Radio B92 Belgrado - settembre 2001
D: Cosa pensa a proposito di questi attacchi? Perchè pensa siano avvenuti?
R: Per rispondere alla domanda, dobbiamo prima identificare chi ha perpetrato
tali crimini. E' generalmente assodato che, plausibilmente, essi trovano origine
nella regione mediorientale, e che questi attacchi devono probabilmente esser
fatti risalire alla rete di Osama Bin Laden, una complessa ed estesa organizzazione,
indubbiamente inspirata dallo stesso Bin Laden ma che non necessariamente agisce
sotto il suo diretto controllo.
Prendiamo per buono che sia vero. Quindi, per rispondere alla sua domanda, una
persona di buon senso proverebbe a indagare il pensiero di Bin Laden e i sentimenti
di tutto quel vasto serbatoio di consenso su cui egli può contare in
tutta la regione. Riguardo a tutto ciò, abbiamo una gran quantità
di informazioni.
Bin Laden è stato esaurientemente intervistato in tutti questi anni da rilevantissimi esperti di questioni mediorientali, in particolare il più importante corrispondente nelle regione, Robert Fisk (London independent), che negli ultimi decenni ha accumulato una profonda conoscenza dell'intera area tramite un'esperienza diretta. Un miliardario Saudita, Bin Laden è diventato un leader militante islamico durante la guerra condotta contro i Russi per mandarli via dall'Afghanistan. Egli era uno dei tanti fondamentalisti religiosi reclutati, armati, e finanziati dalla CIA e dai loro alleati nei servizi segreti pakistani per recare i maggiori danni possibili all'URSS - molto probabilmente ritardando la loro ritirata, secondo molti analisti- anche se non è molto chiaro se effettivamente abbia mai avuto diretti contatti con la CIA, e questo non è comunque particolarmente importante.
Non sorprende che la CIA abbia scelto i più fanatici e crudeli combattenti che potesse mobilitare. Il risultato finale sarebbe stata "la distruzione di un regime moderato e la creazione di uno integralista, retto da gruppi incautamente finanziati dagli americani" (London Times, dal corrispondente Simon Jenkins, altro esperto di questioni della regione). Questi "Afghani", come sono chiamati (molti, come Bin Laden, non sono cittadini afghani) condussero operazioni terroristiche lungo il confine con la Russia, fino al suo ritiro. La loro guerra non era contro la Russia, che peraltro essi disprezzano, ma contro l'occupazione russa e i crimini commessi contro i Mussulmani.
Gli "Afghani", a ogni modo, non esaurirono le loro attività. Si unirono alle forze mussulmane bosniache durante il conflitto nei Balcani; gli Stati Uniti non ebbero nulla da obiettare, così come tollerarono il supporto dell'Iran nei loro confronti, per varie e complesse ragioni che non possiamo scandagliare ora, se non per rilevare che il triste destino dei Bosniaci non era per loro importante. Gli "Afghani" inoltre combattono i russi in Cecenia e, molto probabilmente, sono coinvolti nella campagna terroristica messa in atto a Mosca e un po' in tutto il paese. Bin Laden e i suoi "Afghani" si sono poi rivoltati contro gli Stati Uniti nel 1990 dopo l'insediamento di basi permanenti USA in Arabia Saudita - dal loro punto di vista, un'integrazione all'occupazione russa dell'Afghanistan, ma molto più significativa per via dello speciale status che ha l'Arabia Saudita come guardiana dei luoghi più sacri.
Bin Laden è inoltre agguerrito oppositore dei regimi corrotti e repressivi
di quella regione, che egli considera "non Islamici", compreso il
regime Saudita, il più fondamentalista del mondo, a parte quello dei
talebani, e grande alleato degli USA sin dalle sue origini.
Bin Laden disprezza gli USA per il loro sostegno a questi regimi. Come altri
nella regione, egli si sente insultato dal tradizionale sostegno degli USA alla
brutale occupazione militare israeliana nei territori, giunta ora al trentacinquesimo
anno: Bin Laden condannail decisivo intervento diplomatico, militare ed economico
di Washington in sostegno di questo assedio criminale in tutti questi anni,
la quotidiana umiliazione alla quale i palestinesi sono costretti, la continua
espansione degli insediamenti dei coloni mirati alla frammentazione dei territori
occupati a mò di cantoni Bantù e al controllo delle risorse, la
continua violazione della Convenzione di Ginevra e tutti gli altri atti che
sono riconosciuti come dei crimini in quasi tutto il mondo, tranne che negli
USA, i quali hanno molte responsabilità.
E come altri, Bin Laden si oppone al sostegno di Washington a questi crimini unitamente al prolungato e decennale assalto anglo-statunitense contro la popolazione civile dell'Iraq, assalto che ha devastato quella società e causato centinaia di migliaia di morti consolidando nel frattempo il potere di Saddam Hussein -che era un alleato privilegiato di USA e Gran Bretagna nel corso delle sue peggiori atrocità, come lo sterminio dei Curdi, come certamente ricordano bene i popoli di quella regione, anche se gli occidentali preferiscono dimenticarlo.
