PARTE SECONDA.
I SOMMI PRINCIPI.
Capitolo 4.
DEMOCRAZIA E MERCATO.
Pochi tra gli esperti internazionali hanno colto l'essenza della politica occidentale meglio di George Kennan il quale, nel 1948, disse che se volevamo mantenere il dislivello esistente tra la nostra ricchezza e la povertà altrui, dovevamo mettere da parte gli "slogan idealistici" ed attenerci "ai puri rapporti di forza". Una regola con rare eccezioni. Ideali quali la democrazia ed il mercato vanno benissimo fintanto che le regole del gioco garantiscono la vittoria delle persone giuste. Se invece la 'plebaglia' tenta di alzare la testa, in un modo o nell'altro deve essere battuta fino alla sottomissione: nel Terzo Mondo spesso è più che sufficiente la pura violenza. Se invece le forze di mercato si rivelano pericolose per i privilegi dei paesi del Nord, il libero scambio, senza pensarci molto, viene velocemente gettato a mare.
Un banchiere americano che si trovava in Venezuela durante la sanguinosa dittatura
di Pérez Jimenéz espresse con chiarezza l'essenza della questione:
"Qui esiste la libertà di fare tutto quello che si vuole con i propri
soldi e, per me, questo vale più di tutte le libertà politiche
del mondo". Esauriente sintesi del problema (1).
Simili dottrine sono troppo radicate nelle istituzioni per poter essere seriamente
contestate dall'interno del sistema dominante caratterizzato dal sodalizio tra
stato ed imprese. Al massimo possiamo trovare qualcuno che ogni tanto impartisce
lezioni di morale sui diritti umani. Ma se sono in gioco interessi reali, la
retorica è presto messa da parte: quando è necessario sostenere
il genocidio a Timor, difendere la Guardia Nazionale di Somoza mentre massacra
migliaia di civili, oppure guardare con favore verso la Cina e Pol Pot, per
citare solo alcuni esempi di rare eccezioni ai 'sommi principi'. Ma veniamo
ora alla regola.
Una vicenda che spiega chiaramente quali siano i principi fondamentali dell'Occidente è quella delle reazioni americane, nel maggio del 1980, alla repressione del movimento democratico a Kwanju da parte della dittatura militare sudcoreana del generale Chun. Allora, come riporta un'inchiesta condotta da "Asia Watch", i paracadutisti "furono protagonisti di tre giorni di barbarie e mostrarono uno zelo pari a quello delle truppe d'assalto naziste", "picchiando, accoltellando e mutilando civili indifesi, inclusi bambini, ragazze e donne anziane". Secondo il rapporto, circa 2000 persone furono uccise nel furioso attacco. Gli Usa ricevettero due diverse richieste di aiuto: il consiglio cittadino, che sosteneva il ritorno alla democrazia, aveva invocato un intervento di Washington in favore di una soluzione diplomatica; il generale Chun aveva invece chiesto agli Usa di poter mettere in campo a Kwanju, oltre ai paracadutisti, altri 20 mila uomini che si trovavano sotto il comando americano.
Fu quest'ultima richiesta ad essere esaudita e unità aeronavali Usa
vennero dislocate nell'area in un'ulteriore dimostrazione di appoggio al governo
militare da parte di Washington.
"I cittadini coreani che si aspettavano l'aiuto di Carter rimasero esterrefatti",
scrive Tim Shorrock, quando "la notizia dell'appoggio Usa all'esercito
fu trasmessa alla popolazione di Kwanju dagli elicotteri dell'esercito ed annunciata
con titoli a tutta pagina". Pochi giorni dopo, Carter mandò a Seul
il capo della "Export-Import Bank" per rassicurare la giunta militare
del sostegno economico americano ed autorizzò un prestito di 600 milioni
di dollari. Mentre Chun si stava impadronendo della presidenza con la forza,
Carter asserì che, nonostante la sua preferenza per la democrazia, "i
coreani, secondo quanto da loro stessi sostenuto, non sono pronti, e non so
come meglio spiegarvi la situazione".
Chun arrestò migliaia di 'sovversivi' colpevoli di aver invocato la democrazia,
e li mandò in campi militari di 'rieducazione'. Centinaia di sindacalisti
furono eliminati; nuove leggi indebolirono fortemente i sindacati, portando
ad un calo del 30% dei loro iscritti. La censura si inasprì. Soddisfatta
di questi progressi, l'amministrazione Reagan diede a Chun l'onore di essere
il primo capo di stato ad essere ricevuto alla Casa Bianca. Nel corso di una
successiva visita in Corea nel 1986, il segretario di Stato George Shultz lodò
"il magnifico lavoro compiuto nel campo della sicurezza" e dell'economia,
e gli "eccezionali progressi" verso la democrazia. Shultz espresse
anche al generale Chun il deciso sostegno degli Usa e criticò duramente
l'opposizione democratica, rifiutandosi di incontrare i suoi capi Kim Dae Jung
e Kim Young Sam, e spiegando che "il modo in cui [i paesi] organizzano
la loro vita interna può variare, ma non per questo non si può
parlare di democrazia".
Per dimostrare quanto siano cambiate le cose dalla fine della guerra fredda, il presidente Bush scelse come primo leader africano da ricevere alla Casa Bianca Mobutu, l'amabile presidente dello Zaire, e lo salutò come "uno dei nostri più preziosi amici" senza far alcun riferimento alle violazioni dei diritti umani perpetrate nel suo paese. Tra gli altri premiati per il loro contributo alla democrazia e ai diritti umani vi furono anche gli amici di Bush a Baghdad e a Pechino, ed il folle dittatore rumeno Ceausescu (2).
Note:
N. 1. Rabe, "Road", p. 129.
N. 2. Asia Watch, "Human Rights". Shorrock, "Third World Quarterly",
ottobre 1986. "Harvard Human Rights Journal 4", primavera 1991. Vedi
il mio articolo in Peters, "Collateral Damage".