Harry Cleaver

L'insurrezione nel Chiapas

Zapata & zapatistas (fonte Rage Against The Machine - http://www.ratm.com)

L'insurrezione nel Chiapas e le prospettive della lotta di classe nel nuovo ordine mondiale.


LAURENTINOKKUPATO * INFOSHOP 1997

@nticoyright - information for action
copy distribute contribute


Se sei venuto qui per aiutarmi,
Stai sprecando il tuo tempo...
Ma se sei venuto perchè
La tua liberazione è legata alla mia
Allora lavoriamo insieme.
(una donna aborigena)

Forse la rivolta armata dell'Esercito Nazionale di Liberazione Zapatista nello stato messicano di Chiapas è solo una delle tante proteste dei dannati della terra che hanno accompagnato i 500 anni di storia della loro resistenza? O forse è solo un'altra ripetizione, condannata in partenza, dei falliti tentativi leninisti di inquadrare i contadini nel partito organizzandoli per la distruzione dello stato? Oppure ci sono cose in questa insurrezione che avranno effetti profondi e che possono fin da ora insegnarci qualcosa su come si può lottare in questo momento storico? Io penso che le azioni degli Indiani Maya nel Chiapas e il modo in cui esse hanno circolato attraverso il Messico, fino al Nord-America e intorno al mondo, abbiano qualcosa di vitale da insegnarci.

La tessitura elettronica della lotta
La cosa più sorprendente nella sequenza degli eventi messi in moto il 1 gennaio 1994 è stata la velocità con cui le notizie hanno circolato e la rapidità con cui si sono mobilitate le forze di supporto. In primo luogo, sin dal primo giorno della rivolta armata, l'EZLN è stato capace di pubblicizzare efficacemente le sue azioni trasmettendo direttamente via fax i propri comunicati e le proprie dichiarazioni a un'ampia varietà di media dell'informazione. In secondo luogo, l'informazione che circolava attraverso i mass media sulle sue imprese e sulle sue richieste (informazione oltremodo efficace, perchè le azioni erano totalmente inattese e di proporzioni tali da fare notizia) è stata rinforzata e arricchita da una diffusione spontanea e rapida di tutti i comunicati mediante reti di comunicazione via computer che connettono un gran numero di persone interessate sia in Messico che all'estero.

Questa informazione che arrivava come un baleno all'interno dei convegni, all'interno delle reti quali PeaceNet, (ad esempio, CarNet.MexNews, soc.culture.mexican), InterNet (per esempio Mexico-l, Centam-l, Native-l) e UseNet fu allora raccolta, ordinata,compilata e talvolta sintetizzata e ridiffusa dalle parti della rete che erano particolarmente interessate. Ad esempio la Latin American Data Base, dell'Università statale del Nuovo Messico cominciò a trasmettere un compendio regolare di Chiapas News. L'“Istituto per l'Agricoltura e la Politica di Mercato” cominciò a far uscire Chiapas Digest. Il gruppo di discussione sullo sviluppo rurale messicano della rete di Antropologia applicata, cominciò a compilare notizie e analisi e a renderle disponibili mediante un gopher site facilmente accessibile: Chiapas-Zapatista News. L'Istituto di Studi latino-americani dell'Università del Texas ha duplicato quei files nel suo Lanic gopher site. L'informazione dell'esistenza e delle modalità di accesso a queste fonti sono state passate da quelli che avevano le conoscenze adatte (gli specialisti messicani) a quelli che volevano conoscerle (chiunque fosse interessato alle lotte). Non appena i documenti dell'EZLN, le notizie, i rapporti andavano in circolazione, producevano la moltiplicazione delle analisi sullo sviluppo della situazione e sul suo contesto. ed erano immediatamente accompagnati da discussioni, da informazioni aggiuntive da parte di coloro che avevano una conoscenza specifica del Chiapas (per esempio accademici che avevano fatto ricerche in quell'area, difensori dei diritti umani che avevano esperienza della sua lunga storia di abusi) e rapidamente si moltiplicavano le analisi.
Tutta questa informazione elettronica andavano ad alimentare i più tradizionali mezzi di comunicazione delle lotte di classe, quali giornali, riviste e radio militanti.

Il retroterra anti-Nafta.
La rapidità di questa diffusione non si deve solo alla capacità tecnica delle reti, ma soprattutto alla loro reattività e al grado di militanza politica. E’ l'esperienza precedente della lotta contro il NAFTA che spiega questa rapida circolazione di notizie e di analisi sulle lotte nel Chiapas.

Negli ultimi anni l'opposizione al NAFTA ha preso la forma di ampie coalizioni di gruppi di base. Quasi in ogni paese centinaia di gruppi che si opponevano al nuovo patto commerciale si sono unificati, costituendosi in una vasta coalizione, la Mexican Action Network on Free Trade.
L'unificazione fu facilitata in parte dalle discussioni e dalle scadenze costruite insieme, e in parte dall'aver condiviso informazione e analisi sul significato e sulle implicazioni dell'accordo. La comunicazione via computer è progressivamente divenuta uno strumento politico fondamentale per una rapida compartecipazione di gruppi e individui. Il processo di nascita di grandi coalizioni è avvenuto così rapidamente quale non si era mai dato in occidente.

Nel suo insieme la campagna anti-NAFTA è stata chiamata talvolta La non-Santa Alleanza, perchè accanto alle reti proletarie del movimento che costituiva la massa dell'opposizione, alcuni conservatori andarono ad aggiungere la loro voce di condanna del NAFTA, tra cui la dirigenza dell'AFL-CIO, e politici come Pat Buchanan e Ross Perot.
Queste manovre politiche per cooptare o recuperare un movimento autonomo sono tipiche della politica americana (sia in USA, che in Canada e in Messico), ma sono fallite, sicché il carattere e l'organizzazione di movimento nel suo complesso sopravvive. Benché il movimento anti-NAFTA non sia riuscito a bloccare la ratifica dell'accordo, gli sforzi per monitorare l'impatto del NAFTA, rendono più facile la crescita delle lotte per la sua abolizione.

