Forse la rivolta armata dell'Esercito Nazionale di Liberazione Zapatista nello stato messicano di Chiapas è solo una delle tante proteste dei dannati della terra che hanno accompagnato i 500 anni di storia della loro resistenza? O forse è solo un'altra ripetizione, condannata in partenza, dei falliti tentativi leninisti di inquadrare i contadini nel partito organizzandoli per la distruzione dello stato? Oppure ci sono cose in questa insurrezione che avranno effetti profondi e che possono fin da ora insegnarci qualcosa su come si può lottare in questo momento storico? Io penso che le azioni degli Indiani Maya nel Chiapas e il modo in cui esse hanno circolato attraverso il Messico, fino al Nord-America e intorno al mondo, abbiano qualcosa di vitale da insegnarci.
La tessitura elettronica della lotta
La cosa più sorprendente nella sequenza degli eventi messi in moto il 1
gennaio 1994 è stata la velocità con cui le notizie hanno circolato e la
rapidità con cui si sono mobilitate le forze di supporto.
In primo luogo, sin dal primo giorno della rivolta armata, l'EZLN è stato
capace di pubblicizzare efficacemente le sue azioni trasmettendo
direttamente via fax i propri comunicati e le proprie dichiarazioni a
un'ampia varietà di media dell'informazione. In secondo luogo,
l'informazione che circolava attraverso i mass media sulle sue imprese e
sulle sue richieste (informazione oltremodo efficace, perchè le azioni
erano totalmente inattese e di proporzioni tali da fare notizia) è stata
rinforzata e arricchita da una diffusione spontanea e rapida di tutti i
comunicati mediante reti di comunicazione via computer che connettono un
gran numero di persone interessate sia in Messico che all'estero.
Questa informazione che arrivava come un baleno all'interno dei convegni,
all'interno delle reti quali PeaceNet, (ad esempio, CarNet.MexNews,
soc.culture.mexican), InterNet (per esempio Mexico-l, Centam-l, Native-l)
e UseNet fu allora raccolta, ordinata,compilata e talvolta sintetizzata e
ridiffusa dalle parti della rete che erano particolarmente interessate. Ad
esempio la Latin American Data Base, dell'Università statale del Nuovo
Messico cominciò a trasmettere un compendio regolare di Chiapas News.
L'“Istituto per l'Agricoltura e la Politica di Mercato” cominciò a far
uscire Chiapas Digest. Il gruppo di discussione sullo sviluppo rurale
messicano della rete di Antropologia applicata, cominciò a compilare
notizie e analisi e a renderle disponibili mediante un gopher site
facilmente accessibile: Chiapas-Zapatista News. L'Istituto di Studi
latino-americani dell'Università del Texas ha duplicato quei files nel suo
Lanic gopher site. L'informazione dell'esistenza e delle modalità di
accesso a queste fonti sono state passate da quelli che avevano le
conoscenze adatte (gli specialisti messicani) a quelli che volevano
conoscerle (chiunque fosse interessato alle lotte). Non appena i documenti
dell'EZLN, le notizie, i rapporti andavano in circolazione, producevano la
moltiplicazione delle analisi sullo sviluppo della situazione e sul suo
contesto. ed erano immediatamente accompagnati da discussioni, da
informazioni aggiuntive da parte di coloro che avevano una conoscenza
specifica del Chiapas (per esempio accademici che avevano fatto ricerche in
quell'area, difensori dei diritti umani che avevano esperienza della sua
lunga storia di abusi) e rapidamente si moltiplicavano le analisi.
Tutta questa informazione elettronica andavano ad alimentare i più
tradizionali mezzi di comunicazione delle lotte di classe, quali giornali,
riviste e radio militanti.
Il retroterra anti-Nafta.
La rapidità di questa diffusione non si deve solo alla capacità tecnica
delle reti, ma soprattutto alla loro reattività e al grado di militanza
politica. E’ l'esperienza precedente della lotta contro il NAFTA che spiega
questa rapida circolazione di notizie e di analisi sulle lotte nel Chiapas.
Negli ultimi anni l'opposizione al NAFTA ha preso la forma di ampie
coalizioni di gruppi di base. Quasi in ogni paese centinaia di gruppi che
si opponevano al nuovo patto commerciale si sono unificati, costituendosi
in una vasta coalizione, la Mexican Action Network on Free Trade.
L'unificazione fu facilitata in parte dalle discussioni e dalle scadenze
costruite insieme, e in parte dall'aver condiviso informazione e analisi
sul significato e sulle implicazioni dell'accordo. La comunicazione via
computer è progressivamente divenuta uno strumento politico fondamentale
per una rapida compartecipazione di gruppi e individui. Il processo di
nascita di grandi coalizioni è avvenuto così rapidamente quale non si era
mai dato in occidente.
Nel suo insieme la campagna anti-NAFTA è stata chiamata talvolta La
non-Santa Alleanza, perchè accanto alle reti proletarie del movimento che
costituiva la massa dell'opposizione, alcuni conservatori andarono ad
aggiungere la loro voce di condanna del NAFTA, tra cui la dirigenza
dell'AFL-CIO, e politici come Pat Buchanan e Ross Perot.
Queste manovre politiche per cooptare o recuperare un movimento autonomo
sono tipiche della politica americana (sia in USA, che in Canada e in
Messico), ma sono fallite, sicché il carattere e l'organizzazione di
movimento nel suo complesso sopravvive. Benché il movimento
anti-NAFTA non sia riuscito a bloccare la ratifica dell'accordo, gli sforzi
per monitorare l'impatto del NAFTA, rendono più facile la crescita delle
lotte per la sua abolizione.
