"Una società migliore resta una che consente a tutti gli esseri umani

di fare ciò che solo gliesseri umani possono fare - creare, inventare

immaginare altri mondi possibili."

Jon Elster

"Caminante, no hay camino,

se hace camino al andar."

Antonio Machado

L'incontro

Quando nel marzo del '97 giunsi a Barcellona e cominciai a conoscere i compagni con cui per tanti mesi avrei condiviso la fatica e la gioia di organizzare questa follia intercontinentale nessuno sapeva bene cosa sarebbe successo nei mesi a venire. Si sapeva solamente che il Secondo Incontro Intercontinentale per l'Umanità e contro il Neoliberismo avrebbe avuto luogo in terra spagnola e che il lavoro da fare sarebbe stato tanto.

Entrai così a far parte dell'Assemblea Organizzativa Catalana, un'assemblea in cui erano confluite tutte quelle realtà locali (comitati di solidarietà, associazioni e gruppi indipendenti di varia natura, comitati di quartieri di periferia, case occupate, sindacati autonomi, persone singole, ecc.) che per storia e/o per aspirazione si erano prese il non facile compito di alzare, come un'anno prima lo avevano fatto gli zapatisti in Messico, la bandiera di chi vuole un mondo più giusto e umano. Il mondo di chi non crede a una religione che attribuisce al suo dio, il denaro, la capacità di regolare i rapporti tra umani, quindi le loro azioni e i loro sentimenti. Un dio spietato che condanna alla fame tre quarti dell'umanità.

Tutti consapevoli del fatto che quella bandiera era troppo grande per le nostre forze, abbiamo sempre cercato di lavorare nello spirito di massima apertura e rispetto mutuo. E forse siamo riusciti nel nostro intento se sono poi giunti migliaia di partecipanti da 72 paesi dei cinque continenti (una trentina in più dell'anno passato in Chiapas), nonostante le enormi difficoltà create dal governo spagnolo per concedere i visti (molti africani non sono arrivati per questo motivo). Così, anche se a volte le umane debolezze o i protagonismi hanno prevalso o si sono commessi errori o è mancata la comunicazione necessaria o gli innumerevoli eccetera che si pottrebbero aggiungere, tutti hanno lavorato con l'entusiasmo (e l'incoscienza) di chi ha la sensazione di star facendo qualcosa di unico e, forse, irripetibile. E questo vale sia per la Catalogna, sia per le altre sedi spagnole (Madrid, Ruesta in Aragona, Almuñecar e El Indiano in Andalusia) sia per i comitati europei. Perché questo Incontro non ha avuto la sponsorizzazione ufficiale di nessuno ed è stato costruito esclusivamente con le forze di chi si era preso l'impegno di organizzarlo, facendo della decisione assemblearia la propria colonna portante; con tutti i limiti che ciò comporta ma anche con tutti i pregi.

Della genealogia e dello svolgimento dell'Incontro potrete leggere con dovizia di particolari nel testo che Claudio Albertani e Paolo Ranieri hanno scritto per questo libro e che contiene riflessioni importanti e chiarificatrici sul percorso che dalla Selva Lacandona in Chiapas ci ha portato alle assolate terre spagnole l'estate scorsa.

Ciò che a me preme è invece tornare un istante su una questione che ha creato in Italia tante polemiche e purtroppo anche divisioni: quella di una proposta di incontro alternativa lanciata da alcuni gruppi italiani e poi bocciata dall'assemblea europea di Zurigo. Potrebbe sembrare una questione riservata solo a chi ha seguito dall'interno l'organizzazione ma che contiene elementi e contraddizioni non ancora risolte su cui è importante riflettere. Quella proposta consisteva nell'idea di un'incontro che andasse al di là delle frontiere nazionali, con sedi in diversi paesi europei. Negli spostamenti tra le sedi i partecipanti avrebbero "rotto" le frontiere, mettendo così in primo piano la questione dell'immigrazione. Ciò avrebbe trasformato l'evento stesso in un momento di lotta per le prevedibili difficoltà che si sarebbero create per far circolare liberamente i partecipanti extracomunitari. Si trattava di un'idea seducente che avrebbe senz'altro dato all'incontro un'identità più forte e riconoscibile. Per esperieza personale so che anche l'EZLN avrebbe preferito una soluzione di questo tipo, posizione che non ha mai espresso ufficialmente nella consapevolezza che la propria opinione avrebbe pesato troppo sulle decisioni dei gruppi europei responsabili della sua messa in pratica.