Questi sentimenti sono diffusamente condivisi. Il Wall Street Journal (14 Settembre) ha pubblicato un sondaggio d'opinione somministrato a ricchi e benestanti mussulmani della regione del Golfo Persico (banchieri, liberi professionisti, uomini d'affari fortemente legati agli USA). Tutti hanno più o meno espresso lo stesso punto di vista: risentimento nei confronti delle politiche USA in sostegno dei crimini di Israele, delle politiche di ostacolo a un consenso internazionale su una risoluzione diplomatica in luogo della devastazione della società civile irachena; delle politiche di sostegno ai regimi repressivi in tutta la regione, e l'imposizione di barriere allo sviluppo economico tramite "il supporto alla nascita di regimi repressivi". Tra la grande maggioranza delle persone che soffrono la fame e l'oppressione, sentimenti del genere sono ancor più forti, e costituiscono la fonte della furia e della disperazione che porta agli attentati-suicidi, così come comunemente compreso da coloro che sono coinvolti in questi fatti.
Gli USA, e la maggior parte dell'Occidente, preferiscono una versione più
comoda. Tanto per citare l'editoriale del N.Y. Times del 16 Settembre, gli attentatori
hanno agito nel "disprezzo dei valori cari all'Occidente come la libertà,
la tolleranza, la prosperità, il pluralismo religioso e il suffragio
universale". Le azioni degli USA sono irrilevanti, e non c'è neanche
bisogno di menzionarle (Serge Schmemann).
Questo è un conveniente quadro della situazione e questa presa di posizione
è abbastanza usuale nella tradizione intellettuale; infatti è
molto vicina alla norma. Succede che sia completamente difforme da quello che
sappiamo, ma ha il "merito" di rispondere ad esigenze di autocompiacimento
e di supporto acritico al potere costituito.
E' inoltre ampiamente riconosciuto che Bin Laden e altri come lui stanno pregando
per "un grande attacco agli stati mussulmani", che potrà provocare"una
larga adesione di fanatici alla sua causa".
E questo non stupisce. L'innalzamento della tensione e della violenza è
sempre molto apprezzato dagli elementi più duri e intransigenti di entrambe
le parti in causa, cosa che si verificò evidentemente nella recente storia
dei Balcani, tanto per fare uno dei tanti esempi possibili.
D: Che conseguenze ci saranno nella politica interna degli USA e nella percezione che l'America ha di sè?
R: La politica USA è stata già resa nota. Al mondo viene chiesta una"scelta di campo": unitevi a noi, o preparatevi "ad affrontare sicuri scenari di morte e distruzione". Il Congresso ha autorizzato l'uso della forza contro ogni individuo o paese che il Presidente avrà ritenuto coinvolti negli attacchi, un pensiero che ogni sostenitore considera ultra-criminale. Ed è facilmente dimostrato. Chiediamoci semplicemente come le stesse persone avrebbero reagito se il Nicaragua avesse adottato questa posizione dopo che gli USA avevano respinto gli ordini della Corte Internazionale per far cessare il suo "uso illegale della forza" contro il Nicaragua e avevano posto il veto a un risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che richiamava tutti gli stati al rispetto della legge internazionale. E quell'attacco terroristico fu anche molto più duro e distruttivo.
Per come tali questioni sono percepite qui, è tutto molto più
complesso.
Bisogna tener ben presente che i mezzi di comunicazione e le élites intellettuali
hanno solitamente le loro particolari agende. Inoltre, la risposta a questa
domanda è, significativamente, una questione di decisioni: come in molti
altri casi, con sufficiente dedizione ed energia, saranno molti gli sforzi per
stimolare il fanatismo, la furia cieca e la sottomissione all'autorità.
D: Si aspetta che gli USA cambino radicalmente la loro politica estera?
R: La risposta iniziale è stata il richiamo all'intensificazione delle politiche che stimolano la furia e il risentimento utile al rafforzamento del sostegno all'attacco terroristico, e alla ricerca della definizione del programma degli elementi più duri della leadership: militarizzazione, irregimentazione interna, attacco alle politiche sociali. Ci si deve aspettare tutto questo. Ancora, gli attentati e l'escalation della violenza che essi generano, tendono a rinforzare l'autorità e il prestigio degli elementi più brutali e repressivi di una società. Ma non c'è niente di inevitabile nella sottomissione a questo stato di cose.
D: Dopo questo primo shock, si è creata molta paura riguardo a quella che potrà essere la risposta degli USA. Ha paura anche lei?