Una nuova forma di organizzazione
Al di là dello scopo particolare di questo accordo, il processo di
costruzione di un'alleanza ha creato nel nord America una nuova forma di
organizzazione -una molteplicità di gruppi autonomi tra loro connessi in
maniera rizomatica- che connette tutte quelle lotte che in precedenza erano
avvenute in maniera separata.
La reattività di questa forma organizzativa alla dichiarazione di guerra
dell'EZLN deriva proprio dalla sua composizione. Fin da subito la
costruzione di una coalizione per opporsi al NAFTA ha coinvolto non solo i
diretti interessati (gli operai USA che perdevano i loro posti di lavoro
che i pianificatori riallocavano in Messico, i Messicani che erano
minacciati dall'invasione di capitali USA), ma anche un'ampia varietà di
altri soggetti che vedevano in questa riorganizzazione capitalistica delle
relazioni mercantili una minaccia indiretta. Si trattava, ad esempio, dei
militanti ecologici, di gruppi di donne, delle organizzazioni per la difesa
dei diritti umani e civili e soprattutto di organizzazioni di gruppi
indigeni collegate attraverso tutto il continente.
Durante gli anni di lotta contro le posizioni del NAFTA, circolavano
documenti, studi e discussioni allargate sulle interconnessioni tra le
istanze di tutti questi gruppi. La lotta anti-NAFTA è stata sia
catalizzatiore che veicolo per superare la separazione e l'isolamento che
in precedenza avevano indebolito i gruppi che ne sono stati protagonisti.
Così, quando l'EZLN occupò Cristobal e le altre municipalità del Chiapas
non ci fu solo la rapida reazione di tutti quelli che avevano direttamente
a che fare con le lotte dei popoli indigeni, ma reagirono anche tutte le
connessioni organizzative della rete che erano state precedentemente
attivate per opporsi al Nafta.
I computers che ogni giorno avevano battuto comunicazioni e dibattiti di un
ampio assortimento di gruppi e alleanze anti-Nafta, erano già pronti per
coloro che in seguito si sarebbero mobilitati in appoggio all'EZLN: la
prima informazione è entrata nella posta elettronica regolare del
Monitoraggio sul Nafta, in Trade-News oppure in Trade strategy,sia su
PeaceNet che su InterNet. Anche se i portavoce dell'EZLN non avevano
condannato esplicitamente il NAFTA, né avevano regolato i tempi
della loro offensiva in modo che coincidessero col primo giorno della sua
operatività in Messico, le connessioni tra questi eventi si operarono in
tutta la rete anti-Nafta.
Dall'azione comunicativa a quella fisica
La preesistenza di una tale rete di connessioni aiuta a spiegare perchè la
circolazione incredibilmente rapida delle notizie è stata seguita non solo
da analisi e da dichiarazioni di sostegno, ma anche da un'ampia varietà di
azioni. Nei primi giorni di gennaio fino al mese di febbraio vi sono state
le consuete manifestazioni di appoggio da parte di quei gruppi della
sinistra che mantengono viva la tradizione di solidarietà internazionale,
ma la cosa sorprendente e significativa è stata la mobilitazione rapida di
altri gruppi che non solo sono scesi in strada -per esempio le enormi
manifestazioni in Messico e quelle minori in tutti gli Stati Uniti e il
Canada (di solito di fronte all'ambasciata e ai consolati messicani)- ma
hanno subito inviato rappresentanti in Chiapas per arginare la repressione
del governo col controllo ravvicinato sulle sue azioni, documentando i suoi
crimini e denunciandoli pubblicamente. Non ci sono dubbi che le loro
iniziative -e la rapida susseguente circolazione delle loro dichiarazioni
su ciò che hanno visto- hanno contribuito a ottundere la controffensiva
militare federale, esercitando una pressione (insieme a tutte le altre
forme di protesta in Messico e all'estero) per costringere lo stato ad
abbassare il profilo della repressione militare, accettare la mediazione e
intraprendere negoziati con un nemico armato che, secondo ogni evidenza,
avrebbe preferito distruggere (se avesse potuto, il che non è affatto
scontato).
Movimento indigeno autonomo
Particolarmente importante è stata l'opera dei gruppi che si occupano di
diritti umani, sia religiosi (per esempio i vescovi cattolici del Chiapas,
il Comitato canadese inter-chiese per i diritti umani in America Latina)
sia secolari (Amnesty International, Human Right Watch, Rete Nazionale
Messicana delle Organizzazioni per i Diritti Civili e Umani) -la cui
capacità d'intervento è aumentata in questi anni- ma anche e soprattutto
del movimento dei popoli indigeni che da un pò di tempo si organizza non
più solo localmente, ma sempre più su scala internazionale.
All'interno del Messico in questi ultimi decenni gruppi e comunità indiane
e contadine hanno sviluppato reti di cooperazione per lottare per le cose
di cui hanno bisogno: cose come scuole, acqua potabile, restituzione delle
terre, libertà dalla repressione statale (tortura della polizia e
dell'esercito, imprigionamente e assassini ecc.). Stante la piena autonomia
delle comunità che vi partecipano -talvolta basate sulla lingua e la
cultura etnica tradizionale- queste reti si sono formate, come la rete
elettronica di cui abbiamo parlato, in modo orizzontale, non gerarchico.
In realtà il termine spesso usato dai partecipanti a queste “reti” -il cui
termine Net evoca l'essere preso- è hammock (amaca), il nome di un letto
sospeso fatto di fili intrecciati a maglie larghe che si aggiusta a seconda
delle necessità del corpo di chi lo usa. Queste reti, sviluppatesi per
collegare comunità contadine e indigene, non solo collegano i villaggi
nelle campagne, ma raggiungono anche le città dove i quartieri creati dagli
immigrati rurali urbanizzati mantengono le loro connessioni con i luoghi di
origine rurali.
