"Il 1 Gennaio 1994 accadde che il governo venne a sapere che noi esistevamo
e che vivevamo".
Compagno Felipe
Base d’Appoggio dell’EZLN
Almuñecar, Spagna.
Conferenza Stampa
Secondo Incontro Intercontinentale
31 Luglio 1997.
Alcuni giorni prima dell’inizio del Secondo Incontro Intercontinrntale per
l’Umanità e contro il Neoliberismo circolavano voci. L’EZLN non sarebbe
arrivato. L’EZLN stava mandando una delegazione di dodici membri. Un
"generale" zapatista stava arrivando. Il 22 luglio il Subcomandante Marcos
stilò un comunicato che sanciva che l’EZLN voleva essere presente
all’Incontro. Nessuno sapeva come riceverlo. Esausti dopo settimane di
notti in bianco e per l’enorme compito di organizzare una settimana di
continue discussioni politiche, gli organizzatori dell’Incontro speravano
che fosse certo ma non osavano pensarci.
II.
"Non sapete com’è stato frustrante" dive l’ufficio stampa di Almuñecar.
"Non potete immaginare quanto abbiamo perseguitato i media e guardate.."
Nelle semplici parole del discorso inaugurale, Felipe ha messo in comune la
loro risposta alla guerra di bassa intensità di cui sono vittime.
Molta gente pensa che questa lotta sia migliore di un’altra, un compito
più importante che un altro, che bisogna essere sempre in testa. Ma la
lotta si muove sempre in avanti. E’ molto costoso, genera grande
sofferenza. Ci sono tanti tipi di compiti. Tutti sono importanti. Tutti
sono necessari. Alcune persone vogliono dimostrare qualcosa e attaccano i
loro stessi fratelli. La lotta è anche umiltà, è così semplice; mentre il
potente si vanta e si gonfia il petto, noi sappiamo bene quale sia il vero
potere, noi andiamo avanti quieti e ci organizziamo.
In fin dei conti sarebbe stata un’impresa enorme. Avrebbe voluto dire che
dal profondo delle montagne del Messico due Indigeni erano gia’ in viaggio
per il mondo. I due venivano direttamente dalle comunità che il governo
messicano aveva cancellato per dichiarare se stesso una democrazia emergente.
Quando in quella confusa notte di Madrid arrivarono Felipe e Dalia nel
mezzo di una arena per tori vennero accolti con incredulità. Alcuni dal
pubblico spalancavano gli occhi e li indicavano. Altri raggruppati in
piccoli crocchi mormoravano e si scambiavano opinioni. Altri ancora
giravano i volti coronati di sorrisi verso il palco illuminato. I loro
occhi erano colmi di lacrime.
L’impossibile era avvenuto. Un pezzo del cuore dell’EZLN , parte di quelle
comunità che avevano costruito e mantenuto il segreto di un’Esercito che
avrebbe scioccato il mondo era giunto in Spagna. Gli Indigeni, l’oggetto
del genocidio e della colonizzazione erano ritornati 504 anni dopo nella
terra dei loro conquistatori. I due delegati Tojolabales, Felipe e Dalia,
hanno viaggiato lontano in molti modi. Si sono burlati della brutalità di
cinque secoli. Hanno attraversato frontiere presidiate da guardie armate,
fili spinati e leggi di esclusione. Si sono burlati del rifiuto governativo
alla loro esistenza e alle loro richieste. hanno sfidato quanti già
speculavano sulla loro scomparsa.
Gli indigeni del Chiapas sono arrivati con un messaggio di speranza. Le
loro voci hanno risuonato nell’arena, in un auditorio ricettivo. La loro
presenza, comunque, ha ha sofferto lo stesso fato dell’Incontro stesso: è
stato oggetto del silenzio della sordità.
lei indica un bollettino murale con cinque o sei ritagli di giornale,
"questo è tutto quello che è uscito...E pensare che abbiamo qui presenti
3000 persone da tutto il mondo...ed è come se non esistessimo".
