Sia che si definiscano "liberal" oppure "conservatori",
i principali media sono grandi aziende, possedute da (e strettamente legate
a) società ancor più grandi. Come altre imprese, vendono un prodotto
a un mercato. Il mercato è quello della pubblicità, cioè
di un altro giro d'affari. Il prodotto è l'audience. I media più
importanti, quelli che stabiliscono le priorità a cui gli altri devono
adattarsi, vantano un prodotto in più: quello di un pubblico relativamente
privilegiato.
Abbiamo quindi delle grandi imprese che vendono un pubblico piuttosto benestante
e privilegiato ad altre imprese. Non stupisce che l'immagine del mondo che esse
presentano rifletta gli interessi ed i valori ristretti dei venditori, degli
acquirenti e del prodotto.
Altri fattori intervengono a rafforzare questa stortura. I manager culturali
(direttori, autorevoli editorialisti, eccetera) condividono interessi e legami
di classe con i loro omologhi nello stato, nel mondo degli affari e negli altri
settori privilegiati. Infatti, tra le grandi imprese, il governo e i media si
verifica un continuo interscambio di personalità ai più alti livelli.
La facilità di accesso alle massime autorità dello stato è
fondamentale per poter conservare una posizione competitiva; le "soffiate"
o le "indiscrezioni", per esempio, sono spesso invenzioni o distorsioni
fabbricate dalle autorità con la collaborazione dei media, che fanno
finta di non conoscerne l'origine.
In cambio, le autorità dello stato esigono cooperazione e sottomissione.
Anche gli altri centri di potere hanno i loro strumenti per punire le deviazioni
dall'ortodossia: metodi che possono servirsi del mercato azionario o anche di
un vero e proprio sistema di calunnia e diffamazione.
E risultato, com'è ovvio, non è perfettamente uniforme. Per essere
funzionali agli interessi del potere, il panorama mondiale che i media sono
chiamati a rappresentare deve essere abbastanza realistico. E talora l'integrità
e l'onestà professionale interferiscono con la missione suprema. I migliori
fra i giornalisti sono, di solito, abbastanza consapevoli dei fattori che danno
forma al prodotto dei media, e cercano di sfruttare tutte le aperture che trovano.
Ne consegue che si può imparare molto da una lettura critica e scettica
di quanto prodotto dai media.
I mass media sono solo uno degli elementi del più vasto sistema dottrinale:
ne fanno parte anche i giornali di opinione, le scuole, le università,
gli studi accademici eccetera. Oggi siamo particolarmente consapevoli del ruolo
dei media, soprattutto di quelli più prestigiosi, perché essi
sono stati esaminati diffusamente da coloro che analizzano criticamente le ideologie.
Il sistema nel suo complesso non è stato altrettanto studiato perché
è difficile fare una ricerca sistematica. Ma ci sono ottime ragioni per
ritenere che esso rappresenti gli stessi interessi dei media, come è
lecito aspettarsi.
Il sistema dottrinale, che produce quella che viene chiamata "propaganda",
quando la fanno i nostri nemici, mira a colpire due diversi bersagli. E primo
viene talvolta chiamato "classe politica": quel 20% circa di popolazione
relativamente istruita, più o meno articolata, che svolge un qualche
ruolo nel meccanismo decisionale. Che costoro accettino la dottrina è
vitale, perché occupano una posizione tale da poter definire le direttive
e l'attuazione dell'azione politica.
Poi c'è il restante 80% circa della popolazione. Sono i "semplici
spettatori" di Lippman, di cui egli parla come del "gregge disorientato".
Da loro ci si aspetta che obbediscano agli ordini e si tengano fuori dai piedi
della gente importante. Sono il bersaglio degli autentici mass media: i giornali
popolari, le situation comedy, il Super Bowl, eccetera.
Questi settori del sistema dottrinale servono a distrarre il popolo ancora grezzo ed a rafforzare i valori sociali fondamentali: la passività, la sottomissione all'autorità, la virtù suprema dell'avidità e del profitto personale, l'indifferenza verso gli altri, il timore dei nemici, reali o immaginari, eccetera. Lo scopo è di fare in modo che il gregge disorientato continui a non orientarsi. Non è necessario che si preoccupino di quel che accade nel mondo. Anzi, non è desiderabile: se dovessero vedere troppo della realtà, potrebbero farsi venire in mente di cambiarla.
Ciò non significa che i media non possano farsi influenzare dalla società civile. Le istituzioni dominanti - politiche, economiche o dottrinali che siano - non sono immuni dalle pressioni esercitate dall'opinione pubblica. Anche i media indipendenti (alternativi) possono svolgere un ruolo importante. Sebbene dotati (per definizione) di scarse risorse, acquistano importanza allo stesso modo delle organizzazioni popolari: unendo le persone con risorse limitate che, interagendo tra loro, possono moltiplicare la loro efficacia e la loro comprensione - il che costituisce esattamente quella minaccia democratica tanto temuta dalle élite dominanti.