Una nuova forma di organizzazione
Al di là dello scopo particolare di questo accordo, il processo di costruzione di un'alleanza ha creato nel nord America una nuova forma di organizzazione -una molteplicità di gruppi autonomi tra loro connessi in maniera rizomatica- che connette tutte quelle lotte che in precedenza erano avvenute in maniera separata.

La reattività di questa forma organizzativa alla dichiarazione di guerra dell'EZLN deriva proprio dalla sua composizione. Fin da subito la costruzione di una coalizione per opporsi al NAFTA ha coinvolto non solo i diretti interessati (gli operai USA che perdevano i loro posti di lavoro che i pianificatori riallocavano in Messico, i Messicani che erano minacciati dall'invasione di capitali USA), ma anche un'ampia varietà di altri soggetti che vedevano in questa riorganizzazione capitalistica delle relazioni mercantili una minaccia indiretta. Si trattava, ad esempio, dei militanti ecologici, di gruppi di donne, delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani e civili e soprattutto di organizzazioni di gruppi indigeni collegate attraverso tutto il continente.
Durante gli anni di lotta contro le posizioni del NAFTA, circolavano documenti, studi e discussioni allargate sulle interconnessioni tra le istanze di tutti questi gruppi. La lotta anti-NAFTA è stata sia catalizzatiore che veicolo per superare la separazione e l'isolamento che in precedenza avevano indebolito i gruppi che ne sono stati protagonisti.

Così, quando l'EZLN occupò Cristobal e le altre municipalità del Chiapas non ci fu solo la rapida reazione di tutti quelli che avevano direttamente a che fare con le lotte dei popoli indigeni, ma reagirono anche tutte le connessioni organizzative della rete che erano state precedentemente attivate per opporsi al Nafta.
I computers che ogni giorno avevano battuto comunicazioni e dibattiti di un ampio assortimento di gruppi e alleanze anti-Nafta, erano già pronti per coloro che in seguito si sarebbero mobilitati in appoggio all'EZLN: la prima informazione è entrata nella posta elettronica regolare del Monitoraggio sul Nafta, in Trade-News oppure in Trade strategy,sia su PeaceNet che su InterNet. Anche se i portavoce dell'EZLN non avevano condannato esplicitamente il NAFTA, né avevano regolato i tempi della loro offensiva in modo che coincidessero col primo giorno della sua operatività in Messico, le connessioni tra questi eventi si operarono in tutta la rete anti-Nafta.

Dall'azione comunicativa a quella fisica
La preesistenza di una tale rete di connessioni aiuta a spiegare perchè la circolazione incredibilmente rapida delle notizie è stata seguita non solo da analisi e da dichiarazioni di sostegno, ma anche da un'ampia varietà di azioni. Nei primi giorni di gennaio fino al mese di febbraio vi sono state le consuete manifestazioni di appoggio da parte di quei gruppi della sinistra che mantengono viva la tradizione di solidarietà internazionale, ma la cosa sorprendente e significativa è stata la mobilitazione rapida di altri gruppi che non solo sono scesi in strada -per esempio le enormi manifestazioni in Messico e quelle minori in tutti gli Stati Uniti e il Canada (di solito di fronte all'ambasciata e ai consolati messicani)- ma hanno subito inviato rappresentanti in Chiapas per arginare la repressione del governo col controllo ravvicinato sulle sue azioni, documentando i suoi crimini e denunciandoli pubblicamente. Non ci sono dubbi che le loro iniziative -e la rapida susseguente circolazione delle loro dichiarazioni su ciò che hanno visto- hanno contribuito a ottundere la controffensiva militare federale, esercitando una pressione (insieme a tutte le altre forme di protesta in Messico e all'estero) per costringere lo stato ad abbassare il profilo della repressione militare, accettare la mediazione e intraprendere negoziati con un nemico armato che, secondo ogni evidenza, avrebbe preferito distruggere (se avesse potuto, il che non è affatto scontato).