"L’Incontro è stato un meeting di ecologisti" diceva uno dei ritagli.
Felipe, che è un membro delle basi d’appogio dell’EZLN era chiamato
guerrigliero in un altro ritaglio.
Le cinque sedi dell’Incontro erano sparpagliate per tutta l’ampiezza della
Spagna. I delegati hanno viaggiato costantemente per visitare ogni
assemblea plenaria e lasciando dietro di sé un messaggio di unità e la
necessità di lottare. Per i delegati zapatisti, l’Incontro è stato un
esetnuante programma di viaggio di strade ventose e rumorose stazioni di
benzina, pasti composti da "bocadillos" (panini) perche’ il loro arrivo non
coincideva mai con il programma di viaggio.In ogni sede c’era un mare di
volti che aspettavano soprattutto di ascoltare le loro parole. Solo
brevemente hanno potuto entrare in contatto con la realtà di condivisa dai
partecipanti all’Incontro. Per lo più erano inpossibilitati ad impegnarsi
nell’intenso e ricco dibattito politico che riempiva ogni sede, oppure alle
singolari esperienze culturali che le sedi offrivano. La loro visita in
Spagna è stata un esempio del familiare slogan zapatista " Per tutti tutto,
niente per noi".
Hanno trovato le antiche strade di Barcellona e Madrid, le placide baie del
Mediterraneo. Hanno trovato i volti bruciati dal sole di contadini come
loro, che hanno occupato le terre e dichiarato "autonomia" nei loro
villaggi. Hanno trovato l’energia degli abitanti delle città che hanno
occupato scuole e creato appartamenti abitabili. Hanno trovato i movimenti
dei senza terra, gli affamati, la gioventù del mondo che si muove come un
esercito in ogni angolo della terra. Hanno scambiato parole e sorrisi con
la gente indigena dell’Ecuador, Peru, Brasile. Hanno trovato gente che è
senza volto, che non possiede nomi rinomati, le cui lotte e forme di
organizzazione sono invisibili all’ideologia dominante ed ai suoi media. In
breve, i delegati Zapatisti hanno trovato se stessi in altri linguaggi,
metodi, culture e terre.
Attraverso i rossi paliacates, i delegati Zapatisti hanno condiviso i
tradizionali baci sulle guancie degli Spagnoli. Gli organizzatori li hanno
gentilmente scortati attraverso la folla, aggirando molteplici crisi e
controversie e combattendo contro la propria ansietà. L’organizzazione
dell’Incontro ha comportato uno sforzo enorme. Una grande mole di
sacrificio era il costo che gli organizzatori hanno dovuto pagare per
creare questo spazio. I coraggiosi uomini e donne che hanno assunto questo
compito sorridono ora quando ascoltano: "Per tutti tutto, niente per noi".
"Vi voglio dire che la nostra resistenza non è facile. Dobbiamo affrontare
difficili problemi, ma ci siamo organizzati e dobbiamo conservare pazienza
e speranza nei nostri cuori. Così fratelli e sorelle in lotta per l’armonia
nel nostro mondo, noi diciamo che è necessario soffrire la calura, la
stanchezza, così come il contadino resiste a queste cose perchè ha la
speranza di ciò che ha seminato nella terra, noi, le basi d’appoggio
dell’EZLN non disperiamo e neanche ci conformiamo...noi non ce ne stiamo
fermi mentre resistiamo... mentre resistiamo ci organizziamo".
Felipe e Dalia scorrono tranquilli in sù e giù per le lontane estensioni
della Spagna, i loro spiriti tranquilli per il potere della convinzione.
" Vediamo che le lotte della donna sono molto lunghe e molto diverese in
tutti i luoghi. Noi le donne delle comunità Zapatiste vediamo le lotte
della donna in altri paesi, ma vediamo anche che a volte lottano per cose
che noi non comprendiamo. Vogliamo dirvi che rispettiamo il vostro modo di
pensare...forse qualcuno di voi pensa che la nostra lotta è molto piccola e
che dovremmo lottare per qualcosa di più... noi diciamo che la nostra Lotta
come donne è appena incominciata."
