Comunicati all' E.P.R. ; a Zedillo ; e alla società civile internazionale
Ai: combattenti e ai comandanti dell’Esercito Popolare Rivoluzionario
Dal: Subcomandante Ribelle Marcos. Comando Generale dell’EZLN.
Vi scrivo a nome degli uomini, delle donne, bambini ed anziani delle basi di appoggio dell’EZLN, e degli uomini e delle donne combattenti, regolari ed irregolari, dell’EZLN. Abbiamo letto alcune interviste rilasciate dalla vostra dirigenza ai mezzi di comunicazione nazionali. Abbiamo notato il tono rispettoso con cui vi riferite ai noi. Noi rispettiamo chi ci rispetta. Per questo motivo non rispettiamo il governo, perché non ci rispetta. Vi scrivo ora in riferimento a una questione da voi segnalata nelle vostre dichiarazioni. Praticamente mi riferisco a quando dichiarate che "se ci saranno motivi che costringeranno l’EZLN ad abbandonare il dialogo, noi daremo il nostro modesto appoggio unito al nostro rispetto"(La Jornada, 27/8/96). Già avrete saputo dalla stampa che il nostro popolo ha deciso di sospendere la propria partecipazione ad un dialogo che è di nuovo in crisi. Le ragioni di questa decisione sono spiegate nel relativo comunicato e non le ripeterò. Solo vorrei dirvi che non vogliamo il vostro appoggio. Non ne abbiamo necessità, non lo cerchiamo, non lo vogliamo. Abbiamo le nostre risorse, che sono certamente modeste, ma sono nostre. Fino ad ora noi ci vantiamo di non dovere nulla a nessuna organizzazione politica nazionale o straniera. L’appoggio che noi vogliamo, che cerchiamo e di cui abbiamo necessità è quello della società civile nazionale ed internazionale, e ci aspettiamo mobilitazioni civili e pacifiche. Non abbiamo necessità di armi, di combattenti o di azioni militari. Dei primi, armi e combattenti, ne possediamo a sufficienza; per le seconde, le azioni militari, abbiamo la capacità e questo ci basta. Quello che cerchiamo, quello di cui abbiamo necessità, quello che vogliamo, è che tutta la gente senza partito né organizzazione si metta d’accordo su ciò che vuole e si organizzi per ottenerlo (preferibilmente per vie pacifiche e civili), non per prendere il potere ma per esercitarlo. So già che direte che è utopico e poco ortodosso, ma questo è il modo di essere degli zapatisti. Seguite il vostro cammino e lasciateci seguire il nostro. Non salvateci, qualsiasi sia il nostro destino, vogliamo che sia il nostro. Non preoccupatevi di noi. Noi non vi attaccheremo. Non siamo caduti nel gioco del potere che ci domina e che promuove lo scontro tra guerriglia "buona" e guerriglia "cattiva". Voi non siete il nostro nemico, come d’altronde noi non siamo il vostro. Non pensiamo certo a voi come a dei "rivali nella direzione della lotta in Messico", anche perché noi non pretendiamo condurre altra lotta che non sia quella per la nostra dignità. Noi non sottoscriviamo nessuno degli aggettivi peggiorativi che ora usano per voi ( e che ieri erano per noi). Rendere inutili questi peggiorativi ci è costato oltre ai morti, anche molto lavoro e molta pazienza politica. Noi non abbiamo guadagnato la nostra legittimità con le armi; l’abbiamo conseguita con molti anni di lavoro politico con le persone che oggi sono i nostri capi: le comunità indigene ed attraverso il dialogo con la società civile nazionale ed internazionale ( dialogo che abbiamo privilegiato, anche a rischio della nostra sicurezza, autonomia ed indipendenza). A questo mi riferivo quando ho dichiarato che l’EPR doveva guadagnarsi la sua legittimità di fronte al popolo del Messico. Non voglio disprezzare, ma voglio segnalare che non sono i dirigenti politici (sebbene siano guerriglieri) che danno legittimità ad un movimento, nemmeno le dichiarazioni dei funzionari (che, tanto per ridere, ieri si arrampicavano sugli specchi per definirci "terroristi" e che non avevamo base sociale e che eravamo il prodotto di un "trapianto artificiale" di gruppi radicali universitari "con ideologie degli anni settanta" in mezzo agli