Purtroppo un evento di questo tipo per poter funzionare avrebbe avuto bisogno o di una sinistra europea extrapartitica molto più forte e coordinata di quello che in realtà oggi è o dell'appoggio di quei partiti ed istituzioni che chi caldeggiava questa soluzione voleva coinvolgere nell'organizzazione dell'Incontro, snaturandone così completamente il carattere: l'idea seducentente era quella di allarmare i governi e le istituzioni, non quella di chiedere il loro appoggio! D'altronde nei primi giorni di gennaio del '97, sempre parlando dell'Incontro, il Subcomandante Marcos disse a degli europei che si sarebbero trovati poi più o meno coinvolti nell'organizzazione: "...non dimentichiamoci che noi siamo i senza volto e i senza nome, i più piccoli, i più dignitosi...", e si riferiva anche ai suoi interlocutori. Non per questo accettiamo, anzi ci offende, l'etichetta di "marginali" che qualcuno ci ha voluto affibbiare. Hanno scritto i compagni del Collettivo di Solidarietà alla Lotta Zapatista di Barcellona: "Eravamo gente comune, quelli che hanno potuto o voluto venire, che non si considerano avanguardia di niente e di nessuno ma parte della resitenza che esiste nel pianeta e che con umiltà ha costruito uno spazio aperto a tutti".

Il libro

Lo sforzo collettivo di migliaia di persone impegnate ad organizzare e a dare vita a questo Secondo Incontro non ha dato dei risultati immediati in termini concreti, anche se non sono mancati dei coinvolgenti momenti di lotta, come la manifestazione con cui si è sventato lo sgombero di un centro sociale di Barcellona, La Vakeria, una delle sedi catalane dell'Intercontinentale (purtroppo questo "Aguascalientes" europeo è stato poi sgomberato violentemente dalla polizia e raso al suolo dalle ruspe il tre febbraio scorso). Questa manifestazione a cui hanno partecipato anche i due zapatisti ospiti dell'incontro, Dalia e Felipe, che hanno poi tenuto una conferenza stampa proprio all'interno della casa, può venire considerata emblematica di ciò che è accaduto in Spagna; forme di lotta estremamente diverse e distanti tra loro che si incontrano e si trovano molto più simili di quanto pensassero. Al punto in cui è giunta la cultura occidentale, nel mondo e nei valori in cui viviamo oggi, non è affatto scontato il fatto di incontrarsi, di creare un luogo comune e aperto in cui dialogare, per sentire che non si è soli, che c'è tanta gente in tutto il mondo disposta a lavorare insieme a te non per guadagnare qualcosa ma per condividere un'esperienza e compiere un'altro piccolo passo verso la realizzazione di quel mondo nuovo che noi tutti portiamo già nei nostri cuori. Per, come dicono gli indigeni zapatisti, "camminare domandando".

Così l'aspirazione di questo libro, che non vuole assolutamente essere IL libro dell'Incontro ma semplicemente UN libro sull'Incontro, è proprio quella di invitare ad una riflessione su ciò che è stata questa avventura, a far sì che dalla riflessione si riapra quel dialogo che con tanta fatica era stato avviato nel '96 in Chiapas e che è continuato l'estate scorsa in Spagna; è alimentare il coraggio di incontrarsi e di proseguire il cammino.