Molti gruppi indigeni con lingua e cultura indiana chiaramente definita non
si sono solo organizzati come tali per autodifesa, ma si sono messi in
contatto tra di loro per formare alleanze regionali e internazionali.
Questo processo è in corso in modo accelerato da parecchi anni non soltanto
in Messico, ma nella maggior parte delle Americhe e oltre.
Spronati a compiere nuovi sforzi dall'esempio del movimento per i diritti
civili afroamericano in nord-America alla metà degli anni sessanta (per
esempio l' American Indian Mouvement) e costretti all'azione dagli assalti,
incoraggiati dallo stato, contro le loro terre in America centrale e
meridionale (per esempio l'enclosure dell'Amazzonia) - i popoli indigeni
stanno superando le divisioni spaziali e politiche che li hanno isolati e
indeboliti, attraverso l'alleanza e l'aiuto reciproco.
Nel 1990 fu organizzato a Quito, Ecuador, un primo incontro continentale
dei popoli indigeni. Delegati di oltre duecento nazioni indigene vennero da
tutto l'emisfero occidentale e diedero il via a un movimento di
collaborazione per ottenere l'unità continentale. Per sostenere tale
processo in una successiva riunione a Panama nel 1991 si diede vita alla
CONIC ( Commissione di Coordinamento continentale delle Organizzazioni e
Nazioni indigene). Simbolo centrale e metafora di tale iniziativa è
l'immagine maya dell'aquila e del condor con i colli intrecciati. La
tradizione vuole che l'aquila rappresenti i popoli nordamericani e il
condor quelli del continante meridionale. L'unità ricercata non è l'unità
del partito politico o del sindacato -congelata e perpetuata attraverso un
corpo di controllo centrale- ma piuttosto un'unità di comunicazione e aiuto
reciproco tra nazioni e popoli autonomi.
Un secondo incontro continentale è stato oganizzato nell'ottobre del 1993 a
Temoaya, Messico. Uno dei gruppi ospiti del convegno era il Frente
indipendiente de pueblos indios (FIPI) e uno dei membri del FIPI era il
COLPULMALI di San Cristobal nel Chiapas, una delle città dov'è cominciata
l'offensiva dell'EZLN. COLPULMALI stà per Comitato di Coordinamento delle
Organizzazioni del Popolo Maya in Lotta per la sua Liberazione. COLPULMALI
sembra composto di 11 organizzazioni maya provenienti dalle tre regioni del
Chiapas che hanno visto gli scontri più violenti dopo il I gennaio.
Fronteggiato dalla violenza della controffensiva militare messicana, il
FIPI ha chiesto al CONIC di inviare osservatori indiani della loro rete in
Chiapas per collaborare a controllare la violenza statale. Il CONIC ha
risposto immediatamente, organizzando delegazioni internazionali che hanno
perlustrato le zone dei combattimenti. Quando le delegazioni sono giunte in
Chiapas sono stati ricevute dai funzionari locali del Consiglio Statale
delle Organizzazioni Indigene e Contadine -composto da 280 organizzazioni
indigene e contadine dello stato. Questo genere di pubblicità e pressione
internazionale il 25 gennaio ha costretto il presidente messicano Salinas a
incontrarsi con 42 rappresentanti del Consiglio, un incontro che bypassava
i canali politici ufficiali di mediazione e legittimava (con grande
dispiacere dello Stato) l'organizzazione politica autonoma degli indiani.
L'EZLN ha respinto non solo le agenzie governative, ma ha anche respinto
esplicitamente ogni mediazione dei rappresentanti dei partiti politici.In
un comunicato del 13 gennaio l'EZLN aveva dichiarato che i mediatori “non
devono appartenere ad alcun partito politico”.”Non vogliamo che la nostra
lotta sia usata dai vari partiti per ottenere benefici elettorali,
né vogliamo che il sentimento che sorregge la nostra lotta sia male
interpretato”.
Le posizioni dell'EZLN e più in generale quelle degli indiani del Chiapas
sono state estremamente rafforzate nella loro lotta attuale dall'azione
organizzata delle reti internazionali. E’ la forza che ha costretto il
governo al tavolo delle trattative.
Le radici dell'organizzazione: autovalorizzazione
Queste nuove forme organizzative non sono sorte dal nulla, ma sono emerse
sul terreno materiale della attività autonoma dei popoli indigeni. In un
periodo in cui le affermazioni di identità nazionale ed etnica hanno
acquistato risonanze drammaticamente negative in Europa -a causa della
brutalità omicida perpetuata nell'ex Yugoslavia e in aree dell'ex Unione
Sovietica- la formazione di nuove organizzazioni regionali e internazionali
di popoli indigeni in America che collaborano per l'appoggio reciproco,
crea uno stridente contrasto.
A livello strettamente ideologico dell'identità nazionale ed etnica, le
situazioni dell'Europa centrale e dell'America hanno somiglianze
superficiali dal punto di vista dell'affermazione del diritto
all'autodeterminazione entro spazi geograficamente definiti. I Bosniaci, i
Serbi, i Croati, gli Azeri, i Georgiani ecc., tutti asseriscono il diritto
alla propria terra, lingua e cultura, proprio come i gruppi indigeni in
America.
