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I principali obiettivi della politica estera Usa

IL NOSTRO IMPEGNO PER LA DEMOCRAZIA

In tutti i documenti ufficiali, gli analisti politici statunitensi ribadivano la loro convinzione che la minaccia più grave contro il Nuovo Ordine Mondiale guidato dagli americani fosse il nazionalismo del Terzo Mondo - chiamato a volte ultranazionalismo: quei "regimi nazionalistici" che sono sensibili alla "richiesta del popolo di un immediato miglioramento dei bassi livelli di vita delle masse" e di una produzione da destinare alle necessità interne. [8]

Il loro scopo ultimo, ripetuto più e più volte, era quello di impedire che tali regimi "ultranazionalisti" arrivassero al potere o - se per qualche disgraziata circostanza ci fossero riusciti - di rovesciarli e installare al loro posto governi che favorissero gli investimenti di capitali interni ed esteri, le produzioni per l'esportazione e il diritto delle multinazionali di portare i proventi all'estero. (Questi obiettivi non vengono mai discussi nei documenti top secret, si danno per scontati. Per uno stratega americano, sono un po' come l'aria che respira.)
L'opposizione alla democrazia e alle riforme sociali non è mai popolare nei paesi vittime dei nostri interventi. È difficile entusiasmare molta gente al riguardo, a parte qualche gruppuscolo legato al mondo americano degli affari che sa di trarne vantaggio.
Gli Usa fanno così affidamento sull'uso della forza, e stringono alleanze con i militari - "i meno antiamericani di tutti i gruppi politici dell'America Latina", come spiegavano gli strateghi di Kennedy - in modo da poter contare su di loro per soffocare qualsiasi locale movimento popolare che possa sfuggire al controllo.
Gli Usa sono disponibili a tollerare le riforme sociali - come in Costarica, ad esempio - esclusivamente nel caso in cui i diritti dei lavoratori vengano soppressi i si preservi un clima favorevole agli investimenti stranieri. Poiché il governo del Costarica ha sempre rispettato questi due imperativi cruciali, ha avuto il permesso di giocherellare con le sue riforme.
Un altro problema evidenziato più e più volte nei documenti segreti è l'eccessivo liberalismo dei paesi del Terzo Mondo. (Ciò ha costituito un problema soprattutto in America Latina, dove i governi non si impegnavano abbastanza nel controllo ideologico della popolazione e nell'imporre severe limitazioni alle possibilità di movimento delle persone da un paese all'altro, e dove i sistemi legali erano talmente inefficienti che era necessario esibire gli elementi di prova per poter formulare delle incriminazioni.)
Questa è stata una lamentela costante di tutta l'era Kennedy (i documenti dei periodi successivi non sono ancora stati resi pubblici). I liberal kennediani erano adamantini nel perseguire la necessità di superare gli eccessi democratici che consentivano la "sovversione" - termine con cui, ovviamente, indicavano gente che aveva delle idee sbagliate. [9]
Gli Usa, tuttavia, non mancavano di compatire i poveri. Per esempio, a metà degli anni '50, il nostro ambasciatore in Costarica raccomandava che la United Fruit Company, in pratica il padrone paese, introducesse alcuni "semplici e superficiali miglioramenti per i lavoratori, in grado di produrre un notevole effetto psicologico".
Il segretario di Stato, John Foster Dulles, si dichiarò d'accordo, spiegando al presidente Eisenhower che per mantenere la disciplina tra i latinoamericani "bisogna accarezzarli un pochino e fargli pensare che gli vuoi bene". [10]
Se si tiene presente tutto ciò, le politiche adottate dagli Usa nel Terzo Mondo sono facili da capire. Noi americani ci siano costantemente opposti alla democrazia quando non siamo riusciti a controllarne gli esiti. Il guaio delle democrazie autentiche è che cadono facilmente preda dell'eresia secondo cui i governi dovrebbero rispondere alle necessità delle popolazioni, invece che a quelle degli investitori americani.
Un studio del sistema inter-americano pubblicato dal Royal Institute of International Affairs di Londra concludeva che, mentre gli Usa proclamano a gran voce di servire la democrazia, il loro vero impegno è tutto dedito alla "impresa privata e capitalista". Quando vengono minacciati i diritti degli investitori, la democrazia deve sparire; se invece tali diritti vengono salvaguardati, dai governi di assassini e torturatori vanno benissimo.
Con il sostegno degli americani, e talora con il loro intervento diretto, sono stati bloccati o rovesciati governi parlamentari, in Iran nel 1953, in Guatemala nel 1954 (e nel 1963, quando Kennedy appoggiò un colpo di stato militare per sventare la monaccia del ritorno alla democrazia), nelle Repubblica Dominicana del 1963 e nel 1965, in Brasile nel 1964, in Cile nel 1973 e così via. La nostra politica è stata grosso modo la stessa nel Salvador e in molti altri paesi.
I metodi non sono molto piacevoli. Quelli perpetrati dalle truppe dei Contra guidate dagli Usa in Nicaragua, o dai nostri alleati terroristi nel Salvador o in Guatemala, non sono solo normali assassinii. Uno degli elementi principali è la tortura, brutale sadica: sbattere i neonati contro le rocce, appendere le donne per i piedi con i seni tagliati e la pelle del viso scuoiata fino a che muoiono dissanguate, tagliare la testa alla gente e conficcarla in cima ai pali. Lo scopo è soffocare il nazionalismo indipendentista e le forze popolari che potrebbero realizzare una democrazia degna di questo nome.


NOTE

8. National Security Council Memorandum 5432, 1954.
9. Vedi Chomsky, On Power and Ideology: The Managua Lectures, South End, 1987.
10. Chomsky, Necessary Illusion: Thought control in Democracy Societies, South End Press, Boston, 1989. App. 5.1; Gordon Connell-Smith, The Inter-American System, Oxford University Press and Royal Institute of Interna-tional Affairs, 1966.


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