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Anno 501 la conquista continua (indice)


PARTE TERZA.
LA STESSA VECCHIA STORIA.


Capitolo 8.
LA TRAGEDIA DI HAITI.

1. LA PRIMA NAZIONE LIBERA DI UOMINI LIBERI.

"Haiti non è stata solo una delle due repubbliche formatesi per prime nel Nuovo Mondo", osserva l'antropologo Ira Lowenthal, "e neppure solamente la prima repubblica nera dell'era moderna. Haiti è stata la prima 'nazione libera di uomini liberi' a nascere all'interno di, ed in contrapposizione a, l'emergente impero europeo occidentale". La storia dei rapporti tra Haiti e Stati Uniti, le due repubbliche più antiche del Nuovo Mondo, dimostra come negli ultimi 200 anni si siano mantenute costanti non solo le linee fondamentali della politica estera di Washington, ma anche le loro radici nelle istituzioni americane e gli atteggiamenti culturali che le hanno sempre accompagnate.

La Repubblica di Haiti fu proclamata il primo gennaio del 1804 in seguito ad una rivolta di schiavi che cacciò i colonialisti francesi ed i loro alleati. I capi rivoluzionari sostituirono il nome francese 'Saint-Domingue' con quello di Haiti ('paese delle montagne', N.d.C.), usato dalla popolazione locale quando Colombo, nel 1492, vi stabilì la prima colonia europea nel Nuovo Mondo. Ma i discendenti degli abitanti originari (gli Amerindi, N.d.C.) non poterono celebrare la liberazione dai francesi in quanto erano già scomparsi da secoli. Infatti ad appena cinquant'anni dalla Conquista, la popolazione precolombiana di Haiti, la cui consistenza numerica oscillava, a seconda le stime, tra le centinaia di migliaia e gli 8 milioni, era stata ridotta ad una manciata di sopravvissuti. Secondo alcuni studiosi francesi contemporanei, quando la Francia (1697) strappò alla Spagna un terzo, quello occidentale, dell'isola di Hispaniola (l'odierna Haiti), gli indigeni erano già scomparsi del tutto. Del resto neanche il capo della rivolta anticoloniale, Toussaint L'Ouverture, poté celebrare quella vittoria: era stato catturato con l'inganno e mandato in una prigione francese dove lo aspettava "una lenta morte di freddo e di stenti", come scrisse uno storico francese del 1800. Il medico antropologo Paul Farmer osserva che ancor oggi gli scolari haitiani conoscono a memoria le parole pronunciate da Toussaint al momento dell'arresto: "Rovesciando il mio governo, avete abbattuto a Saint-Domingue soltanto il tronco dell'albero della libertà. Ma esso crescerà di nuovo perché le radici sono numerose e profonde" (1).

Quell'albero fiorì di nuovo nel 1985, quando la popolazione si ribellò alla sanguinaria dittatura di Duvalier. In seguito ad una dura lotta, la rivoluzione popolare portò alla vittoria il primo presidente haitiano liberamente eletto, il sacerdote populista Jean-Bertrand Aristide. Ma questi, sette mesi dopo il suo insediamento (febbraio 1991), fu deposto dai circoli militari e finanziari che avevano dominato il paese per 200 anni, e che non tolleravano la perdita del tradizionale privilegio di sfruttare e tiranneggiare la popolazione.

"Quando l'ultimo Duvalier fuggì da Haiti", racconta l'etnostorico portoricano Jalil Sued-Badillo, "una folla inferocita distrusse la statua di Cristoforo Colombo a Port-au-Prince e la gettò in mare" in segno di protesta contro "le devastazioni del colonialismo" perpetrate sotto "una lunga serie di tiranni" da Colombo a Duvalier, fino ai militari che dal 1991 hanno riportato nel paese la violenza duvalierista. Manifestazioni di questo tipo si ebbero anche nella confinante Repubblica Dominicana, soggetta ad un regime dittatoriale imposto dagli Stati Uniti con l'invasione dei Marines del 1965 ed anch'essa, dagli anni '80, vittima del fondamentalismo economico del Fondo Monetario Internazionale. Nel febbraio del 1992, come riferisce ad esempio il "Council on Hemispheric Affairs", il presidente Balaguer "scatenò le sue forze di sicurezza contro coloro che protestavano pacificamente per le esorbitanti spese delle Colombiadi, a fronte del fatto che il dominicano medio muoia di fame". La principale opera costruita per quell'anniversario è una croce reclinata, costata vari milioni di dollari, alta 30 metri e lunga 800 metri, illuminata da potenti fari che, come è stato scritto, "sovrasta una baraccopoli infestata dai topi, dove bambini affamati ed analfabeti sguazzano nell'acqua fetida che scorre nelle strade inondate dalle tempeste tropicali". Parte della bidonville fu sgombrata per fare spazio agli enormi giardini a terrazze intorno alla croce, ed un muro di pietra venne eretto per nascondere "la povertà disperata che quei suoi fari presto illumineranno". Le enormi spese per le celebrazioni, fece notare l'ex presidente della Banca Centrale, "coincidono con una delle peggiori crisi economiche verificatesi dagli anni '30". Dopo dieci anni di aggiustamenti strutturali, a Santo Domingo la sanità e l'istruzione sono dramnaticamente peggiorate, l'energia viene razionata e vi sono interruzioni nelle forniture di elettricità anche di 24 ore, la disoccupazione supera il 25% e la povertà dilaga. E, come afferma una vecchia della baraccopoli sovrastata dalla croce di Colombo, "i pesci grossi mangiano quelli piccoli" (2).