Movimento indigeno autonomo
Accoglienza - Foto di Massimo Boldrini - Aguascalientes II Oventic agosto 1996 Particolarmente importante è stata l'opera dei gruppi che si occupano di diritti umani, sia religiosi (per esempio i vescovi cattolici del Chiapas, il Comitato canadese inter-chiese per i diritti umani in America Latina) sia secolari (Amnesty International, Human Right Watch, Rete Nazionale Messicana delle Organizzazioni per i Diritti Civili e Umani) -la cui capacità d'intervento è aumentata in questi anni- ma anche e soprattutto del movimento dei popoli indigeni che da un pò di tempo si organizza non più solo localmente, ma sempre più su scala internazionale.
All'interno del Messico in questi ultimi decenni gruppi e comunità indiane e contadine hanno sviluppato reti di cooperazione per lottare per le cose di cui hanno bisogno: cose come scuole, acqua potabile, restituzione delle terre, libertà dalla repressione statale (tortura della polizia e dell'esercito, imprigionamente e assassini ecc.). Stante la piena autonomia delle comunità che vi partecipano -talvolta basate sulla lingua e la cultura etnica tradizionale- queste reti si sono formate, come la rete elettronica di cui abbiamo parlato, in modo orizzontale, non gerarchico. In realtà il termine spesso usato dai partecipanti a queste “reti” -il cui termine Net evoca l'essere preso- è hammock (amaca), il nome di un letto sospeso fatto di fili intrecciati a maglie larghe che si aggiusta a seconda delle necessità del corpo di chi lo usa. Queste reti, sviluppatesi per collegare comunità contadine e indigene, non solo collegano i villaggi nelle campagne, ma raggiungono anche le città dove i quartieri creati dagli immigrati rurali urbanizzati mantengono le loro connessioni con i luoghi di origine rurali.
Molti gruppi indigeni con lingua e cultura indiana chiaramente definita non si sono solo organizzati come tali per autodifesa, ma si sono messi in contatto tra di loro per formare alleanze regionali e internazionali. Questo processo è in corso in modo accelerato da parecchi anni non soltanto in Messico, ma nella maggior parte delle Americhe e oltre.
Spronati a compiere nuovi sforzi dall'esempio del movimento per i diritti civili afroamericano in nord-America alla metà degli anni sessanta (per esempio l' American Indian Mouvement) e costretti all'azione dagli assalti, incoraggiati dallo stato, contro le loro terre in America centrale e meridionale (per esempio l'enclosure dell'Amazzonia) - i popoli indigeni stanno superando le divisioni spaziali e politiche che li hanno isolati e indeboliti, attraverso l'alleanza e l'aiuto reciproco.
Nel 1990 fu organizzato a Quito, Ecuador, un primo incontro continentale dei popoli indigeni. Delegati di oltre duecento nazioni indigene vennero da tutto l'emisfero occidentale e diedero il via a un movimento di collaborazione per ottenere l'unità continentale. Per sostenere tale processo in una successiva riunione a Panama nel 1991 si diede vita alla CONIC ( Commissione di Coordinamento continentale delle Organizzazioni e Nazioni indigene). Simbolo centrale e metafora di tale iniziativa è l'immagine maya dell'aquila e del condor con i colli intrecciati. La tradizione vuole che l'aquila rappresenti i popoli nordamericani e il condor quelli del continante meridionale. L'unità ricercata non è l'unità del partito politico o del sindacato -congelata e perpetuata attraverso un corpo di controllo centrale- ma piuttosto un'unità di comunicazione e aiuto reciproco tra nazioni e popoli autonomi.
Un secondo incontro continentale è stato oganizzato nell'ottobre del 1993 a Temoaya, Messico. Uno dei gruppi ospiti del convegno era il Frente indipendiente de pueblos indios (FIPI) e uno dei membri del FIPI era il COLPULMALI di San Cristobal nel Chiapas, una delle città dov'è cominciata l'offensiva dell'EZLN. COLPULMALI stà per Comitato di Coordinamento delle Organizzazioni del Popolo Maya in Lotta per la sua Liberazione. COLPULMALI sembra composto di 11 organizzazioni maya provenienti dalle tre regioni del Chiapas che hanno visto gli scontri più violenti dopo il I gennaio.
Fronteggiato dalla violenza della controffensiva militare messicana, il FIPI ha chiesto al CONIC di inviare osservatori indiani della loro rete in Chiapas per collaborare a controllare la violenza statale. Il CONIC ha risposto immediatamente, organizzando delegazioni internazionali che hanno perlustrato le zone dei combattimenti. Quando le delegazioni sono giunte in Chiapas sono stati ricevute dai funzionari locali del Consiglio Statale delle Organizzazioni Indigene e Contadine -composto da 280 organizzazioni indigene e contadine dello stato. Questo genere di pubblicità e pressione internazionale il 25 gennaio ha costretto il presidente messicano Salinas a incontrarsi con 42 rappresentanti del Consiglio, un incontro che bypassava i canali politici ufficiali di mediazione e legittimava (con grande dispiacere dello Stato) l'organizzazione politica autonoma degli indiani. L'EZLN ha respinto non solo le agenzie governative, ma ha anche respinto esplicitamente ogni mediazione dei rappresentanti dei partiti politici.In un comunicato del 13 gennaio l'EZLN aveva dichiarato che i mediatori “non devono appartenere ad alcun partito politico”.”Non vogliamo che la nostra lotta sia usata dai vari partiti per ottenere benefici elettorali, né vogliamo che il sentimento che sorregge la nostra lotta sia male interpretato”.
Le posizioni dell'EZLN e più in generale quelle degli indiani del Chiapas sono state estremamente rafforzate nella loro lotta attuale dall'azione organizzata delle reti internazionali. E’ la forza che ha costretto il governo al tavolo delle trattative.