Ma a un livello più profondo -quello della sostanza dei rapporti sociali
incorporata in quelle culture, lingue e rapporto con la terra- sembra ci
siano differenze fondamentali. A prescindere dalle differenze, i desideri e
gli scopi dei contendenti dell'Europa centrale sembrano essere inscindibili
(all'interno dell'attuale configurazione politica) dalle strutture
ereditate dell'accumulazione capitalistica, intese come strutture di
comando sociale organizzate attraverso la subordinazione della vita al
lavoro infinito. I politicanti postcomunisti che hanno a tutti i costi
trasformato le differenze etniche e tradizionali in antagonismo, odio e
violenza non mostrano alcun segno di un qualsiasi progetto sociale che non
sia l'allargamento della loro quota di comando sociale. Che tale comando
debba oggi riprendere la forma di massacro, umiliazione, stupro sistematico
e distruzione di comunità, mentre domani può prendere la forma di lavoro di
fabbrica, lavoro d'ufficio e ideologia dissennata, è del tutto coerente con
l'esperienza degli ultimi cento anni di capitalismo. A tutt'oggi non c'è
alcuna prova di un riorientamento fondamentale dell'ordine socioeconomico
dell'Europa centrale, al di là di una riorganizzazione politica e di un uso
allargato dei meccanismi di mercato per ottenere accumulazione. Certamente
c'è chi si pone domande fondamentali tra i popoli centro-europei; ci sono
individui e gruppi che lottano con visioni più profonde contro l'attuale
olocausto. Sfortunatamente il loro potere è così limitato che la loro voce
è quasi inudibile in una regione dominata, dai suoni della guerra e
dell'odio.
Tra le nazioni e i popoli indiani delle Americhe, invece, l'affermazione di
identità nazionale, di unicità culturale e di autonomia lingistica e
politica, è radicata non solo in un'ampia critica delle varie forme di
cultura occidentale e di organizzazione capitalista imposte loro attraverso
la conquista, il colonialismo e il genocidio, ma anche nella pratica
affermativa di un'ampia varietà di comportamenti rinnovati e reinventati
che comprendono sia il campo delle relazioni sociali sia quello del
rapporto tra comunità umana e il resto della natura.
Le lotte degli indiani del Chiapas non sono dirette solo contro il loro
sfruttamento, contro la mancanza di rispetto con cui sono stati
tradizionalmente trattati, contro la brutalità della repressione mediante
guardie private, polizia ed esercito messicano, contro il furto delle loro
terre e delle loro risorse, ma sono dirette ad espandere lo spazio e il
tempo e le risorse disponibili per l'eleborazione dei propri modi di
essere, la loro cultura, religione ecc. Essi non stanno lottando per avere
un pezzo più grande della torta, ma per reale autonomia da un sistema
sociale. Quel sistema sociale che, essi lo sanno molto bene, li ha sempre
schiavizzati tentando in tutti i modi di distruggere il loro modo di vita.
Si tratta dunque della ricerca di una autonomia positiva entro la quale
poter autovalorizzarsi, cioè inventare e sviluppare il loro modo di essere.
Va sottolineato che questo processo non è così lineare e privo di
contraddizioni, come potremo vedere in seguito esaminando la carta dei
diritti delle donne indigene.
Tale autovalorizzazione è stata spesso rappresentata dagli osservatori
esterni, e talvolta anche da quelli direttamente coinvolti, in termini di
conservazione della tradizione, dei modi e delle pratiche tradizionali. Lo
scopo di questa rappresentazione (e talvolta autorappresentazione) è di far
apparire i popoli indigeni come fondamentalmente reazionari, dalla
mentalità arretrata e statica, sopravvivenze conservatrici dei tempi del
precapitalismo. Invece, i processi attuali della vita sociale all'interno
delle comunità indigene sono molto più complessi e dinamici di quanto sia
comunemente riconosciuto. Dai marxisti ortodossi che hanno visto solo
l'“idiozia” della vita rurale e discusso su come trasformare indiani e
contadini in buoni proletari, fino agli scienziati politici e agli
economisti del secondo dopoguerra che hanno visto soltanto la
“irrazionalità” e discusso come modernizzare le aree rurali e rendere
l'agricoltura più efficiente, non è un'esagerazione dire che gli
intellettuali urbani appartenenti ad ogni sfumatura dello spettro politico
hanno male interpretato -involontariamente, oppure perchè serviva al loro
scopo- la vita e i desideri dei contadini e dei popoli indigeni.
Tuttavia, in questi ultimi vent'anni circa, i contadini e gli indiani sono
riusciti a farsi sentire al di sopra delle risatine di ideologi e
pianificatori.
Ciò è accaduto in gran parte a causa della loro attività autonoma, di
quell'organizzazione autonoma che abbiamo già descritta, ma in parte anche
a causa dei mutamenti fondamentali nella composizione di classe complessiva
che ha reso molte persone molto più disponibili ad ascoltare. Non solo le
lotte di ogni tipo di “minoranze” hanno portato a una maggiore interazione
e cooperazione tra di loro, ma la critica qualitativa del capitalismo ha
portato ogni genere di persone a cercare fonti alternative di senso da
attribuire ai loro processi di autorigenerazione e autovalorizzazione.
D'altro lato, i popoli indigeni stessi si sono organizzati su temi di più
ampio ascolto, formando gruppi come Indigenous Environmental Network (IEN)
-uno di quei gruppi che ha protestato contro la repressione in Chiapas.
D'altro lato un assortimento di individui e gruppi apparentemente senza
fine che vanno dai romantici new age agli ecologisti praticanti hanno
tratto ispirazione da idee e pratiche indiane per dare nuova forma alla
loro vita. Da nessun'altra parte ciò è stato più ovvio che nel movimento
ecologico, dove molti hanno esplorato gli atteggiamenti e le pratiche
indigene per cercare ispirazione nella ristrutturazione del rapporto umano
con la natura. E allora non dovrebbe essere una sorpresa per molti che al
centro del conflitto in Chiapas oggi vi sia la terra, proprio come i tempi
del rivoluzionario messicano Emiliano Zapata, da cui l'EZLN prende il nome.