La saggezza delle comunità indigene scorre attraverso le labbra di Felipe e
Dalia durante le sparpagliate conversazioni che danno gusto agli estenuanti
viaggi tra le sedi.
Nel secco e caldo forno qual’è la pietrosa terra di El Indiano, qualcosa di
incredibile si cuoce e splende nel fuoco della resistenza. Tremila
stranieri calpestano la terra. Alcuni sono venuti per curiosità o
romanticismo, o per un dettagliato ordine del giorno. In mezzo a loro
tuttavia ce ne sono due che camminano con la stessa calma determinazione
nata dalla necessità di cambiare le cose o di vivere nella miseria.
L’Incontro è concluso. Senza dubbio le sue conseguenze spiacevoli
includeranno le solite cose, le inevitabili divisioni politiche, le solite
storie d’orrore dei problemi logistici.
Al di sopra del baccano su tutto quanto resta una questione fondamentale;
la guerra attuata contro i poveri, la guerra che include e che non è
limitata ai soli Zapatisti. Se davvero questa guerra sarà provocata non
potrà continuare ad essere un’astrazione. E’ innanzi tutto, una guerra che
è presente in tutti gli angoli della terra. E’ una guerra che nella scia
della sua devastazione, lascia spazi politici ed economici perchè abbandona
intere comunità umane. Se l’Incontro ha realizzato qualcosa è l’aver
mostrato che gli esseri umani si stanno prendendo questi spazi, li stanno
riempiendo con stimolanti proposte di autorganizzazione. Resta da vedere
come e quando queste proposte di autorganizzazione possano alimentarsi
mutuamente, come il silenzio creato da un sistema rivolto a schiacciare
tutte le fome di resistenza nell’oblio possa essere spezzato. Al di là di
tutte le critiche che già esistono e che verranno fatte, la sfida è di
incontrare proposte di unità. Data il vasto e ricco mosaico di approcci
politici, l’unità non deve essere interpretata come omogeneità. Al
contrario, diversamente da qualsiasi proposta politica del passato, l’unità
deve servire a riconoscere ed includere più approcci politici possibili.
Questa sfida non è stata risolta dall’Incontro. E’ più che probabile che
questo prenderà più tempo, più incontri e dibattiti e lotte per poter
formulare proposte.
La "lotta" come la definiscono Felipe e Dalia, deve nel 1997 diventare
veramente globale nelle sue caratteristiche. La pratica organizzativa deve
includere esperienze di prima mano, con il concetto di autonomia e di
autogoverno. C’è anche la necessità di reti a livello locale, nazionale e
globale.
La resistenza deve andare oltre i vecchi metodi di attivismo in
manifestazioni e marce. Deve includere indipendenza economica, generare di
più culturalmente e socialmente, oltre all’utilizzo di più metodi di lotta.
Gli Zapatisti non hanno mai chiesto che l’umanità si inchinasse al loro
esempio. Loro resistono. Loro resistono alla militarizzazione, alla
persecuzione e all’esaurimento. Loro ascoltano. Loro accompagnano. Loro
applaudono il caos e lo splendore del Secondo Incontro. Loro agiscono come
la saggezza di quindici anni di accumulazione di forza organizzativa, e con
l’umiltà di una pratica politica che si è nutrita del sangue e del
sacrificio più di quanto noi mai sapremo.
Gli Zapatisti hanno parlato all’Incontro. Ma anche l’umanità. Ha detto che
al di là di ogni cinismo e disperazione, la costruzione di nuovo cammino
sta avanzando a tutta forza. Delle parole di Felipe"pazienza e speranza
nei nostri cuori" noi abbiamo bisogno solo di imparare a vederle e di
nutrirci di esse.