"Chi governa con la violenza tende ad adottare una concezione comportamentista: ciò che le persone pensano non è troppo importante; conta molto di più quello che fanno; devono obbedire e la loro obbedienza è garantita con la forza. Le punizioni in caso di disobbedienza variano a seconda delle caratteristiche dello Stato: in URSS le punizioni possono andare dalla tortura psicologica allesilio e alla prigionia, ovviamente in condizioni terrificanti. In un tipico possedimento degli Stati Uniti come El Salvador, è piuttosto comune trovare un dissidente in un fosso, decapitato dopo orribili torture; quando un numero sufficiente di dissidenti viene liquidato, arrivano le elezioni in cui il popolo marcia verso la democrazia rifiutando il similnazista DAubuisson in favore di Duarte, che ha diretto uno tra i più imponenti massacri dellepoca moderna (e il massacro è preludio necessario delle elezioni democratiche,. che ovviamente non possono procedere se le organizzazioni popolari sono ancora attive) e del suo ministro della Difesa, Vides Casanova, il quale nel 1980 spiegò che il paese era sopravvissuto al massacro di 30mila contadini nella mattanza del 1932 e che oggi le forze armate sono pronte a ucciderne 200-300 míla se serve a impedire una vittoria comúnista.
"1 sistemi democratici procedono diversamente, perché devono controllare non solo ciò che il popolo fa, ma anche quello che pensa. Lo Stato non è in grado di garantire lobbedienza con la forza e il pensiero può portare allazione, perciò la minaccia allordine deve essere sradicata alla fonte. E quindi necessario creare una cornice che delimiti un pensiero accettabile, racchiuso entro i princìpi della religione di Stato. Tali principi non devono necessariamente essere affermati, anzi, sarebbe meglio darli per scontati, come implicita cornice del pensiero pensabile. 1 critici rafforzano questo sistema accettando senza discus- sione tali dottrine e limitando le proprie critiche alle questioni tattiche che sorgono al loro interno. Se i critici vogliono ottenere il rispetto ed essere ammessi al dibattito, devono accettare, senza fare domande, la dottrina fondamentale secondo cui lo Stato è di per sé buono e guidato dalle più nobili intenzioni, cerca solo dì difendersi e non si presenta come soggetto attivo nelle questioni mondiali, ma semplicemente reagisce di fronte a crimini altrui, talvolta incautamente a causa della propria ingenuità, della complessità della storia o dellincapacità di comprendere la malvagità dei nostri nemici. Se persino i critici più severi adottano queste premesse senza discuterle, allora luomo comune potrebbe chiedersi, chi sono io per dissentire? Più la disputa tra "falchi" e "colombe" si inasprisce, più si rinsaldano le dottrine della religione di Stato, ed è proprio a causa del loro notevole contributo al controllo del pensiero che i critici sono tollerati, anzi onorati, perché si attengono alle regole.
"Questo sistema di controllo del pensiero sfuggì allanalisi di Orwell e non venne mai compreso dai dittatori, incapaci di riconoscere quanto sia utile ai fini dellindottrinarnento lesistenza di una classe di critici che denuncia gli errori e i fallimenti della leadership mentre adotta senza discussione i presupposti fondamentali della religione di Stato.
"Questa distinzione tra sistemi di controllo del pensiero totalitari e democratici è solo una rozza approssimazione. Persino uno Stato totalitario, infatti, deve tenere in considerazione latteggiamento e le opinioni del popolo, mentre anche in una democrazia i segmenti politicamente attivi della popolazione, i più istruiti e privilegiati, devono essere tenuti sotto controllo. Questa situazione è palese negli Stati Uniti, dove tendenzialmente i poveri non votano neppure e le forme di partecipazione politica - la pia- nificazione e la formulazione dei programmi, la selezione dei candidati, lindispensabile sostegno materiale, i programmi educativi o la propaganda - sono prerogativa di unélite privilegiata relativamente ristretta."
Tratto da: Noam Chomsky "La Fabbrica del consenso" (1984) - in "Libertà e linguaggio" ed. Tropea 1998