Infatti, gli indiani del Chiapas furono per lo più esclusi dalle riforme
agrarie cominciate nel 1934 con la presidenza di Lazaro Cardenas, non
solo,ma negli anni successivi gli agrari locali hanno usato ripetutamente
metodi legali e illegali per strappare sempre più terra agli indiani. Il
processo di accumulazione originaria è diventato permanente e il
procedimento delle enclosures è diventato una tortura infinita per gli
indiani del Chiapas.
Inoltre il legame esplicito tra la dichiarazione di guerra dell'EZLN e il
Nafta derivava in parte dal contributo di quest'ultimo alla enclosure
delle terre indiane. Usando il Nafta e uno dei famigerati programmi di
adeguemento strutturale del FMI come scusa, il governo messicano ha
recentemente cambiato l'articolo 27 della costituzione del 1917 che
proteggeva le terre comuni dall'enclosure, e in questo modo ha reso legale
la loro vendita e concentrazione nelle mani dell'agrobusiness locale e
multinazionale.(vedi anche l'articolo di Gomez sull'attacco all'ejido)
Già la BANRURAL, la Banca governativa per lo sviluppo rurale, sta
effettuando massicce pratiche per estiguere il diritto a mantenere le
ipoteche dei contadini indebitati. La vendita delle terre ipotecate
all'agrobusiness straniero aiuterà a creare depositi in valuta straniera
per continuare a pagare il debito estero messicano.
Questo è ciò che gli indiani hanno visto e questo è ciò che l'EZLN ha
mostrato al mondo.
Alla fine di gennaio, ispirati dai successi dell'EZLN, migliaia di
contadini hanno bloccato l'entrata a una dozzina di banche di Tapachula,
una città chiapaneca vicino al confine col Guatemala. I loro obiettivi? La
cancellazione dei debiti e il blocco dell'esperimento delle ipoteche.
Questa storia, che prosegue a tutt'oggi, dell'esproprio delle terre
indigene e contadine (e sta accelerando l'espulsione dalle campagne verso
città già orribilmente sovraffollate e inquinate) è il motivo per cui
l'EZLN ha etichettato il NAFTA come “sentenza di morte” per la popolazione
indigena. Una sentenza di morte non solo perchè delle persone saranno
uccise (molti saranno assassinati e moriranno di fame, mentre combattono o
si ritirano), ma perchè interi modi di vita vengono soppressi.
Questa è la storia del capitalismo che gli indiani americani soffrono e
contro cui reagiscono da 500 anni. La valorizzazione del capitale ha sempre
significato la svalorizzazione e la distruzione dei modi di vita non
capitalistici, sia di quelli che l'hanno preceduto sia di quelli che sono
sorti cercando di oltrepassarlo.
Ormai quasi tutti riconoscono che le vaste estinzioni provocate dalle furia
del capitalismo hanno riguardato non solo le specie animali e vegetali, ma
anche migliaia di culture umane.Gli indiani del Chiapas e quelli che li
appoggiano in tutto l'emisfero stanno lottando per conservare una diversità
umana che è valida tanto per noi quanto per loro.
Il rifiuto dello sviluppo
E’ la concretezza dei diversi progetti di autovalorizzazione che fonda la
lotta degli indiani per l'autonomia dalla trama ideologica e politica del
dominio in Messico, ma anche dai più estesi processi capitalistici di
accumulazione come imposizione di lavoro, che, nel Sud, va sotto il nome di
sviluppo.
Noi al nord ci imbattiamo in questo termine di rado, e generalmente a
riguardo di piani atti a ristrutturare i rapporti tra le comunità povere e
l'economia in generale, quando ad esempio parliamo di sviluppo comunitario,
o di sviluppo urbano. Ma nel sud lo “sviluppo” è stato non solo l'ideologia
del dominio capitalista e delle promesse socialiste, ma anche una scelta di
strategia a partire dalla disfatta del colonialismo vero e proprio e
conclamato.
Sin dall'inizio dell'offensiva dell'EZLN, per parlare della situazione del
Chiapas, veniva usata la metafora delle “due nazioni” da entrambe le parti
e da una larga varietà di scrittori indipendenti. Si tratta di un concetto
che ha trovato largo impiego negli scritti dello statista conservatore
inglese Benjamin Disraeli più di cent'anni fa. Naturalemente le due nazioni
sono quel Messico il cui sviluppo potrà essere accelerato dal NAFTA e “el
otro Mexico”, arretrato e lasciato indietro.
L'ultima soluzione definitiva proposta è, come sempre, lo “sviluppo”.
Nessuna sorpresa che il governo messicano, a meno di un mese dall'apertura
dell'offensiva dell'EZLN e dalla susseguente sconfitta del contrattacco
militare, abbia annunciato di aver creato una “Commissione Nazionale per lo
Sviluppo integrale e la Giustizia sociale per il Popolo Indigeno” e
promesso un maggior aiuto allo sviluppo nell'area, per espandere quegli
investimenti già fatti col precedente progetto di sviluppo denominato
Solidaridad. Il 27 gennaio fu anche annunciato che questi tentativi di
sviluppo regionale (ed altri in simili stati “arretrati”) sarebbero stati
sostenuti da prestiti di circa 400 milioni di dollari dalla Banca Mondiale
-prestiti che sarebbero andati a incrementare l'enorme debito
internazionale che è stato il centro della lotta di classe in Messico fin
dai primi anni Ottanta.
Le risposte dell'EZLN a queste proposte hanno articolato l'atteggiamento
consolidato di molti contadini e indiani messicani -denunciando questi
piani di sviluppo come un altro passo verso la loro assimilazione culturale
e il loro annichilimento economico. Viene sottolineato che non ci sono mai
state due nazioni; i Chiapanechi hanno già sofferto 500 anni di imposizione
capitalistica al lavoro -essi sono semplicemente stati tenuti al fondo
della gerarchia salario/reddito.
