La pietrificazione del corpo


Tratto da "Il secondo sesso" - Simone De Beauvoir (1949)

Parte del capitolo MITI

Anche nelle civiltà più sottilmente sensuali, dove intervengono nozioni di forma e di armonia, i seni e le natiche sono oggetto di una spiccata preferenza a causa della gratuità, della contingenza del loro rigoglio. I costumi, le mode spesso si sono sforzati di escludere il corpo femminile dalla sua trascendenza: la Cinese che ha i piedi bendati può a malapena camminare, le unghie verniciate della diva di Hollywood le tolgono l'uso delle mani; i tacchi alti, i busti, i guardinfanti, le crinoline erano destinate, più che ad accentuare la grazia del corpo femminile, ad aumentarne l'impotenza. Appesantito dal grasso, o cosi diafano che ogni sforzo gli è reso impossibile, paralizzato da vesti scomode e dai riti della buona educazione, solo allora l'uomo lo riconosce come cosa sua. Il trucco, i gioielli sono anch'essi strumenti di questa pietrificazione del corpo e del viso. La funzione dei gioielli è assai complessa; vi sono primitivi che annettono ad essi un carattere sacro; ma il compito più consueto che sono chiamati ad assolvere consiste nel dare il tocco finale alla trasformazione della donna in idolo. Idolo equivoco; l'uomo la vuole carnale, vuole che la sua bellezza partecipi a quella dei fiori e dei frutti; ma ella deve anche essere liscia, dura, eterna come una pietra. Il compito dei gioielli è di farla più intimamente partecipe della natura e insieme di strapparla ad essa, di porgere alla vita palpitante la congelata necessità dell'artifizio. La donna si fa pianta, pantera, diamante, perla, mescolando al proprio corpo fiori, pellicce, gioielli, conchiglie, piume; si profuma per esalare un aroma, come il giglio e la rosa; ma piume, seta, perle e profumi le servono anche a celare la crudezza animale della sua carne, del suo odore. Ella si dipinge la bocca, le guance per ottenere l'immobile solidità di una maschera; imprigiona lo sguardo in uno strato spesso di belletto e di rimmel in modo che non sia più che il mutevole ornamento dell'occhio; intrecciati, arricciati, scolpiti, i capelli perdono ogni inquietante mistero vegetale. Nella donna abbigliata, la natura è presente, ma prigioniera, modellata da una volontà umana, secondo il desiderio dell'uomo. Una donna è tanto più desiderabile quanto più la natura è in lei, nel medesimo tempo, rigogliosa e asservita; tale è la donna "sofisticata", che è sempre rimasta l'oggetto erotico ideale. E il gusto per una bellezza più vicina alla natura è spesso una forma speciosa di sofisticazione.

Remy de Gourmont vorrebbe che i capelli della donna fossero liberi, fluttuanti come i ruscelli e l'erba delle praterie; ma le ondulazioni dell'acqua e delle spighe si possono accarezzare sulla capigliatura di una Veronica Lake, non su una testaccia irta, veramente abbandonata alla natura. Più una donna è giovane e sana, più il suo corpo nuovo e lustro sembra votato a una freschezza eterna, meno le è necessario l'artificio; ma bisogna sempre dissimulare all'uomo la debolezza carnale dell'oggetto che stringe tra le braccia e la degradazione che lo insidia. E, poiché ne teme il destino contingente, poiché la sogna immutabile, necessaria, l'uomo cerca sul viso della donna, sul busto, sulle gambe, la geometria di un'idea. Nei popoli primitivi, l'idea e solo quella della perfezione del tipo popolare; una razza che ha le labbra tumide e il naso piatto foggerà una venere con le labbra tumide e col naso piatto; più tardi si applicano alle donne i canoni di un'estetica più complessa. In ogni caso, più i tratti e le proporzioni di una donna sono il frutto studiato di una lunga preparazione, più l'uomo ne è felice; poiché in tal modo, ella sembra sfuggire alle metamorfosi delle cose naturali. Si finisce dunque in questo strano paradosso, che, desiderando vedere nella donna la natura, ma una natura trasfigurata, l'uomo vota la donna all'artificio. Così la donna non è solo physis; è anche antiphysis. E questo non soltanto nella civiltà della permanente elettrica, della depilazione a cera, dei busti di lastex, ma anche nei paesi delle negre, in Cina e dovunque sulla terra.. Swift, nella famosa ode a Celia, ha denunciato questa mistificazione; ha descritto con ribrezzo il fascino della bella donna, ricordando che anch'ella è schiava delle necessità animali del suo corpo; ma ha doppiamente torto d'indignarsi; poiché l'uomo vuole che la donna sia bestia e pianta e nello stesso tempo che si nasconda entro un'armatura fittizia; e la ama mentre esce dai flutti e da una casa di moda, la ama nuda e vestita, nuda sotto le vesti, precisamente come la incontra nell'universo umano. L'uomo che vive in città cerca nella donna l'elemento animale; ma il contadino che fa il servizio militare proietta sulla casa di tolleranza tutta la magia della città. La donna è campo e pastura, ma è anche Babilonia.


torna a: Workshop Antisessista Itinerante


- -