Le radici dell'organizzazione: autovalorizzazione
Queste nuove forme organizzative non sono sorte dal nulla, ma sono emerse sul terreno materiale della attività autonoma dei popoli indigeni. In un periodo in cui le affermazioni di identità nazionale ed etnica hanno acquistato risonanze drammaticamente negative in Europa -a causa della brutalità omicida perpetuata nell'ex Yugoslavia e in aree dell'ex Unione Sovietica- la formazione di nuove organizzazioni regionali e internazionali di popoli indigeni in America che collaborano per l'appoggio reciproco, crea uno stridente contrasto.
A livello strettamente ideologico dell'identità nazionale ed etnica, le situazioni dell'Europa centrale e dell'America hanno somiglianze superficiali dal punto di vista dell'affermazione del diritto all'autodeterminazione entro spazi geograficamente definiti. I Bosniaci, i Serbi, i Croati, gli Azeri, i Georgiani ecc., tutti asseriscono il diritto alla propria terra, lingua e cultura, proprio come i gruppi indigeni in America.
Ma a un livello più profondo -quello della sostanza dei rapporti sociali incorporata in quelle culture, lingue e rapporto con la terra- sembra ci siano differenze fondamentali. A prescindere dalle differenze, i desideri e gli scopi dei contendenti dell'Europa centrale sembrano essere inscindibili (all'interno dell'attuale configurazione politica) dalle strutture ereditate dell'accumulazione capitalistica, intese come strutture di comando sociale organizzate attraverso la subordinazione della vita al lavoro infinito. I politicanti postcomunisti che hanno a tutti i costi trasformato le differenze etniche e tradizionali in antagonismo, odio e violenza non mostrano alcun segno di un qualsiasi progetto sociale che non sia l'allargamento della loro quota di comando sociale. Che tale comando debba oggi riprendere la forma di massacro, umiliazione, stupro sistematico e distruzione di comunità, mentre domani può prendere la forma di lavoro di fabbrica, lavoro d'ufficio e ideologia dissennata, è del tutto coerente con l'esperienza degli ultimi cento anni di capitalismo. A tutt'oggi non c'è alcuna prova di un riorientamento fondamentale dell'ordine socioeconomico dell'Europa centrale, al di là di una riorganizzazione politica e di un uso allargato dei meccanismi di mercato per ottenere accumulazione. Certamente c'è chi si pone domande fondamentali tra i popoli centro-europei; ci sono individui e gruppi che lottano con visioni più profonde contro l'attuale olocausto. Sfortunatamente il loro potere è così limitato che la loro voce è quasi inudibile in una regione dominata, dai suoni della guerra e dell'odio.

Tra le nazioni e i popoli indiani delle Americhe, invece, l'affermazione di identità nazionale, di unicità culturale e di autonomia lingistica e politica, è radicata non solo in un'ampia critica delle varie forme di cultura occidentale e di organizzazione capitalista imposte loro attraverso la conquista, il colonialismo e il genocidio, ma anche nella pratica affermativa di un'ampia varietà di comportamenti rinnovati e reinventati che comprendono sia il campo delle relazioni sociali sia quello del rapporto tra comunità umana e il resto della natura.
Le lotte degli indiani del Chiapas non sono dirette solo contro il loro sfruttamento, contro la mancanza di rispetto con cui sono stati tradizionalmente trattati, contro la brutalità della repressione mediante guardie private, polizia ed esercito messicano, contro il furto delle loro terre e delle loro risorse, ma sono dirette ad espandere lo spazio e il tempo e le risorse disponibili per l'eleborazione dei propri modi di essere, la loro cultura, religione ecc. Essi non stanno lottando per avere un pezzo più grande della torta, ma per reale autonomia da un sistema sociale. Quel sistema sociale che, essi lo sanno molto bene, li ha sempre schiavizzati tentando in tutti i modi di distruggere il loro modo di vita. Si tratta dunque della ricerca di una autonomia positiva entro la quale poter autovalorizzarsi, cioè inventare e sviluppare il loro modo di essere. Va sottolineato che questo processo non è così lineare e privo di contraddizioni, come potremo vedere in seguito esaminando la carta dei diritti delle donne indigene.
Tale autovalorizzazione è stata spesso rappresentata dagli osservatori esterni, e talvolta anche da quelli direttamente coinvolti, in termini di conservazione della tradizione, dei modi e delle pratiche tradizionali. Lo scopo di questa rappresentazione (e talvolta autorappresentazione) è di far apparire i popoli indigeni come fondamentalmente reazionari, dalla mentalità arretrata e statica, sopravvivenze conservatrici dei tempi del precapitalismo. Invece, i processi attuali della vita sociale all'interno delle comunità indigene sono molto più complessi e dinamici di quanto sia comunemente riconosciuto. Dai marxisti ortodossi che hanno visto solo l'“idiozia” della vita rurale e discusso su come trasformare indiani e contadini in buoni proletari, fino agli scienziati politici e agli economisti del secondo dopoguerra che hanno visto soltanto la “irrazionalità” e discusso come modernizzare le aree rurali e rendere l'agricoltura più efficiente, non è un'esagerazione dire che gli intellettuali urbani appartenenti ad ogni sfumatura dello spettro politico hanno male interpretato -involontariamente, oppure perchè serviva al loro scopo- la vita e i desideri dei contadini e dei popoli indigeni.
Tuttavia, in questi ultimi vent'anni circa, i contadini e gli indiani sono riusciti a farsi sentire al di sopra delle risatine di ideologi e pianificatori.