La composizione del libro ha sicuramente dei limiti. Sia per motivi di spazio disponibile, sia per la difficile reperibilità del materiale (un'altra tra le tante pecche dell'Incontro) i documenti pubblicati rappresentano solo una parte di ciò che si è deciso e discusso durante questo evento e sicuramente non rispecchiano completamente la vivacità e la profondità dei dibattiti (per esempio le parti che riguardano la terra e l'ecologia, tavolo molto ricco e partecipato, di cui purtroppo non disponiamo di nessuna conclusione, o quello sulla cultura e i mass media). Ce ne scusiamo con i lettori che comunque potranno trovare ulteriore materiale nelle preziose pagine web di Tactical Media Crew (vivaldi.nexus.it/commerce/tmcrew/chiapas/index.htm) e del Comitato Chiapas di Torino (www.ipsnet.it/chiapas) che si potrebbero considerare come un'altro grande capitolo di questo libro. Oltre ad ulteriori documenti conclusivi dei vari tavoli (per esempio, su questioni importanti come quella degli anziani, della salute, sull'animalismo, ed altri ancora) vi si possono trovare, tradotti in italiano, le cronache delle varie giornate, gli articoli apparsi sul quotidiano messicano La Jornada, così come gli indirizzi di molte delle organizzazioni che vi hanno partecipato e anche delle belle immagini.

Nel libro troverete, invece, un importante contributo di Gustavo Esteva, attivista ed intellettuale messicano, militante del neonato Frente Zapatista ed ex consulente dell'EZLN durante i dialoghi di San Andrés con il governo; i titoli e le sintesi di buona parte degli interventi presentati all'Incontro, i vari documenti che hanno preceduto e "preparato" l'incontro come la Seconda Dichiarazione de La Realidad, con cui si conclusero il Primo Intercontinentale e il libro sullo stesso edito dalla Della Battaglia ("Aguascalientes 1996"). E poi i comunicati e gli interventi dell'EZLN e molti tra i documenti finali dei tavoli.

Credo che sia importante leggere con attenzione questi testi, documenti collettivi che hanno il pregio di costringerci sempre a pensare globalmente, a confrontarci e a cercare idee e parole nuove, spingendoci, in definitiva, a superare gli angusti orizzonti a cui ci ha abituato e costretto l'informazione e la politica italiana. Da molti di questi documenti sembre emergere una volontà diffusa di agire sulla società non attraverso uno scontro con lo stato o con i centri di potere economico-finanziari posti dai "G7" a governare il mondo, ma attraverso la creazione di nuovi spazi di libertà e partecipazione, di comunalità e autogestione che rendino superflui sia l'uno che gli altri attraverso "un lungo processo di costruzione politica e sociale dal basso" (G.Esteva, "Lo zapatismo nella lotta politica attuale", intervento presentato al 2° Incontro). Un processo che tende ad assumere una struttura reticolare trasnazionale, senza centri decisionali o gerarchie di sorta. Non a caso lo striscione che apriva la manifestazione unitaria di Madrid il giorno dopo l'inaugurazione diceva: "Non vogliamo cambiare il mondo, ma costruirne uno nuovo". Lo stesso striscione apriva la grande manifestazione di Roma del 24 gennaio (seguita alle decine di proteste a livello locale) e quelle tenutesi in 53 paesi dei cinque continenti. In questo modo la Rete Intercontinentale per l'Umanità e contro il Neoliberismo nata dai due Incontri ha saputo reagire all'orribile strage di Acteal del 22 dicembre scorso, all'intensificarsi della guerra sporca contro le comunità indigene in resistenza e per bloccare il vergognoso accordo economico stipulato tra l'Unione Europea e il governo messicano, vincolandolo al rispetto degli accordi di S.Andres firmati con l'EZLN nel febbraio del '96 e mai attuati dal governo.

Per concludere, vorrei ringraziare la casa editrice Della Battaglia, e in particolare Giovanni Senzani, per l'idea da cui questo libro è nato, per la fiducia e l'incoraggiamento, così come per lo spazio dato alle parole di tanti senza volto e senza nome dei cinque continenti, "abitanti intergalattici dell'utopia".

Ancona, febbraio 1998

Indice del Libro