All'interno 
            del nostro spazio abbiamo un pezzo di
            terra dedicato alla coltivazione.
            L'idea di realizzarlo e' stata messa in pratica sin dall' 
            inizio ed ha subito varie modificazioni nel tempo.
            Impegnarsi in questo e' stato ed e' tuttora una
            fonte ricca di scoperte, curiosita', inevitabili errori e 
            delusioni, ma soprattutto di soddisfazione 
            per risultati e nuove conoscenze ottenute.
            Autogestione e azione diretta non possono certamente
            distaccarsi da un percorso che abbia come obiettivo il
            rapporto diretto con la produzione dei nostri beni 
            primari , dal rifiuto del rapporto alienato che ci viene
            imposto dalla "merce", dallo scatenare fantasia e 
            creativita' per un godimento non mediato dei 
            frutti dei nostri lavori. 
            Quello che scopri quando inizia un'esperienza di questo 
            genere, come del resto con qualsiasi argomento al quale
            ti accosti per la prima volta, e' la totale ignoranza verso 
            la maggior parte degli accorgimenti che dovrai avere.
            Nessuno di noi veniva dalla campagna e/o da una
            cultura contadina, quindi quasi tutto cio' che finora e'
            stato appreso, e' stato imparato a seguito di 
            innumerevoli errori e tentativi.
            La qualita' e la quantita' dei risultati ottenuti e' 
            migliorata progressivamente all'interno di un percorso
            di riappropriazione di saperi un tempo comuni alla 
            maggior parte degli uomini.
            La societa' industriale ha cancellato quasi 
            completamente le conoscenze tradizionali sull'uso delle
            piante sia dal punto di vista alimentare che medicinale, 
            eliminadole dal comune patrimonio culturale e 
            specializzando queste conoscenze solo nei recinti della
            sua scienza ufficiale. 
            La specializzazione ha portato l' uomo moderno ad
            interessarsi di quei pochi argomenti utili ad assolvere
            la sua funzione produttiva per poi poter consumare e 
            acquistare in nome del santo commercio, 
            motore dell' umanita' , quei beni che servono ad 
            affermare il proprio stato sociale e la propria sopravvivenza.
            Ogni discorso di qualita' viene a cadere, nuovi criteri di 
            scelta guidano l' uomo moderno nella societa'
            capitalista e nuove alienazioni sorgono al punto di non
            saper piu'se un peperone nasce sopra o sottoterra, 
            da non collegare piu' la carne che si mangia all'animale 
            che la "fornisce", al punto di ingurgitare inutili, e
            spesso dannosi, medicinali per il minimo problema di 
            salute ignorando metodi naturali che per secoli hanno
            funzionato per la cura e prevenzione di molti mali.
            Al punto di credere di scegliere qualcosa quando
            si acquistano al supermercato cibi col marchio biologico, 
            spacciati per alimenti sani e privi di chimicume, ma che 
            contengono semplicemente un minor quantitativo
            di pesticidi e concimi chimici.
            L'autogestione passa necessariamente dalla 
            riappropriazione di saperi e conoscenze relegate ai 
            margini dalla societa' industriale, dove l'ignoranza 
            gioca come sempre un ruolo fondamentale 
            nell'esercizio del dominio.
            Nell' orto gioie e soddisfazioni sono venute non tanto
            dalla quantita' degli ortaggi prodotti, ma anche solo dal
            seguire il processo di vita di una pianta, ammirare i
            suoi fiori, sorprendersi della sua perfezione, dall' 
            imparare distinguere varieta' e diversita', delle quali 
            sempre in misura minore possiamo accorgerci nei
            banchi di commercio.
            Autoprodurre cio' che piu' ci piace e' l'unico mezzo che
            abbiamo per difenderci e allo stesso tempo attaccare 
            la dipendenza dalle logiche del commercio e del 
            "pensiero unico" che lo supporta.