indigeni. Ora, le stesse persone si arrabattano per dire che voi siete "terroristi", in cambio l’ezetaelleenne "ha una base sociale" autentica). Nonostante questo è necessario rimarcare e ripetere, che siamo differenti. La differenza non consiste, come insistete voi ed altri, a soffermarvi sul fatto che voi non dialogherete con il governo, che lottate per il potere e che non avete dichiarato la guerra, mentre noi dialoghiamo (attenzione: non solo con il governo, anche, anzi soprattutto con la società civile nazionale ed internazionale); non lottiamo per il potere e abbiamo dichiarato guerra all’Esercito federale (non ce lo perdoneranno mai). La differenza sta nel fatto che le nostre proposte politiche sono diametralmente distinte e questo è evidente nel discorso e nella pratica delle due organizzazioni. Grazie alla vostra apparizione, ora molta gente potrà capire che le differenze tra noi e le organizzazioni politiche esistenti non sono le armi o il passamontagna, ma la proposta politica. Noi ci siamo tracciati un sentiero, nuovo e radicale. Tanto nuovo e radicale, che tutte le correnti politiche ci hanno criticato e ci vedono con fastidio, voi compresi. Siamo scomodi. Comunque questo è il modo di essere degli zapatisti. Mentre scrivo questa lettera, ascolto le notizie delle vostre operazioni militari e di propaganda in Guerrero, Oaxaca e nello stato del Messico. Voglio dirvi, riguardo a queste azioni, che mi paiono riunire sorpresa e forza contundente, e hanno mostrato, ancora una volta, che il governo costruisce realtà virtuali basate sulle dichiarazioni dei suoi funzionari e non sulle vostre azioni. Nonostante questo, l’azione in Chiapas mi è sembrata inutile e piuttosto ingenua, nel migliore dei casi, provocatrice nel peggiore. Questo atto è stato compiuto al termine della nostra consulta interna, e ha messo a repentaglio la vita e la libertà dei dirigenti indigeni, che in questi giorni stavano raccogliendo i risultati delle opinioni del popolo. Ignoravate che noi stavamo compiendo la consulta? Perché un’azione propagandistica in Chiapas, se già avevate dimostrato di potervi spostare in molte parti del Messico? Per rendere noto che anche voi avevate simpatizzanti nelle zone dove c’è l’EZLN? Siete forse caduti nella trappola del "gioco delle rivalità’’, che vi ha proposto il governo? Però il saldo dell’azione militare non lo pagate voi, ma le comunità indigene zapatiste ( che, vorrei ricordarvi, stanno resistendo da quasi mille giorni con la loro ribellione armata ....e la loro poesia). L’esercito federale ha aumentato la pressione militare sui villaggi zapatisti e stanno installando campi nel nord dello stato. Il governo "argomenta" che non sta violando lo spirito della legge per il dialogo, ma che queste operazioni militari sono "destinate all’EPR. Ad ogni modo è così, non facciamo drammi. Avete dichiarato di non volere "interferire" nel dialogo dell’EZLN, già lo avete fatto e lo sapevate. Perché mentire dicendo che "non interferirete nel dialogo"? Noi non reclamiamo, però vi chiediamo di essere coerenti e di non mentire. Per finire, la maggior parte delle conseguenze delle vostre azioni si devono ancora vedere. C’é da aspettarsi che cadrà sopra di voi una forte campagna di accuse, con epiteti come "terroristi", "delinquenti" e altri che riempiono la bocca di funzionari e di impresari, perpetuando così la linea del governo, "guerriglia buona contro guerriglia cattiva". Vi confronteranno a noi ( facendo comparazioni che ci favoriranno e vi danneggeranno). Qualcuno dimentica la patetica immagine di Zedillo il 9 di febbraio 1995, quando con gli stessi argomenti che ora getta su di voi scatenò l’offensiva militare fallita, che doveva assassinarci? A volte i funzionari e i mezzi di comunicazione si dimenticano che, fino a poco tempo fa, chiedevano a gran voce il nostro sterminio, e ora, invece, danno risalto alla nostra "base sociale" e alla "legittimità" delle nostre domande. Noi non ci