Significativamente nella sua dichiarazione di guerra iniziale, l'EZLN ha
scritto “ Usiamo il nero e il rosso nelle nostre uniformi come simbolo dei
nostri operai in sciopero “. [non è di poco conto il rilievo che il nero e
il rosso erano i colori della bandiera degli anarco-sindacalisti mandati a
combattere/reprimere la rivolta contadina di Zapata che
continuava....nel...NdT.] (Non sorprende allora,che il negoziatore federale
Camacho Solis abbia auspicato non solo la fine delle ostilità, ma anche un
“ ritorno al lavoro “!)
Gli indiani sanno anche che un ulteriore sviluppo non significa la
restituzione della loro terra o della loro autonomia. Significa una
continuazione della loro espulsione, dove essi sono ridotti a ruolo di
salariati poveri o un ruolo ben noto agli indiani del Nord America:
attrazione dell'industria turistica -un “progetto di sviluppo” favorito
nelle aree con popoli “primitvi”. Il governo, ha scritto un portavoce
dell'EZLN, vede gli indiani “come niente di più di oggetti antropologici,
curiosità turistiche o parte di un Jurassic Park”.
Programmi di sviluppo del governo? Il popolo del Chiapas li conosce bene:
“Il programma per migliorare le condizioni di povertà, questa macchiolina
nella socialdemocrazia, che lo stato messicano sbandiera e che con Salinas
de Gortari porta il nome di PRONASOL (un cosiddetto “fondo di sviluppo
sociale”, vedi a questo proposito l'articolo di Gomez) è uno scherzo che
costa lacrime e sangue a quelli che vivono sotto la pioggia e il sole”.
In una dichiarazione del 31 dicembre, il Comitato clandestino
rivoluzionario indigeno-Comando Generale (CCRI-CG) dell'EZLN affermava che
“il governo federale mente quando parla di noi...Non c'è maggior
distruzione nelle comunità della spregevole morte che i programmi economici
federali ci offrono”.
Ma il NAFTA aprirà i mercati nordamericani alle esportazioni messicane,
secondo le promesse di Clinton e Salinas, e il Messico si svilupperà più in
fretta. Anche questo l'EZLN lo capisce fin troppo bene. Il Chiapas ha già
un'economia di esportazione; è sempre stato così: “Il sudest continua ad
esportare materie prime, proprio come fa da 500 anni, e continua a
esportare il principale prodotto del capitalismo: morte e miseria”. E’ solo
retorica? L'EZLN conosce i fatti in modo dolorosamente dettagliato: “La
ricchezza naturale dello stato non se ne va solo attraverso le strade. Il
Chiapas perde sangue attraverso molte vene: attraverso oleodotti e
gasdotti, linee elettriche, vagoni e treni, conti correnti, camion e
camioncini, barche e aerei, attraverso sentieri clandestini, gole e
viottoli nella foresta. Questa terra continua a pagare un tributo agli
imperialisti: petrolio, energia elettrica, bestiame, denaro, caffè, banane,
miele, mais, cacao, tabacco, zucchero, soia, meloni, sorgo, mamey, mango,
tamarindo, avocado e il sangue del Chiapas scorre a causa delle migliaia di
denti affondati nella gola del Messico sudorientale”.
Pensano davvero Clinton e Salinas che essi possano vendere sviluppo
orientato all'esportazione agli indiani che sono già anche troppo
penosamente abituati al drenaggio della ricchezza della loro terra?
Il NAFTA apre anche il Messico alle esportazioni statunitensi. Dal punto di
vista indiano la più minacciosa è quella del mais, l'alimentazione base
della popolazione indiana e anche importante fonte di reddito monetario.
Anche se il loro rifiuto delle importazioni alimentari a basso prezzo non
ha ricevuto la stessa copertura dei media di quello dei coltivatori di riso
giapponesi, della “guerra del riso” del Sudest asiatico o dei contadini
francesi (contro il GATT), la storia è la stessa: il riconoscimento che un
flusso di alimentari a buon mercato prodotti con metodi ad alta intensità
di capitale (compresi i prodotti chimici) negli Stati Uniti abbasserà i
prezzi e li caccerà dalle loro terre. Già essi stanno soffrendo a causa dei
bassi prezzi del caffè, altra fonte di reddito mometario, dovuti al ritiro
del sostegno finanziario del governo, così il loro antagonismo non nasce
dal ragionamento astratto, ma da amara esperienza. (L'impatto economico dei
bassi prezzi del caffè è stato aumentato dalla distruzione del raccolto
attuale causata dalla controffensiva militare). Mentre il governo pare
abbia promesso circa 11 milioni di dollari di aiuti, la BANRURAL ha detto
anche che non cambierà i suoi programmi di spegnimento delle ipoteche per i
contadini indebitati. Gli indiani sanno anche che lo sviluppo significa
distruzione ecologica. Il seguente passo di un documento dell'EZLN ricorda
tristemente i primi scritti economici di Carlo Marx sulle nuove leggi in
Germania che avevano trasformato in crimine il diritti di legnatico dei
contadini:
“Essi portano via il petrolio e il gas e lasciano il marchio del
cambiamento capitalistico: distruzione ecologica, briciole agricole,
iperinflazione, alcolismo, prostituzione, povertà. La bestia non è
soddisfatta ed estende i suoi tentacoli nella foresta lacandona: otto
giacimenti di petrolio sono in via di esplorazione... gli alberi cadono e
la dinamite esplode sulla terra in cui i contadini non posono tagliare gli
alberi per coltivare. Ogni albero tagliato costa loro una multa equivalente
a dieci salari minimi e una pena detentiva. I poveri non possono tagliare
gli alberi, mentre la bestia petrolifera, sempre più in mano straniera,
può. I contadini li tagliano per sopravvivere, la bestia per
saccheggiare... Nonostante il trand di coscienza ecologica, l'estrazione
del legno continua nelle foreste del Chiapas. Tra il 19821 e il 1989 sono
stati estratti dal Chiapas 2.44,77 di legname pregiato, conifere e legname
tropicale... Nel 1988 le esportazioni di legname hanno portato a un ricavo
di 23 miliardi e 900 milioni di pesos, il 6.OOO % di più del 1980... Il
capitalismo è debitore di tutto ciò che porta via “.
