I rapporti tra gli Stati Uniti e il resto del mondo risalgono ovviamente alle
origini della storia americana, ma la II guerra mondiale rappresenta un vero
e proprio spartiacque, quindi partiremo da lì.
Mentre la maggior parte dei concorrenti industrializzati furono gravemente ideboliti
o totalmente distrutti dalla guerra, gli Stati Uniti ne trassero enormi benefici.
Il loro territorio non fu mai attaccato direttamente, e la produzione nazionale
risultò più che triplicata.
Anche se già prima della guerra, gli Stati Uniti erano di gran lunga
la più ricca nazione industrializzata del mondo - è stato così
fin dall'inizio del secolo - all'indomani del secondo conflitto mondiale essi
però possedevano letteralmente il 50% della ricchezza totale, e controllavano
entrambe le coste dei due oceani. Non c'era mai stato, nella storia, un momento
in cui una sola potenza avesse avuto un controllo così schiacciante sul
mondo intero, né una sicurezza così assoluta.
Le persone che determinavano la politica americana erano perfettamente consapevoli
che gli Stati Uniti sarebbero emersi dalla II guerra mondiale come la prima
potenza globale della storia, e durante o dopo il conflitto gli Usa progettarono
accuratamente quale dovesse essere l'assetto del mondo nel dopoguerra. [1]
Poiché questa è davvero una società aperta, possiamo
prendere visione di questi progetti, che erano assolutamente espliciti e chiari.
Tutti gli analisti politici americani - da quelli del Dipartimento di Stato
a quelli del Consiglio per i Rapporti con l'Estero (uno dei principali canali
attraverso cui i grandi finanzieri influenzano la politica estera) - concordavano
sulla necessità di consevare la supremazia americana. Ma riguardo ai
metodi per conseguire tale scopo c'era un ampio ventaglio di opinioni.
All'estremo dello schieramento favorevole alla linea dura, troviamo documenti
come il Memorandum n° 68 del Consiglio per la Sicurezza Nazionale (1950).
Questo sviluppava le opinioni del segretario di Stato, Dean Acheson, elaborate
e redatte da Paul Nitze, che è ancora sulla scena (è stato uno
dei negoziatori di Reagan per il controllo degli armamenti). Il documento invoca
una "strategia della fluttuazione" che avrebbe dovuto far "germogliare
i semi della distruzione all'interno del sistema sovietico" in modo tale
da poter negoziare alle nostre condizioni un accordo "con l'Unione Sovietica
(o con lo stato o gli stati che ad essa sarebbero succeduti)".
La politica raccomandata dal Memorandum n° 68 richiedeva agli Usa "sacrificio
e disciplina" - in altre parole, ingenti spese militari e tagli ai servizi
sociali. Prevedeva anche la necessità di superare quell'"eccesso
di tolleranza" che lasciava troppa libertà al dissenso interno.
Tali politiche erano in realtà già in atto. Nel 1949 lo spionaggio
americano in Europa dell'Est aveva subito una trasformazione diventando una
vera e propria rete, diretta da Reinhard Gehlen, già a capo dello spionaggio
militare nazista sul Fronte Orientale. Tale rete era soltanto uno dei frutti
di quell'alleanza tra nazisti e americani che portò in breve tempo all'arruolamento
di molti dei peggiori criminali di guerra e che estese poi le proprie operazioni
in America Latina e in molte altre regioni del mondo.
Queste operazioni includevano anche un "esercito segreto" [2] sotto gli aupici Usa-nazisti, che provvedeva a fornire agenti e forniture militari agli eserciti che erano stati istituiti da Hitler e che ancora, fino all'inizio degli anni '50, operavano all'interno dell'Unione Sovietica e dell'Europa Orientale. (Ciò è risaputo negli Usa ma viene considerato un dettaglio insignificante - anche se molti avrebbero da ridire qualora la situazione fosse stata ribaltata, e si fosse scoperto che l'Unione Sovietica aveva fatto arrivare agenti e forniture militari ad organizzazioni fondate da Hitler e operanti sulle Montagne Rocciose.)
1. Sulla pianificazione riguardante la "Grande Area" nel dopoguerra program-mata dal Dipartimento di Stato e dal CFR, confronta Laurent Shoup e Winlliam Minter, Imperial Brain Trust, Monthly Review, 1977. Sugli svilup-pi e la messa in atto di tali piani esiste una vasta letteratura. Una delle prime opere, di grande acume e profondità, è quella di Gabriel Kolko, Politics of War, Random House, 1968. Uno studio più recente di notevole valore è quello di Melvyn Leffler, Preponderance of Power, Stanford University Press, 1992. Per altre fonti di dibattito, soprattutto sul documento n° 68 del National Security Council, vedi Noam Chomsky, Deterring Democracy, Routledge, Chapman & Hall, 1991, cap. 1. Il documento NSC68 e molti altri documenti riservati ora resi pubblici si possono trovare nell'annuario uffi-ciale del Dipartimento di Stato, Foreign Relations of the United States, che li pubblica generalmente dopo trent'anni.
2. Vedi Thomas Powers, The Man Who Kept the Secrets: Richard Helms and the CIA, Knopf, 1979; e Mary Elen Reese, General Reinhard Gehlen: the CIA Connection, George Mason University Press, 1990. Per ulteriori detta-gli, vedi Chomsky, Turning the Tide: U.S. Intervention in Central America and the Struggle for Peace, South End, 1985 e le fonti citate; infine, Chris-topher Simpson, Blowback, Grove, Weidenfeld, 1987.