dimentichiamo. C’è da aspettarsi, anche, che il governo, indurisca ancora di più la sua posizione contro di noi e decida per la soluzione militare. Lo scenario dell’opinione pubblica è quasi pronto e noi non ci facciamo molte illusioni circa la volontà di negoziare. Voi lottate per prendere il potere. Noi lottiamo per la democrazia, la libertà e la giustizia. Non è la stessa cosa. Anche se voi avrete successo e conquisterete il potere, noi continueremo a lottare per la democrazia, la libertà e la giustizia. Non importa chi sarà al potere, gli zapatisti lottano e lotteranno per la democrazia, la libertà e la giustizia. E’ tutto, per ora. Ripetiamo che non vogliamo alcuna azione militare di appoggio alla nostra causa o alla situazione in cui ci troviamo. Siamo certi che capirete il rispetto e la distanza che vi chiediamo. Bene. Salute e un buon parapetto per ciò che verrà. Dalle montagne del Sudest Messicano. Subcomandante Ribelle Marcos. Messico, Agosto 1996. P.D. In una delle vostre prime apparizioni sulla stampa, alcuni vostri dirigenti hanno dichiarato, più o meno, che l’EZLN non ha riconosciuto le azioni del vostro fronte paracentrale in gennaio 1994. Vi chiediamo che, per conoscere la storia dell’EZLN, leggiate le nostre cose e non i gli scritti dei disertori, del CISEN o di altri organismi della "intellighenzia". Vedete bene che su di voi dicono molte cose e noi, mai abbiamo cercato di fare la "storia" dell’EPR. Grazie. (Tradotto dal Comiatato Internazionalista Che Guevara - Bologna)
Messico, 1 settembre 1996
Al: Signor Ernesto Zedillo Ponce de Leon
Signor Zedillo,
Ho appena terminato di ascoltare il suo secondo informe di governo.
Aspettiamo inutilmente segnali che indichino una sua disposizione seria a
raggiungere la pace. Di fatto, il suo discorso di oggi è abbastanza lontano
da quello che ha dichiarato in televisione, il 30 agosto 1996, e molto
vicino al discorso del 5 di febbraio 1995, che precedette il tradimento.
Forse vicino a lei sono tornate quelle persone che consigliarono la
soluzione militare nel 1993. Forse mai si sono allontanati da lei. In tutti
i casi, ciò che le consigliarono in quei giorni, e ora lo reiterano, non
contempla l’avanzamento del paese, ma la sua distruzione totale. Li seguirà
nuovamente?
Noi non vogliamo ne’ il potere, ne’ il suo posto, non ci importa se lì è
seduto lei, il PRI, il PAN, il PRD, il PT o il EPR-PRDP. Comunque lotteremo
per democrazia, libertà e giustizia.
La delegazione che lei ha mandato in sua rappresentanza nel dialogo di San
Andres, ha trattato con disprezzo, razzismo prepotenza i nostri capi
indigeni, ha fatto tutto il possibile per ritardare il dialogo e per non
arrivare a nessuna soluzione, non ha fatto nessuna proposta seria per
arrivare a degli accordi e per adempiere a quello già raggiunto. La sua
delegazione ha raggiunto lo scopo che il tavolo di San Andres abbia un nuovo
insuccesso, che potrebbe essere definitivo. La nostra gente non può
proseguire nel dialogo che hanno imposto i suoi inviati. Siamo disposti alla
pace, ma non a quello che pretende la sua delegazione. La nostra pace è una
pace differente, è quella di cui essere orgogliosi, per noi e per i nostri
figli.
Se lei non lo sapeva e veramente vuole una soluzione giusta e degna, come
quella che vogliamo noi, allora faccia qualcosa. Se lei lo sapeva, allora
di fatto la sua strategia era quella di aspettare il momento opportuno per
la via militare. Pare che abbiano raggiunto il clima di terrore, di cui
avevano bisogno e, di sicuro, considerano già di avere l’appoggio
dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale per attaccare gli
zapatisti. Allora, dunque ci vedremo all’inferno.
Bene. Salute e buon viaggio per la Bolivia. Dicono che c’è ancora gente, che
crede che li uccisero il Che.
Dalle montagne di Numancia.
Subcomandante Ribelle Marcos.
P.D. Se non siamo delinquenti, ne’ terroristi, allora perché condannano i
presunti zapatisti come se lo fossero?