Colombo descrisse gli abitanti dell'isola come "amabili, docili, pacifici, miti, rispettosi", e la loro terra "ricca e rigogliosa". Hispaniola era, scrisse Las Casas, "forse uno dei posti al mondo più densamente popolati", "un alveare di gente" che "in tutto l'infinito universo dell'umanità... è tra le più ingenue e meno malvagie e bugiarde". "Per conoscenza diretta, essendo stato testimone dei fatti", scrisse ancora La Casas nel 1552, gli spagnoli, spinti da "avidità ed ambizione insaziabili", si avventarono sugli abitanti di Haiti "come bestie voraci... uccidendo, terrorizzando, umiliando, torturando, distruggendo i popoli indigeni" con "i più originali e svariati metodi di crudeltà, tanto che sopravvissero a malapena 200 persone. "Essere crudeli per gli spagnoli era la norma", continua Las Casas. "Più che crudeli, gli spagnoli si comportavano in modo così feroce perché, in seguito a quel trattamento duro ed umiliante, gli indiani non osassero più considerarsi esseri umani". Così "quando [gli abitanti di Hispaniola] videro ogni giorno i loro concittadini morire per il trattamento crudele ed inumano degli spagnoli, schiacciati dai cavalli, tagliati a pezzi con le spade, divorati e dilaniati dai cani, molti sepolti vivi, dopo aver sofferto ogni tipo di raffinate torture... decisero di abbandonarsi al loro infelice destino senza combattere, consegnandosi nelle mani dei loro carnefici così che facessero di loro quel che volevano".

Quando i 'mulini' della propaganda cominciarono a macinare, la storia venne poi corretta per giustificare retroattivamente quello che era stato fatto. Nel 1776, la nuova versione degli eventi era che Colombo avesse trovato "nient'altro che un paese ricoperto di boschi, incolto, ed abitato solo da alcune tribù di selvaggi nudi e miserabili" (Adam Smith). Come abbiamo già visto, la verità cominciò ad affiorare solamente negli anni '60 e suscitò il disprezzo e le proteste degli indignati fedelissimi della dottrina ufficiale (3).

Il tentativo spagnolo di saccheggiare le ricchezze dell'isola e di schiavizzare la sua mite popolazione non ebbe del tutto successo: gli abitanti di Hispaniola morivano troppo presto, quando non venivano uccisi dalle 'bestie feroci', o se ne andavano in veri e propri suicidi collettivi. Così, dai primi anni del '500, vennero importati ad Haiti schiavi africani, il cui numero salì poi sempre più, con lo sviluppo di un'agricoltura di piantagione. "Saint-Domingue era il più ricco possedimento coloniale europeo nelle Americhe", scrive Hans Schmidt, dal momento che nel 1789 produceva i tre quarti dello zucchero disponibile a livello mondiale ed era al primo posto per la produzione del caffè, del cotone, dell'indaco e del rhum. I padroni degli oltre 450 mila schiavi di Haiti, più o meno come avvenne nelle colonie britanniche delle Indie Occidentali, grazie al lavoro di questi ultimi procurarono alla Francia enormi ricchezze. La popolazione bianca, inclusi i sorveglianti e gli artigiani generalmente poveri, era di 40 mila persone. Inoltre vi erano circa 30 mila tra mulatti e neri liberi che avevano dei privilegi economici ma non l'uguaglianza sociale e politica, e ciò fu all'origine di una differenziazione di classe tra la popolazione locale che avrebbe portato alla dura repressione post-indipendenza, ed ancor oggi provoca sempre nuove violenze.

