In poco più di due anni il sindacato autorganizzato degli operatori è divenuto un componente ben visibile agli occhi delle controparti: Comune di Roma e Cooperative.
Oggi, grazie alle lotte degli operatori, il problema del precariato e del lavoro nero nell'assistenza domiciliare è sotto gli occhi di tutti, tanto da spingere l'assessorato alle Politiche Sociali ad impegnarsi, per ora solo verbalmente, per una soluzione. I lavoratori hanno inoltre ottenuto dall'Assessore Piva impegni precisi sull'inserimento nel nuovo bando di clausole sulla continuità lavorativa e la messa in regola di tutti gli operatori attualmente in servizio.
Tuttavia, la difesa di alcuni elementari diritti non basta, se non affrontiamo i meccanismi che hanno causato questa situazione e che oggi arrivano a minacciare il servizio pubblico, portandoci verso il libero mercato e la privatizzazione.
La maggior parte delle Cooperative hanno da tempo avviato un processo di aziendalizzazione che le ha radicalmente trasformate; nate come strumento per creare reddito e occupazione, si sono progresivamente involute in imprese tradizionali, all'interno delle quali si è persa ogni ipotesi di gestione democratica e collettiva, introducendo il sistematico sfruttamento di soci e "collaboratori".
Da parte del Comune di Roma, l'utilizzo delle Cooperative è servito a creare un sistema di servizi alla persona risparmiando sui costi delle strutture, e soprattutto sul costo del lavoro.
Oggi, questa tendenza si è ulteriormente sviluppata; la volontà politica dell'attuale giunta è infatti quella di affiancare ad un servizio pubblico sempre più colpito dai tagli di bilancio una serie di "servizi accessori" a pagamento, concessi in gestione privata alle stesse Cooperative.
In questo quadro, la Lega delle Cooperative si candida come gestore diretto di servizi alla persona in questo regime di mercato.
A livello Nazionele, inoltre, il cosiddetto Terzo Settore lancia segnali agli Enti Pubblici in vena di tagli nei bilanci sociali, proponendosi come gestore sostitutivo dei compiti che tradizionalmente sono riservati al "pubblico".
Tutto questo concretamente comporterà la fine di ogni controllo dell'Ente Pubblico sulla gestione del servizio e sulla qualità del lavoro dell'operatore, maggiore flessibilità, più lavoro nero e precariato, bassi salari, assistenza pubblica di serie B per i meno abbienti e assistenza privata di serie A per chi se la può permettere.
Si rendono dunque necessarie alcune considerazioni piu generali sul corrente dibattito sui nuovi lavori e il settore "no profit".
15 anni fa l' utilizzo delle Cooperative per l'erogazione di servizi era un modo per aggirare i diritti aquistati dai lavoratori e abbassare il costo del lavoro, in cambio di un reddito ( basso) e della sperimentazione di nuove forme di organizzazione del lavoro.
Oggi , la maggior parte delle garanzie conquistate negli anni'70 dai lavoratori sono state abbattute , la legislazione del lavoro stravolta , il precariato è divenuto la regola; l'energie dei nuovi lavori e la crescita del cosiddetto terzo settore rischia , dunque , di preludere, nel campo dei diritti del lavoro , a una sorta di Medio Evo del 2000.
D'altra parte , i 50' anni di sistematico sabotaggio del settore pubblico, lo hanno trasformato , agli occhi delle masse, in un carrozzone burocratico e clientelare, rendendo la sua difesa "in quanto tale" semplicemente insostituibile .
Se avete l'assenza di una proposta credibile che vada oltre la mera denuncia dei pericoli della privatizzazione e che sia in grado di intervenire sullo sfascio dei servizi attraverso un modello diverso di "pubblico".
Altrettanto, sono insufficienti le varie proposte sul problema del lavoro senza adeguate strategie di lotta , senza gambe per marciare.
Si richiede oggi una radicale inversione di tendenza quale l'assunzione diretta nei servizi pubblici , senza tenere conto delle condizioni oggettive e soggettive sistematiche , della particolarità della proposta e senza poter costruire un processo concreto che porti alla ratifica di questo obiettivo non può che apparire velleitario; appare, invece, maggiormente praticabile costruire , rispetto all' esistente , forme di autorganizzazione che inceppino i processi in corso e li rendano ingovernabili..
Accanto al dibattito sul salario di cittadinanza e a quello sulla riduzione generalizzata dell'orario di lavoro , quindi , intendiamo lanciare un confronto con associazioni , cooperative e Centri Sociali , sul significato , da parte antagonista e anti capitalista , del "non profit" su questi punti:
DIRITTI DEI LAVORATORI: Il "no profit " non deve essere il contenitore presentabile dello sfruttamento e dell'autosfruttamento .
Occorre elaborare una carta dei diritti dei lavoratori del terzo settore e del sindacalismo nella cooperazione.
DIFESA DELLA COOPERAZIONE AUTOGESTITA CONTRO L'AZIENDALIZZAZZIONE:
Di fronte allo smantellamento dei servizi sociali , bisogna rilanciare il ruolo della cooperazione autogestita all'interno del servizio pubblico, contro la logica della privatizzazione del mercato .
A titolo di esemplificazione, basti dire che le convenzioni stipulate dagli enti pubblici devono contenere precise norme, tutela dei lavoratori e dell'autogestione, budget atteggiati rispetto ai salari dei contratti nazionali di riferimento , prevedendo forme di partecipazione gestionale dei lavoratori e degli utenti del servizio .
Su questi punti - gli stessi su cui diamo battaglia per il bando sull'assistenza domiciliare - pensiamo sia possibile partire per una vertenza sul lavoro che abbia come controparte l'ente pubblico .
Esistono a Roma decine di associazioni , cooperative e altro che si conoscono nel modello privatistico - liberista indicato sia da destra che dal centrosinistra, realtà che - se restaranno polverizzate e incomunicanti- difficilmente riusciranno a mettere in discussione l'odierno modello di sviluppo.
I lavori "socialmente utili "( definizione impropria, che utilizziamo per comodità), cosi come sono concepiti dalle istituzioni , sono un
palliativo , a basso costo e ad altro sfruttamento per affrontare la domanda di lavoro e di servizi .
I 50.000 posti di lavoro promessi da Rutelli sono posti da precario in appalti temporanei o a costi di gestione accessibili solo alle grandi imprese, come ha dimostrato la Delibera sul verde attrezzato, proibitiva per chiunque non disponga ingenti capitali da investire.
I lavori socialmente neccessari a cui pensiamo noi nascono dai bisogni dei giovani, degli anziani, dei cittadini, dell'associazionismo di base, bisogni che sono la negazione del profitto e del mercato; in poche parole, c'è il bisogno di ridisegnare la città a misura delle esigenze della maggioranza della sua popolazione.