(Tradotto dal Comitato Internazionalista Che Guevara - Bologna)
Messico, 30 agosto 1996
A: la società civile Nazionale ed Internazionale.
Da: Sup. Marcos Signora: Non so se si ricorda di noi. Ci siamo conosciuti in gennaio del 1994. Da allora lei e noi abbiamo cercato di incontrarci, parlarci ed ascoltarci. Non è stato facile, è certo. Molte volte al posto di incontri si sono verificati scontri. Ma... si ricorda di quel 12 di gennaio, quando lei è stata brava ed è riuscita a far cessare il fuoco, con quell’azione che ora tanto inorgoglisce il governo, che la chiama ora di "maturità politica". Come fu quella volta dei dialoghi della Cattedrale, in San Cristobal? Sì, la volta dei cinturoni di pace. Ah, e le carovane! Dopo, il delirio di quell’8 di agosto con la CND a Guadalupe Tepeyac, oggi occupato dai militari . E dopo, al di là degli "errori di dicembre" e la campagna della stampa, lei è ritornata ‘’’’’’’’’a rivolgere tutto nel febbraio del 1995 e ha posto a sedere il governo a dialogare. Ricorda la consulta? E la nostra risposta alla consulta? Dopo la abbiamo invitata a sedere nel Tavolo 1 di San Andres, al Foro Nazionale Indigeno con gli arcobaleni dipinti sul terreno. E più in là l’incontro continentale americano, il tavolo 2, il Foro Speciale e da poco l’incontro Intergalattico. Si ricorda? Sì, siamo gli zapatisti. C’è qualcosa, signora, che le abbiamo detto e che non abbiamo fatto? Dobbiamo ringraziare l’EPR per qualcosa, la sua apparizione e la sua ascesa con azioni propagandistiche e militari hanno dimostrato chiaramente che la differenza tra gli zapatisti e le altre organizzazioni politiche non sono le armi e tanto meno i passamontagna. Quello che ci rende differenti è la nostra proposta politica. Le organizzazioni politiche, siano partiti di destra, di centro, di sinistra o popolari e rivoluzionari, cercano il potere. Gli uni per la via elettorale, altri attraverso menzogne e frodi, altre ancora con le armi. Gli uni e gli altri si dichiarano nostri dirigenti e ci invitano a seguirli e ad appoggiarli perché possano conservare il potere, perché lo rilevino o perché lo possano prendere. Gli uni e gli altri ci promettono di risolvere il nostro futuro. Noi no. Non vogliamo che altri, più o meno di destra, più o meno di centro, più o meno di sinistra decidano per noi. Noi vogliamo partecipare direttamente nelle decisioni, vogliamo controllare i nostri governanti, senza interessarci della loro derivazione politica, e vogliamo obbligarli a "comandare obbedendo". Noi non lottiamo per prendere il potere; lottiamo per democrazia, libertà e giustizia. La nostra proposta è la più radicale che ci sia ora in Messico (forse nel mondo, ma è presto per dirlo). E’ tanto radicale, che tutto lo spettro politico tradizionale (destra, centro, sinistra e gli altri di uno o dell’altro estremo) ci criticano e si allontanano dal nostro "delirio". Non sono le armi che ci danno la radicalità: è la nuova pratica politica che proponiamo e nella quale siamo impegnati con migliaia di uomini e donne in Messico e nel mondo: la costruzione di una pratica politica che non vada cercando la presa del potere, ma bensì l’organizzazione della società. Intellettuali e dirigenti politici di tutte le levature, della ultradestra, della destra, del centro, della sinistra e della ultrasinistra, nazionale ed internazionale, hanno criticato questo sproposito. Siamo tanto radicali, che non ci troviamo in nessun parametro della "scienza politica" moderna. Noi non stiamo presumendo, signora, stiamo semplicemente segnalando un fatto. C’è qualcosa di più radicale che voler cambiare il mondo? Lei lo sa bene, perché condivide con noi questo sogno e perché, la verità sia reiterata, lo stiamo sognando insieme. Ora ci voglio porre in una strada senza una uscita degna. Vogliono che accettiamo umiliazioni, inflitteci da razzisti travestiti da delegati governativi. Vogliono che accettiamo