I cubani saranno anche stati considerati dagli americani di 'dubbia bianchezza', ma i ribelli che rovesciarono il dominio coloniale francese ad Haiti godevano di una fama ancora peggiore. La rivolta degli schiavi, che aveva raggiunto vaste proporzioni nel 1791, spaventò e sorprese sia l'Europa, sia il suo avamposto in America (gli Stati Uniti, N.d.C. ) che aveva appena dichiarato la sua indipendenza. Quindi l'Inghilterra invase Haiti nel 1793; la sua conquista avrebbe assicurato a Londra, come scrisse un alto ufficiale al primo ministro britannico Pitt, "il monopolio dello zucchero, dell'Indaco, del cotone e del caffè", tutti prodotti di un'isola che "per lungo tempo darà un tale aiuto e forza all'industria inglese da procurare enormi vantaggi ad ogni parte dell'Impero". Gli Stati Uniti, che avevano floridi commerci con la colonia francese, decisero quindi di mandare a quel governo coloniale 750 mila di dollari in aiuti militari e truppe fresche per schiacciare la rivolta. La Francia, da parte sua, inviò ad Haiti un grosso esercito composto anche da reparti polacchi, olandesi, tedeschi e svizzeri. Il suo comandante ad un certo punto scrisse a Napoleone che per imporre il dominio francese sarebbe stato necessario distruggere l'intera popolazione nera. La sua campagna era fallita, ed Haiti diventò così l'unico esempio storico "di un popolo schiavo che rompe le sue catene e usa la forza militare per sconfiggere duramente una grossa potenza coloniale" (Farmer).

La ribellione di Haiti ebbe profonde conseguenze: sancì il dominio britannico nei Caraibi. Quando Napoleone, abbandonando le sue speranze di un impero nel Nuovo Mondo, vendette il territorio della Louisiana agli Stati Uniti, questi vennero spinti a guardare sempre più verso il West. La vittoria dei ribelli ebbe un prezzo tremendo: gran parte dei raccolti e dei beni agricoli del paese furono cancellati, insieme a circa un terzo della popolazione. Inoltre la loro vittoria provocò orrore nei vicini paesi schiavisti, e questi appoggiarono le pretese francesi di ottenere enormi riparazioni; il diktat, secondo il quale il pagamento dei danni alla Francia sarebbe stata la condizione necessaria per entrare nel mercato mondiale, venne alla fine accettato nel 1825 dall'élite haitiana dominante. Ne risultarono, osserva Farmer, "decenni di dominio francese sulla finanza haitiana, con effetti disastrosi sulla delicata economia della nuova nazione". In seguito, nel 1833 la Francia riconobbe Haiti, come già aveva fatto la Gran Bretagna. Ma Simon Bolivar, la cui lotta contro il dominio spagnolo era stata appoggiata da Haiti a condizione che liberasse gli schiavi, una volta divenuto presidente della grande Colombia si rifiutò di stabilire rapporti con l'isola caraibica, sostenendo che questa "fomentava il conflitto razziale" - un rifiuto, commenta Farmer, "tipico dell'accoglienza riservata ad Haiti da un mondo monoliticamente razzista". I governi haitiani vissero per molti anni sotto l'incubo di una nuova riconquista e di un ritorno alla schiavitù, e questa paura fu una delle ragioni alla base delle costose e distruttive invasioni della Repubblica Dominicana alla metà dell'800.

Gli Usa furono l'ultima grande potenza ad insistere sulla necessità di mantenere un ostracismo nei confronti di Haiti, e la riconobbero solo nel 1862. Con l'inizio della guerra civile americana, la liberazione degli schiavi decisa da Haiti non era più un ostacolo al riconoscimento del nuovo stato; al contrario, il presidente Lincoln ed altri videro nel paese caraibico un posto che avrebbe potuto assorbire i neri indotti a lasciare gli Stati Uniti (la Liberia fu riconosciuta quello stesso anno, in parte per la medesima ragione). I porti haitiani furono così impiegati per operazioni militari dell'Unione contro i ribelli del sud. Negli anni che seguirono, il ruolo strategico di Haiti per il controllo dei Caraibi assunse così sempre maggiore importanza nell'ambito dei piani Usa ed il paese diventò quindi terreno di scontro tra le potenze imperiali. Intanto la sua aristocrazia monopolizzava i commerci, mentre i produttori agricoli delle regioni interne rimanevano sempre più isolati dal mondo esterno.


Note:

N. 1. Lowenthal, "Reviews in Anthropology", 1976, citato in Farmer, "AIDS and Accusation", la fonte di gran parte di quel che segue insieme a Schmidt, "U.S. Occupation". La classica storia della rivoluzione è quella di C. L. R. James, "The Black Jacobins". Le migliori valutazioni sulla popolazione sono di Sherburne Cook e Woodrow Borah, "Essays in Population History: Mexico and the Caribbean", California, 1971, (vedi Farmer, Stannard, "American Holocaust").
N. 2. Sued-Badillo, "Monthly Review", luglio/agosto 1992. Comunicato stampa COHA, 18 febbraio; Anne-Marie O'Connor, "Cox News Service", 12 aprile 1992. Sui progetti del F.M.I., vedi McAfee, "Storm Signals". Chomsky, "Deterring Democracy", cap 7.3
N. 3. Farmer, "AIDS", p. 153. Las Casas, brani in "Chicago Religious Task Force, Dangerous Memories". Stannard, "American Holocaust". Sale, "Conquest". Vedi anche Koning, "Columbus". Smith, "Wealth", lib. 4, cap. 7, parte 1., p. ii, 70.


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