un’invalidità permanente e più di 1.400 ne causano la morte. Le elaborazioni parlano chiaro: ogni giorno muoiono quattro persone per “disgrazie” legate all’attività lavorativa. Nel primo quadrimestre del 1999 sono morte 298 persone, ci sono state 300.000 denunce d’infortuni. Il primo dato vergognoso è che questi calcoli sono approssimati per difetto, tutti gli infortuni che avvengono nelle aree di lavoro irregolare e sommerso non sono censiti. Quest’elemento non va sottovalutato, basti pensare per chiudere il cerchio, ai cantieri del Giubileo, la media è di tre violazioni per cantiere: su 116 aziende, solo due in regola; su 37 imprese edili, tutte irregolari; su 511 lavoratori, 311 sono a nero (fonte: Ministero del Lavoro) !. Tanti sono i responsabili di quest’infame stato di cose, troppe sono le morti che sistematicamente sono avvolte da una cultura fatalista che fa passare, e di questo sono tutti complici, un incidente come una casualità: “non ce l’ha fatta” si sente dire da chi addossa al lavoratore la colpa degli infortuni sul lavoro. Ma andiamo con ordine. La legge 626/94 è rimasta lettera morta proprio laddove afferma il diritto per i lavoratori di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica. Non parliamo poi, in generale, a cosa è stato ridotto - quando c’è- il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. La logica concertativa di CGIL-CISL-UIL lo limita a controllare dei piani di sicurezza scritti solo sulla carta e non applicati sui luoghi di lavoro. I corsi di formazione-informazione-comunicazione, quando si riescono ad organizzare, sono assolutamente inadeguati; le USL divenute azienda (ASL) hanno una capacità d’intervento preventivo pari allo zero: i dirigenti (con stipendi da zio paperone) reputano la prevenzione troppo onerosa. Questa situazione è frutto della deregolamentazione e della contrattazione stipulata tra le aziende e le organizzazioni sindacali confederali: sembra che tutti facciano a gara nel relegare la sicurezza all’ultima voce. Non è - per chi s’oppone - retorico, addossare al sistema di produzione che impone ritmi e orari forzati e condizioni di congenita insicurezza, la principale responsabilità di questo crimine. L’Italia e la Germania, in Europa, detengono il primato nero per gli omicidi bianchi ciò significa che l’organizzazione del lavoro e i ritmi della produzione sono dettati da un mercato che per garantire una sempre più veloce circolazione delle merci e dei profitti gioca al ribasso, incurante delle minime condizioni di sicurezza. Inoltre, come se non bastasse, è circolata negli ultimi tempi una novella che ha spostato l’attenzione della popolazione su un altro tipo di problema, ci riferiamo all’operazione sicurezza riproposta in tutte le salse dai media, dal governo, dai sindaci di centrodestra e sinistra, dai sindacati. La migliore espressione di questa becera campagna l’aveva avviata Berlusconi con il Security day, ovvero come difendersi dagli immigrati, dai giovani dei centri sociali… Un’iniziativa che si sarebbe dovuto rovesciare in tutto il paese per mettere al centro del dibattito e della vita sociale le vere questioni. Le morti sul lavoro, la mancanza di reddito, i bassi salari, le privatizzazioni che aumentano le tariffe e tagliano i servizi… In Toscana, dove il governo reale è retto dalla coalizione Lega delle Cooperative- Massoneria, la Camera del lavoro sociale di Firenze ha dato luogo a delle iniziative di protesta. La più significativa è stata organizzata sotto la Presidenza della Giunta Regionale, rovesciando di segno e di significato il termine sicurezza è stato il nostro Insecurity day. Questo, ovviamente, è poca cosa. I morti ci sono ancora e sempre più. Vogliamo riproporre con forza, davanti ai cantieri edili dove gli operai sono volati giù dalle impalcature,alle cave dove si salta in aria o si rimane schiacciati da lastre di marmo, di fronte alle cartiere dove in molti sono rimasti stritolati da tonnellate di carta, davanti ai cantieri portuali dove carichi in caduta libera uccidono,ai cancelli delle fabbriche dove gli operai rimangono uccisi dai macchinari, in tutta la regione momenti di dibattito e di lotta con le forze politiche e sociali che credono che questo mondo sia ancora modificabile. Non abbiamo ricettari belli e buoni, abbiamo solo l’incazzatura e la testa per confrontarci con il sindacalismo di base, con le associazioni, con i centri sociali, con le lavoratrici e i lavoratori che vogliono organizzarsi per inceppare questo mortale meccanismo. La sfiducia è totale: nella Magistratura, sempre volta a coprire e far valere la voce del profitto, chi detiene il controllo economico politico in Toscana non è stato neppure sfiorato da mani pulite, eppure di grandi opere se ne sono compiute; del resto in una città –Firenze- dove si sono venduti pure le pietre di Piazza Signoria cosa ci si vuole aspettare; nei Partiti e nei Sindacati, nel “migliore” dei casi aspettano il morto per dichiarare lo sciopero, naturalmente entro e non oltre i quindici minuti; negli Organi preposti al controllo e alla prevenzione, buoni propositi, buoni strumenti legislativi e tanti miliardi spesi per pagare i manager della sicurezza, ma chi controlla chi? Invitiamo tutte/i a vigilare, a proporre momenti d’iniziativa comune contro le stragi nei luoghi di lavoro, convinti che solo le/i lavoratrici/tori che si autorganizzano e che ricostruiscono criticamente il ciclo produttivo, delle sostanze e delle procedure utilizzate possono comprendere dove sono esposti a rischi o a pericoli. Al tempo stesso è necessario far veicolare strumenti d’informazioni contro, agitarli nelle piazze, nelle scuole e nei luoghi di lavoro, passaggi preliminari per la costruzione di percorsi politici e sociali ricompositivi e di lotta contro il lavoro assassino.