Il programma dell'EZLN vuole restituire la terra ai suoi popoli, abolire i
debiti dei contadini e chiedere il ripagamento del debito contratto da
quelli che hanno sfruttato il popolo e la sua terra. Gli indiani del
Chiapas dimenticherebbero lo “sviluppo” e comincerebbero la ricostruzione
del loro mondo. Non lo farebbero in un solo modo, attraverso un piano
tracciato da un Comitato Centrale, lo farebbero in molti modi, secondo le
diverse idee, elaborato e coordinato da sforzi cooperativi.
Le richieste autonome delle donne all'interno del movimento indiano.
Questo rifiuto dello sviluppo è cresciuto fino a includere il rifiuto non
soltanto dei programmi di sviluppo dall'alto, sponsorizzati dal governo, ma
anche il rifiuto del rafforzamento di vecchie ingiustizie all'interno della
società e della cultura chiapaneca. Insieme alla lotta contro la
concentrazione della terra, lo sfruttamento del lavoro salariato e la
repressione politica, è anche cresciuta una critica del razzismo
(discriminazione dei ladinos meticci nei confronti degli indios) e dei
ruoli sessuali e dello status della donna al fondo alle gerarchie sociali.
Il carattere patriarcale della società messicana è ben noto; quello delle
comunità indiane meno riconosciuto, ma spesso non meno reale. La lotta per
la “sopravvivenza” della cultura indiana ha implicato anche la lotta per la
sua trasformazione -dall'interno. In questo caso, come al solito, quelle
che hanno sofferto di più, le donne, si sono trovate in prima linea per il
cambiamento.
Nella società indiana tradizionale, quando la buona terra era loro, prima
che gli indiani fossero spinti all'interno delle povere terre di foresta
spesso lontane dalle buone fonti d'acqua, la vita non era così dura. Le
loro pratiche agricole erano spesso ad alta intensità agricola più che a
intensità di lavoro e gli indiani erano in grado di ottenere raccolti
abbondanti e diversificati. Ma con il furto della terra e una sopravvivenza
sempre più difficile, basata su risorse sempre più scarse, la vita diventò
sempre più dura, specialmente per le donne. Alcuni dei loro compiti
tradizionali, come la preparazione del cibo e le pulizie, hanno sempre
richiesto molto lavoro, ma la situazione è andata peggiorando. Per esempio,
le donne indiane sono quelle che devono alzarsi ai primi chiarori dell'alba
per macinare il mais per la pagnotta messicana: la tortilla. Sono
generalemente le donne indiane che devono andare al torrente a prendere
acqua per cucinare, bere, fare il bagno e lavare. Sono generalmente le
donne indiane che raccolgono la legna per il fuoco (questo adesso è
illegale)e la portano a casa per cucinare. Sono generalmente le donne
indiane che cucinano, si prendono cura dei figli e dei malati. Ma il lavoro
duro rende forti le donne -se non le uccide- e queste donne hanno sfidato
il loro ruolo tradizionale.
La sfida ha trovato appoggio nell'EZLN e accettazione da parte dei suoi
leader. Non solo le donne sono state incoraggiate a unirsi all'EZLN, ma
secondo tutti i resoconti, sono trattate come eguali, al punto che molte
donne sono ufficiali. Ci si aspetta che uomini e donne portino il peso del
lavoro e della lotta in modo ugule. Quando le donne indiane si sono
organizzate in dozzine di comunità per produrre un codice dei diritti delle
donne, la leadership dell'ERZLN composta da leaders maya -il CCRI/CG- ha
adottato il codice all'unanimità. La “legge delle donne “ comprendeva il
diritto di tutte le donne “a prescindere dalla razza, credo, colore o
affiliazione politica,”, “a partecipare alla lotta in ogni modo determinato
dalla loro volontà e capacità”, il diritto a “lavorare e ricevere un giusto
salario”, il diritto a “decidere il numero dei figli che vogliono avere e
crescere”, il diritto “a partecipare ai problemi della comunità e ad avere
un incarico se sono liberamente e democraticamente elette”, il diritto
(insieme ai bambini) “all'attenzione primaria alla loro salute e
nutrizione”, il diritto “a scegliere il partner e a non essere obbligate a
sposarsi”, il diritto “ad essere libere dalla violenza sia in famiglia che
all'esterno. Lo stupro e il tentato stupro saranno severamente puniti”, il
diritto a “occupare posizioni di responsabilità nell'organizzazione (EZLN)
e ad avere ranghi militari nelle forze armate rivoluzionarie”, e infine
tutti i diritti e gli obblighi propri delle leggi e delle regole
rivoluzionarie”.
Secondo un resoconto, quando uno dei membri maschili del comitato si lasciò
sfuggire una battuta “per fortuna che mia moglie non capisce lo spagnolo”,
un ufficiale dell'EZLN lo riprese: “Ti sei fottuto da solo perché lo
tradurremo in tutte le lingue” (maya).
Chiaramente l'approvazione di questa carta dei diritti riflette sia i
problemi che le lotte delle donne all'interno delle diverse culture indiane
del Chiapas. Ciò che è insolito ed eccitante a proposito di questi sviluppi
è che queste lotte non sono marginalizzate o subordinate agli interessi di
classe, ma sono accettate come parte integrale del progetto rivoluzionario.