elemosina e che continuiamo nel ruolo di accattoni. Vogliono obbligarci a trasformare il dialogo e la pace in una pantomima. Vogliono che accettiamo il ruolo di "buoni" in contrapposizione ai "cattivi". Vogliono che ci vendiamo. Vogliono che ci arrendiamo. Chi, "loro"? Loro, signora, gli stessi che vogliono ingannarla tutti i giorni e che ora promettono terrore e ordine per tranquillizzare i loro mercati finanziari. Signora, abbiamo ragione di sentirci soli, ora? Tutte queste forze politiche e sociali, le personalità e i dirigenti, che hanno accettato il nostro invito a costruire uniti e in pace un paese nuovo, ora camminano senza di noi, altrove. Abbiamo smesso di essere utili? Non serviamo? Ebbene sia. Come si vuole, avremo la soddisfazione di aver aperto spazi nuovi di discussione e di pensiero in Messico e nel mondo. Non è poco quello che abbiamo conseguito fino ad ora a livello nazionale ed internazionale, è stato possibile grazie a lei, signora. Se ora il nostro tempo è terminato, dunque sia quello che sia. Però continui avanti, non creda a chi le offre conformismo e timore. E non dimentichi, signora, non dimentichi. Sa che, giusto ora mi ricordo che le devo tre definizioni (o erano quattro?). La cavalleria errante ordina che si paghino i debiti, soprattutto quando il credito è piuttosto basso. Così le spettano: Federali: Il governo ha soldati. Il popolo indigeno ha soldati. Sono di pelle bruna i soldati del governo. Altrettanto bruni sono gli indigeni ribelli. Sembrano uguali, i soldati del governo e gli indigeni in armi. Ma i soldati del governo sparano bassi, dove sono i nostri. Gli indigeni ribelli sparano verso l’alto, non per uccidere i soldati, ma per svegliare la storia. Jodidos: I più potenti dei potenti, praticano una democrazia curiosa, la democrazia del disprezzo. Per loro non ci sono indios o mestizos, bianchi o bruni. Per i potenti gli altri hanno un solo nome: jodidos. Uno: uno è sempre uno. Uno è, a volte, tre: uno ciò che fu, uno ciò che è, uno quel che può essere. Uno è, altre volte, ciò che la maggioranza vuole che sia. Oggi, uno non è nessuno. Nel domani che noi sogniamo uno sarà uno. Saldato il debito. Mi scusi, amabile signora, se la lettera mi è riuscita con alcune frasi che tanto affliggono i miei critici letterari e i rivoluzionari seri. E’ che, sapesse, Olivio ha bucato il pallone e si è intestardito nel volerlo riporre in quella luna, che lassù ruota, senza che nessuno mai le faccia una carezza. Così sono salito sulla Ceiba, aiutato dal fumo della pipa, e raggiunta la cima cercavo di capire come fare per raggiungerla, quando ho pensato che, in questo preciso istante, qualcuno, forse, in un altro luogo stava guardando questa luna piena. Improvvisamente capii che la luna, come il domani, non è di nessuno è di tutti. Lo dissi a Olivio, gridandoglielo dall’alto e facendogli segni. Fu tutto inutile, perché mentre io salivo, Olivio ne approfittò per rubarmi un dolce e fuggì con la stessa abilità di Salinas de Gortari. Ho sempre pensato che questo bimbo abbia la stoffa per essere presidente della Repubblica o almeno fratello del presidente. Cosa stavo dicendo? Ah, sì! Olivio se ne andò e io sono rimasto qui in alto, fumando e aspettando, sognando che una nube che sta lassù, più in alto, si accosti a me e dia sollievo al desiderio e all’asfissia. .... Bene signora, non la disturbo più, solo volevo dirle quello che le ho già detto prima, e ricordarle che siamo qui, che siamo gli stessi e che, ripeto, dietro di noi ci siamo voi. Bene, saluti e sappia, che per ballare e per amare sono solo necessari una partner e una canzonetta. Il resto, mi creda, non è altro che un orpello prescindibile. Quindi, mi concede il ballo? Dall’alto di una ceiba nelle montagne del sudest messicano. Il Sup, che non vuole riconoscere di non essere capace di scendere....... (Tradotto dal Comitato Internazionalista Che Guevara - Bologna)