PARTE SECONDA.
I SOMMI PRINCIPI.
Capitolo 4.
DEMOCRAZIA E MERCATO.
Finita la 'società del benessere', le istituzioni ideologiche si sono dedicate con rinnovato vigore a convincere le vittime designate dei grandi benefici portati dai 'sommi principi' creati per le popolazioni sottomesse. Fantastiche notizie sulle meraviglie delle economie di libero mercato continuano ad essere trasmesse ai popoli del Sud, vittime da anni di quelle stesse dottrine, e anche gli europei dell'Est sono invitati a prendersi la loro fetta di fortuna. Le élite dominanti dei paesi presi di mira, prevedendo di acquisire notevoli vantaggi, sono entusiaste, indipendentemente da quel che potrà accadere alle classi inferiori.
Un aspetto dell'internazionalizzazione dell'economia è l'estensione del modello delle due società, tipico del Terzo Mondo, ai paesi industrializzati. La dottrina del mercato diventa quindi un'arma ideologica essenziale anche nel Nord ed il carattere altamente discriminatorio delle sue applicazioni è oscurato dal sistema dottrinario. La ricchezza e il potere si concentrano sempre di più tra gli investitori ed i professionisti che beneficiano dell'internazionalizzazione del flusso dei capitali e delle comunicazioni. I servizi sociali - educazione, sanità, trasporti, biblioteche, eccetera - diventano superflui quanto coloro ai quali sono destinati, e quindi possono essere ridotti o eliminati completamente. Alcuni, è vero, sono ancora necessari, soprattutto le carceri, un 'servizio' che, occupandosi delle sempre più numerose persone inutili è in continua espansione. Infatti, come sostiene una ricerca portata avanti dall'Alleanza Nazionale per la Malattia Mentale ed il gruppo "Public Citizen" di Ralph Nader, mentre viene ridotta l'assistenza ai malati di mente, le carceri diventano "surrogati degli ospedali psichiatrici". Lo psichiatra che ha diretto la ricerca osserva che siamo tornati a pratiche abolite dall'800, tanto che 100 anni fa "vi erano in carcere meno persone psicopatiche di quante ve ne siano oggi". Quasi il 30% delle prigioni detengono dei malati di mente senza che siano accusati di alcun delitto. La guerra alla droga ha dato un suo contribuito determinante a questa tecnica di controllo sociale. Il drammatico aumento della popolazione carceraria che si è avuto verso la fine degli anni '80 non è dovuto all'aumento dei delitti, ma alla vendita e possesso di cocaina e alle condanne più severe chieste dai settori 'conservatori'. Gli Usa hanno di gran lunga il più alto tasso di carcerazione del mondo, "in gran parte per crimini connessi alla droga" (Mathea Falco). Per fortuna, spiega il "Wall Street Journal", non siamo in Cina, dove la "radicata mentalità da stato di polizia lascia poco spazio a quelle soluzioni creative che invece l'Occidente favorisce quando si affrontano malattie sociali quali la tossicodipendenza".
Le carceri offrono anche uno stimolo keynesiano all'economia, sia per quanto riguarda l'edilizia che per l'occupazione; basti pensare che l'unica categoria di dipendenti in aumento è quella del personale di custodia. Inoltre le prigioni offrono anche un metodo di riconversione produttiva accettabile dal sistema perché non intralcia le prerogative delle imprese. "Fort Devens candidata numero uno a divenire una prigione degli Stati Uniti", gridava entusiasticamente un titolo di prima pagina del "Boston Globe"; la trasformazione della base in carcere federale potrebbe compensare l'effetto negativo sull'economia locale dell'eventuale chiusura di quel complesso militare (13).
Uno degli obiettivi principali contro cui si scagliano i 'nuovi evangelisti' è l'istruzione pubblica, settore non certo indispensabile dal momento che i ricchi possono comprare per i loro figli ciò che vogliono sul 'mercato libero dell'educazione' e che l'idea di preoccuparsi del futuro della società nel suo complesso è finita nella spazzatura della storia, insieme ad altri antichi pregiudizi. Un articolo decisamente ottimista apparso sul quotidiano liberale "Boston Globe" descrive un esperimento fatto nella "città senza speranza" di Baltimora, dove le scuole stanno ormai cadendo a pezzi. Molte di queste saranno affidate ad un azienda privata che vi introdurrà finalmente "uno spirito imprenditoriale": "Efficienza privatistica ed un nuovo modello educativo... comportano la necessità, ad esempio, di assumere custodi non sindacalizzati e di inserire gli studenti con handicap nelle classi normali". Gli insegnanti per handicappati ed i bidelli iscritti al sindacato, con le altre loro indennità, saranno assorbiti dalle scuole che rimarranno pubbliche. Un'altra vittoria dello 'spirito imprenditoriale' è quella di sostituire insegnanti ad alto costo con i più economici interni e volontari (come i genitori). Questi miracoli del capitalismo dovrebbero "impartire utili suggerimenti al governo per migliorare il sistema scolastico" (14).
Elementi centrali della recente offensiva ideologica sono stati l'attacco all''eccessivo ruolo del governo' e le invocazioni d'aiuto per il povero contribuente - il quale in realtà, rispetto agli altri paesi sviluppati, è sottotassato (con aliquote assai meno progressive relativamente al reddito) (15), a tal punto da determinare il costante deterioramento di settori come l'istruzione, la sanità, le autostrade, cioè di tutti quelli che vanno a vantaggio della 'popolazione che non conta'. Contemporaneamente, mentre riecheggia fino ai cieli l'elogio del libero mercato, il governo ha alzato le barriere protezionistiche, incrementato i sussidi ed i salvataggi delle imprese, e tutti gli altri noti elementi dello stato assistenziale per i ricchi. Un risultato possibile grazie all alleanza tra stato, capitale e mezzi d'informazione di massa.
Note:
N. 13. 'Criminalizing the Seriously Mentally Ill', Anita Diamant, "Boston
Globe", 10 settembre 1992. Falco e altri articoli, "Daedalus",
'Political Pharmacology', estate 1992. James McGregor, "The Wall Street
Journal", 29 settembre 1992; questo articolo in prima pagina sull'oppio
burmese in Cina riesce a sorvolare completamente sul ruolo principale della
Cia nella creazione del flagello; vedi McCoy, "Politics". Victoria
Benning, "Boston Globe", 27 giugno 1992.
N. 14. Paul Hemp, "Boston Globe", 30 agosto 1992.
N. 15. Louis Ferleger e Jay Mandle, "Challenge", luglio/agosto 1991.
Le tasse negli Usa sono il 95% di quelle giapponesi ed il 71% di quelle europee,
contestando così il 'mito' che la pressione fiscale negli Stati Uniti
sia maggiore che negli altri paesi industrializzati; "Washington Post Weekly",
7 settembre 1992.