Ciò è accaduto in gran parte a causa della loro attività autonoma, di quell'organizzazione autonoma che abbiamo già descritta, ma in parte anche a causa dei mutamenti fondamentali nella composizione di classe complessiva che ha reso molte persone molto più disponibili ad ascoltare. Non solo le lotte di ogni tipo di “minoranze” hanno portato a una maggiore interazione e cooperazione tra di loro, ma la critica qualitativa del capitalismo ha portato ogni genere di persone a cercare fonti alternative di senso da attribuire ai loro processi di autorigenerazione e autovalorizzazione. D'altro lato, i popoli indigeni stessi si sono organizzati su temi di più ampio ascolto, formando gruppi come Indigenous Environmental Network (IEN) -uno di quei gruppi che ha protestato contro la repressione in Chiapas. D'altro lato un assortimento di individui e gruppi apparentemente senza fine che vanno dai romantici new age agli ecologisti praticanti hanno tratto ispirazione da idee e pratiche indiane per dare nuova forma alla loro vita. Da nessun'altra parte ciò è stato più ovvio che nel movimento ecologico, dove molti hanno esplorato gli atteggiamenti e le pratiche indigene per cercare ispirazione nella ristrutturazione del rapporto umano con la natura. E allora non dovrebbe essere una sorpresa per molti che al centro del conflitto in Chiapas oggi vi sia la terra, proprio come i tempi del rivoluzionario messicano Emiliano Zapata, da cui l'EZLN prende il nome. Infatti, gli indiani del Chiapas furono per lo più esclusi dalle riforme agrarie cominciate nel 1934 con la presidenza di Lazaro Cardenas, non solo,ma negli anni successivi gli agrari locali hanno usato ripetutamente metodi legali e illegali per strappare sempre più terra agli indiani. Il processo di accumulazione originaria è diventato permanente e il procedimento delle enclosures è diventato una tortura infinita per gli indiani del Chiapas.
Inoltre il legame esplicito tra la dichiarazione di guerra dell'EZLN e il Nafta derivava in parte dal contributo di quest'ultimo alla enclosure delle terre indiane. Usando il Nafta e uno dei famigerati programmi di adeguemento strutturale del FMI come scusa, il governo messicano ha recentemente cambiato l'articolo 27 della costituzione del 1917 che proteggeva le terre comuni dall'enclosure, e in questo modo ha reso legale la loro vendita e concentrazione nelle mani dell'agrobusiness locale e multinazionale.(vedi anche l'articolo di Gomez sull'attacco all'ejido) Già la BANRURAL, la Banca governativa per lo sviluppo rurale, sta effettuando massicce pratiche per estiguere il diritto a mantenere le ipoteche dei contadini indebitati. La vendita delle terre ipotecate all'agrobusiness straniero aiuterà a creare depositi in valuta straniera per continuare a pagare il debito estero messicano. Questo è ciò che gli indiani hanno visto e questo è ciò che l'EZLN ha mostrato al mondo.
Alla fine di gennaio, ispirati dai successi dell'EZLN, migliaia di contadini hanno bloccato l'entrata a una dozzina di banche di Tapachula, una città chiapaneca vicino al confine col Guatemala. I loro obiettivi? La cancellazione dei debiti e il blocco dell'esperimento delle ipoteche. Questa storia, che prosegue a tutt'oggi, dell'esproprio delle terre indigene e contadine (e sta accelerando l'espulsione dalle campagne verso città già orribilmente sovraffollate e inquinate) è il motivo per cui l'EZLN ha etichettato il NAFTA come “sentenza di morte” per la popolazione indigena. Una sentenza di morte non solo perchè delle persone saranno uccise (molti saranno assassinati e moriranno di fame, mentre combattono o si ritirano), ma perchè interi modi di vita vengono soppressi.
Questa è la storia del capitalismo che gli indiani americani soffrono e contro cui reagiscono da 500 anni. La valorizzazione del capitale ha sempre significato la svalorizzazione e la distruzione dei modi di vita non capitalistici, sia di quelli che l'hanno preceduto sia di quelli che sono sorti cercando di oltrepassarlo.
Ormai quasi tutti riconoscono che le vaste estinzioni provocate dalle furia del capitalismo hanno riguardato non solo le specie animali e vegetali, ma anche migliaia di culture umane.Gli indiani del Chiapas e quelli che li appoggiano in tutto l'emisfero stanno lottando per conservare una diversità umana che è valida tanto per noi quanto per loro.