Conclusioni
Ho cominciato questa breve discussione con la domanda se la rivolta in
Chiapas sia solo un'altra rivolta locale o qualcosa di più. Io penso che
sia molto di più. Una volta che abbiamo compreso la sua origine, le
motivazioni e i suoi metodi, penso che possiamo imparare molto. Essa non
offre una formula da imitare. Le sue forme organizzative nuove non sono un
sostituto delle vecchie formule -leniniste o socialdemocratiche. Fornisce
qualcosa di diverso: un esempio stimolante di come si possa cercare una
soluzione agibile al problema post-socialista dell'organizzazione e della
lotta rivoluzionaria. Le lotte degli indiani del Chiapas, come pure il
movimento anti-NAFTA che ha posto le basi per la loro circolazione,
dimostrano come l'organizzazione possa procedere localmente, regionalmente
e internazionalmente attraverso una diversità di forme che possono essere
efficaci precisamente nella misura in cui esse tessono una rete di
cooperazione per attuare i progetti materiali concreti (spesso del tutto
diversi) dei partecipanti. Noi sappiamo da un pò di tempo che una
particolare organizzazione si può sostituire con grande pericolo per i
processi organizzativi . E’ una lezione che abbiamo imparato nel modo più
duro nella lotta per e poi contro i sindacati e i partiti socialdemocratici
e rivoluzionari.
Ciò che vediamo oggi è semplicemente l'emergenza di questo tessuto di
cooperazione tra i più diversi tipi di persone in grado di collegare
settori della classe operaia attraverso tutta la gerarchia salariale e di
reddito internazionale. Quel tessuto non è apparso all'improvviso dal
cielo: è stato intessuto, appunto, e nella sua tessitura molti fili si sono
spezzati e sono stati riannodati, oppure nuovi nodi sono stati fatti per
sostituire quelli che non potevano tenere. Non è facile costruire un'amaca,
ma è possibile.
Per molti versi la rivolta del Chiapas è una storia vecchia di 500 anni, ma
è anche una storia nuovissima ed eccitante. L'offensiva dell'EZLN ha avuto
luogo all'interno e con l'appoggio di un movimento internazionale di popoli
indigeni. Quel movimento stesso ha stabilito molti collegamenti con altri
tipi di persone, altri settori di classe operaia, dagli operai di fabbrica
che temono di perdere il lavoro, ai colletti bianchi che usano i più
sofisticati mezzi tecnologici di comunicazione e organizzazione
disponibili. Da quando la nascita del capitalismo ha imposto lo status di
classe operaia sulla maggior parte dei popoli del mondo, essi hanno
lottato. In quelle lotte isolamento ha significato debolezza e disfatta,
collegamento ha significato forza. Il collegamento viene dal reciproco
riconoscimento e dalla comprensione che le lotte possono essere
complementari e di reciproco rinforzo. Finchè i lavoratori degli Stati
Uniti e del Canada vedevano i Messicani come dei perfetti estranei, parti
dell'ignoto terzo mondo, il capitale poteva giocare gli uni contro gli
altri. Ma le lotte in tutto il continente hanno costretto a un grado tale
di integrazione che questo tipo di cecità sta diventando sempre più facile
da superare. Parte del lavoro del movimento anti-NAFTA ha implicato
l'accertamento dei pericoli che esso comportava e la discussione di
approcci alternativi alla luce delle diverse situazioni e bisogni. Parte
del lavoro implicava la circolazione dei risultati di quella ricerca e di
quelle consultazioni a un pubblico più ampio. Il risultato è stato l'inizio
di una trasformazione della coscienza e della comprensione della classe
operaia nord-americana e un conseguente aumento della capacità di cooperare
nella lotta.
Oggi la rivolta del Chiapas ha come risultato una mobilitazione a livello
continentale. Ma non è l'unica mobilitazione di questo genere. Le fabbriche
messicane che una volta potevano reprimere impunemente gli operai
militanti, ora sono soggette a osservazione e sanzione da parte degli
operai statunitensi e canadesi che sempre più intervengono per frenare la
repressione, proprio come i militanti indigeni e gli attivisti dei diritti
umani sono intervenuti per aiutare l'EZLN. Le compagnie multinazionali che
potevano pagare i funzionari messicani e rovescire i rifiuti tossici nelle
comunità lungo il confine sono oggi soggette a una aumentata attenzione e
sanzione da parte di operai e ecologisti. Quando l'EZLN richiede, come ha
fatto, che gli operai chiapanechi siano pagati a salari uguali a quelli che
lavorano a nord della frontiera, questo è un obiettivo sentito, compreso e
appoggiato da un crescente numero di operai settentrionali i cui salari
stanno scendendo a causa della “concorrenza” del sud. Quando le comunità
indiane del Chiapas lottano per la loro terra, questa lotta è sempre più
vista da chi è all'esterno non come reazionaria, ma come l'equivalente
delle lotte dei lavoratori salariati per più denaro, meno lavoro e maggiori
opportunità di sviluppare alternative al capitalismo.
Oggi l'EZLN ha fatto scoppiare l'equivalente sociale di un terremoto ed
esso sta rumoreggiando per tutta la società messicana. Ogni giorno c'è la
testimonianza di persone che passano dallo stupore e dalla preoccupazione
all'azione. Contadini e indiani completamente indipendenti dall'EZLN hanno
accolto il suo grido di battaglia e occupano i municipi, bloccano banche e
richiedono le loro terre e i loro diritti. Studenti e operai sono spronati
non solo a “appoggiare i campesinos”, ma a lanciare i loro scioperi contro
il dominio e lo sfruttamento per tutta la fabbrica sociale. Quanto lontano
andranno queste ondate di assestamento e quanto cambierà nel mondo
dipenderà non solo dall'EZLN o dagli indiani del Chiapas, ma dal resto, da
tutti noi.