R: Qualsiasi persona di buon senso avrebbe paura della possibile reazione -quella che è stata peraltro annunciata, e che risponde alle preghiere di Bin Laden. E' molto probabile che ci sarà un innalzamento del livello della violenza come al solito, ma questa volta su scala ancora maggiore.
Gli USA hanno già chiesto al Pakistan di tagliare gli aiuti alimentari
e non solo che ancora tengono in vita la popolazione afghana. Se tale richiesta
verrà accolta, un numero imprecisato di persone che non hanno il più
remoto coinvolgimento con il terrorismo morirà, milioni possibilmente.
Lasci che glielo ripeta: gli USA hanno chiesto al Pakistan di uccidere milioni
di persone che sono esse stesse vittime dei Talebani. Questo non ha niente a
che fare col concetto di vendetta. E' a un livello etico ancora inferiore. Il
significato della cosa è amplificato dal fatto che se ne parla nel corso
degli eventi, senza commenti, e presto ce ne renderemo conto a caro prezzo.
Possiamo apprendere molto del livello etico della cultura intellettuale occidentale
osservando le reazioni a questa richiesta. Penso che possiamo ragionevolmente
confidare sul fatto che se la popolazione americana avesse la minima idea di
quello che si sta per fare in suo nome, resterebbe certamente inorridita. Sarebbe
a tal proposito istruttivo andare a ricercare i precedenti storici.
Se il Pakistan si rifiuta di soddisfare le richieste USA, potrebbe subire un
attacco, con conseguenze imprevedibili. Se il Pakistan si sottomette alla volontà
degli USA, non è impossibile che il governo venga rovesciato da forze
politiche come i Talebani, che in questo caso potrebbero contare su armi nucleari.
Tutto questo avrebbe ripercussioni su tutta la regione, compresi i paesi produttori
di petrolio. A questo punto stiamo parlando di una guerra che avrebbe conseguenze
devastanti per tutta l'umanità.
Anche se non si dovessero verificare tutte le possibilità ipotizzate, è verosimile che un attacco contro l'Afghanistan avrebbe effetti che la maggior parte degli analisti si aspettano: si ingrosserebbero le file dei sostenitori di Bin Laden, così come lui spera. Anche se venisse ucciso, farebbe poca differenza. La sua voce verrebbe ascoltata in cassette che sono già in circolazione nel mondo islamico, ed è probabile che verrebbe venerato come un martire fonte di ispirazione per tutti gli altri. E' importante tenere a mente che, vent'anni fa, un attentato-suicida - un camion lanciato a tutta velocità contro una base militare USA- fece sì che la più potente potenza militare del mondo lasciasse il Libano. Le possibilità che si verifichino tali attentati sono infinite. Ed è molto difficile ostacolarli.
D: "Il mondo non sarà mai più lo stesso dopo l' 11/09/2001". Lo pensa anche lei?
R: Gli orrendi attacchi terroristici di Martedi sono qualcosa di realmente nuovo nello scenario internazionale, non tanto per entità o caratteristiche, ma per l'obiettivo. Per gli Stati Uniti, questa è la prima volta dalla guerra del 1812 che il territorio nazionale subisce un attacco, per giunta intimidatorio. Le sue colonie sono state attaccate, ma non il territorio nazionale in sè e per sè. In questi anni gli USA hanno praticamente sterminato le popolazioni indigene, conquistato metà del Messico, sono intervenuti violentemente nelle aree circostanti, hanno conquistato le Hawaii e le Filippine (ammazzando centinaia di migliaia di filippini), e per metà del secolo scorso in particolare, hanno aumentato i loro sforzi per dominare gran parte del mondo. Il numero delle vittime è colossale.
Per la prima volta, le armi si sono rivolte nella direzione opposta. Lo stesso si può dire, anche più drammaticamente, dell'Europa. L'Europa ha sofferto distruzioni immani, ma a causa di guerre interne, conquistando il mondo nel frattempo con estrema brutalità. Non è stata attaccata da vittime esterne ad essa, con rare eccezioni (l'IRA in Inghilterra per esempio). E' dunque naturale che la NATO chiami tutti a raccolta per sostenere gli USA; centinaia di anni fatti di violenza imperialista hanno un enorme impatto sulla cultura intellettuale ed etica.
E' corretto dire che questo è un evento nuovo nella storia del mondo, non per l'entità dell'orrore -deplorevole- ma per l'obiettivo. Come l'Occidente deciderà di reagire, è una questione di vitale importanza. Se i ricchi e i potenti scelgono di tener fede alle proprie tradizioni secolari fatte di estrema violenza, contribuiranno all'innalzamento della violenza, in una dinamica ormai famigliare, con conseguenze a lungo termine che potrebbero essere terribili. Certo, ma ciò non vuol dire che sia inevitabile. Una fetta di persone in seno alle società più libere e democratiche possono indirizzare le politiche verso una dimensione più umana e onorevole.
tradotto da Umanità Nova
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