Il rifiuto dello sviluppo
E’ la concretezza dei diversi progetti di autovalorizzazione che fonda la lotta degli indiani per l'autonomia dalla trama ideologica e politica del dominio in Messico, ma anche dai più estesi processi capitalistici di accumulazione come imposizione di lavoro, che, nel Sud, va sotto il nome di sviluppo.
Noi al nord ci imbattiamo in questo termine di rado, e generalmente a riguardo di piani atti a ristrutturare i rapporti tra le comunità povere e l'economia in generale, quando ad esempio parliamo di sviluppo comunitario, o di sviluppo urbano. Ma nel sud lo “sviluppo” è stato non solo l'ideologia del dominio capitalista e delle promesse socialiste, ma anche una scelta di strategia a partire dalla disfatta del colonialismo vero e proprio e conclamato.
Sin dall'inizio dell'offensiva dell'EZLN, per parlare della situazione del Chiapas, veniva usata la metafora delle “due nazioni” da entrambe le parti e da una larga varietà di scrittori indipendenti. Si tratta di un concetto che ha trovato largo impiego negli scritti dello statista conservatore inglese Benjamin Disraeli più di cent'anni fa. Naturalemente le due nazioni sono quel Messico il cui sviluppo potrà essere accelerato dal NAFTA e “el otro Mexico”, arretrato e lasciato indietro.
L'ultima soluzione definitiva proposta è, come sempre, lo “sviluppo”. Nessuna sorpresa che il governo messicano, a meno di un mese dall'apertura dell'offensiva dell'EZLN e dalla susseguente sconfitta del contrattacco militare, abbia annunciato di aver creato una “Commissione Nazionale per lo Sviluppo integrale e la Giustizia sociale per il Popolo Indigeno” e promesso un maggior aiuto allo sviluppo nell'area, per espandere quegli investimenti già fatti col precedente progetto di sviluppo denominato Solidaridad. Il 27 gennaio fu anche annunciato che questi tentativi di sviluppo regionale (ed altri in simili stati “arretrati”) sarebbero stati sostenuti da prestiti di circa 400 milioni di dollari dalla Banca Mondiale -prestiti che sarebbero andati a incrementare l'enorme debito internazionale che è stato il centro della lotta di classe in Messico fin dai primi anni Ottanta.
Le risposte dell'EZLN a queste proposte hanno articolato l'atteggiamento consolidato di molti contadini e indiani messicani -denunciando questi piani di sviluppo come un altro passo verso la loro assimilazione culturale e il loro annichilimento economico. Viene sottolineato che non ci sono mai state due nazioni; i Chiapanechi hanno già sofferto 500 anni di imposizione capitalistica al lavoro -essi sono semplicemente stati tenuti al fondo della gerarchia salario/reddito.
Significativamente nella sua dichiarazione di guerra iniziale, l'EZLN ha scritto “ Usiamo il nero e il rosso nelle nostre uniformi come simbolo dei nostri operai in sciopero “. [non è di poco conto il rilievo che il nero e il rosso erano i colori della bandiera degli anarco-sindacalisti mandati a combattere/reprimere la rivolta contadina di Zapata che continuava....nel...NdT.] (Non sorprende allora,che il negoziatore federale Camacho Solis abbia auspicato non solo la fine delle ostilità, ma anche un “ ritorno al lavoro “!)
Gli indiani sanno anche che un ulteriore sviluppo non significa la restituzione della loro terra o della loro autonomia. Significa una continuazione della loro espulsione, dove essi sono ridotti a ruolo di salariati poveri o un ruolo ben noto agli indiani del Nord America: attrazione dell'industria turistica -un “progetto di sviluppo” favorito nelle aree con popoli “primitvi”. Il governo, ha scritto un portavoce dell'EZLN, vede gli indiani “come niente di più di oggetti antropologici, curiosità turistiche o parte di un Jurassic Park”.
Programmi di sviluppo del governo? Il popolo del Chiapas li conosce bene: “Il programma per migliorare le condizioni di povertà, questa macchiolina nella socialdemocrazia, che lo stato messicano sbandiera e che con Salinas de Gortari porta il nome di PRONASOL (un cosiddetto “fondo di sviluppo sociale”, vedi a questo proposito l'articolo di Gomez) è uno scherzo che costa lacrime e sangue a quelli che vivono sotto la pioggia e il sole”. In una dichiarazione del 31 dicembre, il Comitato clandestino rivoluzionario indigeno-Comando Generale (CCRI-CG) dell'EZLN affermava che “il governo federale mente quando parla di noi...Non c'è maggior distruzione nelle comunità della spregevole morte che i programmi economici federali ci offrono”.
Ma il NAFTA aprirà i mercati nordamericani alle esportazioni messicane, secondo le promesse di Clinton e Salinas, e il Messico si svilupperà più in fretta. Anche questo l'EZLN lo capisce fin troppo bene. Il Chiapas ha già un'economia di esportazione; è sempre stato così: “Il sudest continua ad esportare materie prime, proprio come fa da 500 anni, e continua a esportare il principale prodotto del capitalismo: morte e miseria”. E’ solo retorica? L'EZLN conosce i fatti in modo dolorosamente dettagliato: “La ricchezza naturale dello stato non se ne va solo attraverso le strade. Il Chiapas perde sangue attraverso molte vene: attraverso oleodotti e gasdotti, linee elettriche, vagoni e treni, conti correnti, camion e camioncini, barche e aerei, attraverso sentieri clandestini, gole e viottoli nella foresta. Questa terra continua a pagare un tributo agli imperialisti: petrolio, energia elettrica, bestiame, denaro, caffè, banane, miele, mais, cacao, tabacco, zucchero, soia, meloni, sorgo, mamey, mango, tamarindo, avocado e il sangue del Chiapas scorre a causa delle migliaia di denti affondati nella gola del Messico sudorientale”.
Pensano davvero Clinton e Salinas che essi possano vendere sviluppo orientato all'esportazione agli indiani che sono già anche troppo penosamente abituati al drenaggio della ricchezza della loro terra?
Il NAFTA apre anche il Messico alle esportazioni statunitensi. Dal punto di vista indiano la più minacciosa è quella del mais, l'alimentazione base della popolazione indiana e anche importante fonte di reddito monetario. Anche se il loro rifiuto delle importazioni alimentari a basso prezzo non ha ricevuto la stessa copertura dei media di quello dei coltivatori di riso giapponesi, della “guerra del riso” del Sudest asiatico o dei contadini francesi (contro il GATT), la storia è la stessa: il riconoscimento che un flusso di alimentari a buon mercato prodotti con metodi ad alta intensità di capitale (compresi i prodotti chimici) negli Stati Uniti abbasserà i prezzi e li caccerà dalle loro terre. Già essi stanno soffrendo a causa dei bassi prezzi del caffè, altra fonte di reddito mometario, dovuti al ritiro del sostegno finanziario del governo, così il loro antagonismo non nasce dal ragionamento astratto, ma da amara esperienza. (L'impatto economico dei bassi prezzi del caffè è stato aumentato dalla distruzione del raccolto attuale causata dalla controffensiva militare). Mentre il governo pare abbia promesso circa 11 milioni di dollari di aiuti, la BANRURAL ha detto anche che non cambierà i suoi programmi di spegnimento delle ipoteche per i contadini indebitati. Gli indiani sanno anche che lo sviluppo significa distruzione ecologica. Il seguente passo di un documento dell'EZLN ricorda tristemente i primi scritti economici di Carlo Marx sulle nuove leggi in Germania che avevano trasformato in crimine il diritti di legnatico dei contadini:
“Essi portano via il petrolio e il gas e lasciano il marchio del cambiamento capitalistico: distruzione ecologica, briciole agricole, iperinflazione, alcolismo, prostituzione, povertà. La bestia non è soddisfatta ed estende i suoi tentacoli nella foresta lacandona: otto giacimenti di petrolio sono in via di esplorazione... gli alberi cadono e la dinamite esplode sulla terra in cui i contadini non posono tagliare gli alberi per coltivare. Ogni albero tagliato costa loro una multa equivalente a dieci salari minimi e una pena detentiva. I poveri non possono tagliare gli alberi, mentre la bestia petrolifera, sempre più in mano straniera, può. I contadini li tagliano per sopravvivere, la bestia per saccheggiare... Nonostante il trand di coscienza ecologica, l'estrazione del legno continua nelle foreste del Chiapas. Tra il 19821 e il 1989 sono stati estratti dal Chiapas 2.44,77 di legname pregiato, conifere e legname tropicale... Nel 1988 le esportazioni di legname hanno portato a un ricavo di 23 miliardi e 900 milioni di pesos, il 6.OOO % di più del 1980... Il capitalismo è debitore di tutto ciò che porta via “.
Il programma dell'EZLN vuole restituire la terra ai suoi popoli, abolire i debiti dei contadini e chiedere il ripagamento del debito contratto da quelli che hanno sfruttato il popolo e la sua terra. Gli indiani del Chiapas dimenticherebbero lo “sviluppo” e comincerebbero la ricostruzione del loro mondo. Non lo farebbero in un solo modo, attraverso un piano tracciato da un Comitato Centrale, lo farebbero in molti modi, secondo le diverse idee, elaborato e coordinato da sforzi cooperativi.

Le richieste autonome delle donne all'interno del movimento indiano.
Questo rifiuto dello sviluppo è cresciuto fino a includere il rifiuto non soltanto dei programmi di sviluppo dall'alto, sponsorizzati dal governo, ma anche il rifiuto del rafforzamento di vecchie ingiustizie all'interno della società e della cultura chiapaneca. Insieme alla lotta contro la concentrazione della terra, lo sfruttamento del lavoro salariato e la repressione politica, è anche cresciuta una critica del razzismo (discriminazione dei ladinos meticci nei confronti degli indios) e dei ruoli sessuali e dello status della donna al fondo alle gerarchie sociali. Il carattere patriarcale della società messicana è ben noto; quello delle comunità indiane meno riconosciuto, ma spesso non meno reale. La lotta per la “sopravvivenza” della cultura indiana ha implicato anche la lotta per la sua trasformazione -dall'interno. In questo caso, come al solito, quelle che hanno sofferto di più, le donne, si sono trovate in prima linea per il cambiamento.
Nella società indiana tradizionale, quando la buona terra era loro, prima che gli indiani fossero spinti all'interno delle povere terre di foresta spesso lontane dalle buone fonti d'acqua, la vita non era così dura. Le loro pratiche agricole erano spesso ad alta intensità agricola più che a intensità di lavoro e gli indiani erano in grado di ottenere raccolti abbondanti e diversificati. Ma con il furto della terra e una sopravvivenza sempre più difficile, basata su risorse sempre più scarse, la vita diventò sempre più dura, specialmente per le donne. Alcuni dei loro compiti tradizionali, come la preparazione del cibo e le pulizie, hanno sempre richiesto molto lavoro, ma la situazione è andata peggiorando. Per esempio, le donne indiane sono quelle che devono alzarsi ai primi chiarori dell'alba per macinare il mais per la pagnotta messicana: la tortilla. Sono generalemente le donne indiane che devono andare al torrente a prendere acqua per cucinare, bere, fare il bagno e lavare. Sono generalmente le donne indiane che raccolgono la legna per il fuoco (questo adesso è illegale)e la portano a casa per cucinare. Sono generalmente le donne indiane che cucinano, si prendono cura dei figli e dei malati. Ma il lavoro duro rende forti le donne -se non le uccide- e queste donne hanno sfidato il loro ruolo tradizionale.
La sfida ha trovato appoggio nell'EZLN e accettazione da parte dei suoi leader. Non solo le donne sono state incoraggiate a unirsi all'EZLN, ma secondo tutti i resoconti, sono trattate come eguali, al punto che molte donne sono ufficiali. Ci si aspetta che uomini e donne portino il peso del lavoro e della lotta in modo ugule. Quando le donne indiane si sono organizzate in dozzine di comunità per produrre un codice dei diritti delle donne, la leadership dell'ERZLN composta da leaders maya -il CCRI/CG- ha adottato il codice all'unanimità. La “legge delle donne “ comprendeva il diritto di tutte le donne “a prescindere dalla razza, credo, colore o affiliazione politica,”, “a partecipare alla lotta in ogni modo determinato dalla loro volontà e capacità”, il diritto a “lavorare e ricevere un giusto salario”, il diritto a “decidere il numero dei figli che vogliono avere e crescere”, il diritto “a partecipare ai problemi della comunità e ad avere un incarico se sono liberamente e democraticamente elette”, il diritto (insieme ai bambini) “all'attenzione primaria alla loro salute e nutrizione”, il diritto “a scegliere il partner e a non essere obbligate a sposarsi”, il diritto “ad essere libere dalla violenza sia in famiglia che all'esterno. Lo stupro e il tentato stupro saranno severamente puniti”, il diritto a “occupare posizioni di responsabilità nell'organizzazione (EZLN) e ad avere ranghi militari nelle forze armate rivoluzionarie”, e infine tutti i diritti e gli obblighi propri delle leggi e delle regole rivoluzionarie”.
Secondo un resoconto, quando uno dei membri maschili del comitato si lasciò sfuggire una battuta “per fortuna che mia moglie non capisce lo spagnolo”, un ufficiale dell'EZLN lo riprese: “Ti sei fottuto da solo perché lo tradurremo in tutte le lingue” (maya).
Chiaramente l'approvazione di questa carta dei diritti riflette sia i problemi che le lotte delle donne all'interno delle diverse culture indiane del Chiapas. Ciò che è insolito ed eccitante a proposito di questi sviluppi è che queste lotte non sono marginalizzate o subordinate agli interessi di classe, ma sono accettate come parte integrale del progetto rivoluzionario.

Conclusioni
Ho cominciato questa breve discussione con la domanda se la rivolta in Chiapas sia solo un'altra rivolta locale o qualcosa di più. Io penso che sia molto di più. Una volta che abbiamo compreso la sua origine, le motivazioni e i suoi metodi, penso che possiamo imparare molto. Essa non offre una formula da imitare. Le sue forme organizzative nuove non sono un sostituto delle vecchie formule -leniniste o socialdemocratiche. Fornisce qualcosa di diverso: un esempio stimolante di come si possa cercare una soluzione agibile al problema post-socialista dell'organizzazione e della lotta rivoluzionaria. Le lotte degli indiani del Chiapas, come pure il movimento anti-NAFTA che ha posto le basi per la loro circolazione, dimostrano come l'organizzazione possa procedere localmente, regionalmente e internazionalmente attraverso una diversità di forme che possono essere efficaci precisamente nella misura in cui esse tessono una rete di cooperazione per attuare i progetti materiali concreti (spesso del tutto diversi) dei partecipanti. Noi sappiamo da un pò di tempo che una particolare organizzazione si può sostituire con grande pericolo per i processi organizzativi . E’ una lezione che abbiamo imparato nel modo più duro nella lotta per e poi contro i sindacati e i partiti socialdemocratici e rivoluzionari.
Ciò che vediamo oggi è semplicemente l'emergenza di questo tessuto di cooperazione tra i più diversi tipi di persone in grado di collegare settori della classe operaia attraverso tutta la gerarchia salariale e di reddito internazionale. Quel tessuto non è apparso all'improvviso dal cielo: è stato intessuto, appunto, e nella sua tessitura molti fili si sono spezzati e sono stati riannodati, oppure nuovi nodi sono stati fatti per sostituire quelli che non potevano tenere. Non è facile costruire un'amaca, ma è possibile.
Per molti versi la rivolta del Chiapas è una storia vecchia di 500 anni, ma è anche una storia nuovissima ed eccitante. L'offensiva dell'EZLN ha avuto luogo all'interno e con l'appoggio di un movimento internazionale di popoli indigeni. Quel movimento stesso ha stabilito molti collegamenti con altri tipi di persone, altri settori di classe operaia, dagli operai di fabbrica che temono di perdere il lavoro, ai colletti bianchi che usano i più sofisticati mezzi tecnologici di comunicazione e organizzazione disponibili. Da quando la nascita del capitalismo ha imposto lo status di classe operaia sulla maggior parte dei popoli del mondo, essi hanno lottato. In quelle lotte isolamento ha significato debolezza e disfatta, collegamento ha significato forza. Il collegamento viene dal reciproco riconoscimento e dalla comprensione che le lotte possono essere complementari e di reciproco rinforzo. Finchè i lavoratori degli Stati Uniti e del Canada vedevano i Messicani come dei perfetti estranei, parti dell'ignoto terzo mondo, il capitale poteva giocare gli uni contro gli altri. Ma le lotte in tutto il continente hanno costretto a un grado tale di integrazione che questo tipo di cecità sta diventando sempre più facile da superare. Parte del lavoro del movimento anti-NAFTA ha implicato l'accertamento dei pericoli che esso comportava e la discussione di approcci alternativi alla luce delle diverse situazioni e bisogni. Parte del lavoro implicava la circolazione dei risultati di quella ricerca e di quelle consultazioni a un pubblico più ampio. Il risultato è stato l'inizio di una trasformazione della coscienza e della comprensione della classe operaia nord-americana e un conseguente aumento della capacità di cooperare nella lotta.
Oggi la rivolta del Chiapas ha come risultato una mobilitazione a livello continentale. Ma non è l'unica mobilitazione di questo genere. Le fabbriche messicane che una volta potevano reprimere impunemente gli operai militanti, ora sono soggette a osservazione e sanzione da parte degli operai statunitensi e canadesi che sempre più intervengono per frenare la repressione, proprio come i militanti indigeni e gli attivisti dei diritti umani sono intervenuti per aiutare l'EZLN. Le compagnie multinazionali che potevano pagare i funzionari messicani e rovescire i rifiuti tossici nelle comunità lungo il confine sono oggi soggette a una aumentata attenzione e sanzione da parte di operai e ecologisti. Quando l'EZLN richiede, come ha fatto, che gli operai chiapanechi siano pagati a salari uguali a quelli che lavorano a nord della frontiera, questo è un obiettivo sentito, compreso e appoggiato da un crescente numero di operai settentrionali i cui salari stanno scendendo a causa della “concorrenza” del sud. Quando le comunità indiane del Chiapas lottano per la loro terra, questa lotta è sempre più vista da chi è all'esterno non come reazionaria, ma come l'equivalente delle lotte dei lavoratori salariati per più denaro, meno lavoro e maggiori opportunità di sviluppare alternative al capitalismo.
Oggi l'EZLN ha fatto scoppiare l'equivalente sociale di un terremoto ed esso sta rumoreggiando per tutta la società messicana. Ogni giorno c'è la testimonianza di persone che passano dallo stupore e dalla preoccupazione all'azione. Contadini e indiani completamente indipendenti dall'EZLN hanno accolto il suo grido di battaglia e occupano i municipi, bloccano banche e richiedono le loro terre e i loro diritti. Studenti e operai sono spronati non solo a “appoggiare i campesinos”, ma a lanciare i loro scioperi contro il dominio e lo sfruttamento per tutta la fabbrica sociale. Quanto lontano andranno queste ondate di assestamento e quanto cambierà nel mondo dipenderà non solo dall'EZLN o dagli indiani del Chiapas, ma dal resto, da tutti noi.

Tratto da RIFF RAFF n.2