Il processo storico-naturale di sviluppo ineguale del capitalismo sta
producendo una accentuazione della lotta tra frazioni borghesi intorno al
tema "secessionismo-federalismo". Ogni condizione di sviluppo ed
integrazione economica di categorie sociali definite produce un loro
compattamento-raggruppamento intorno ad una identità politica che ne esprime
e difende gli interessi materiali. La condizione economica di integrazione
al mercato renano dell’area del nord-est ha prodotto la "lega nord", il
partito che sancisce una avvenuta separazione materiale e nei ritmi di
sviluppo tra aree geografiche nazionali.
FEDERALISMI
La relatività storica e geografica ha prodotto le molteplici sfaccettature
dei tanti "federalismi": federalismo "liberale" e "sociale interventista",
di "destra" e di "sinistra", di matrice tecnocratica ed economicista,
federalismo di carattere "democratico" e "pluralista" alla Tocqueville, ma
anche ispirato al tipico valore cattolico della "resistenza"
all’omologazione delle minori comunità dei singoli; o ancora federalismo di
Prodhon o il socialismo municipale francese. La spinta a costruire e
rafforzare le strutture federali è stata legata soprattutto allo sviluppo
della "libertà" di impresa e di mercato.
LO "STATO*RETE"
E’ soggetto inevitabilmente a due sviluppi tra loro connessi: da una parte
tende a perdere la sua sovranità sia verso l’alto (a favore delle
determinazioni internazionali) che verso il basso (autonomie locali
territoriali), e dall’altro diluisce orizzontalmente l’autorità verso
soggetti collettivi (autonomie funzionali e sociali). Ad aver determinato il
cambiamento in corso (cambiamento tra varie forme-stato) è la novità del
fenomeno impresa: alle storiche "famiglie" un nuovo tipo di popolazione è
rappresentata dalle imprese. A fronte di una popolazione di 57 mln di
persone e di 21 mln di famiglie e di 8100 comuni, le imprese ormai affollano
il quadro con ben 5,7 mln di soggetti.
IL RIFLESSO POLITICO
Nel test elettorale di aprile la "lega" ha perso la piazzaforte di Milano in
vantaggio di Berlusconi, ma conferma il suo radicamento sociale nella
provincia lombardo veneta. In sostanza il Carroccio continua ad esercitare
un ruolo non eludibile negli equilibri elettorali nordisti, di cui "Forza
Italia" è costretta a tener conto, il che, è oggi evidente, non esclude
eventuali accordi, accordi avversati dal "Ulivo" e da buona parte del
sindacato di stato.
IL PARTITO VATICANO
Le ideologie e le condizioni sociali del ciclo liberista sono da alcuni anni
al centro del processo di rielaborazione e di adeguamento da parte
dell’organizzazione della chiesa cattolica, che si presenta a cavalcioni tra
i ruoli di "collaborazione" e "opposizione". E’ parte del ceto politico
dominante ma ne è solo una delle espressioni. Nella pretesa di separazione
dallo "stato" sta il suo essere "movimento complementare", funzionale
all’ordine sociale. C’è l’intimo nesso della falsa coscienza tra
"complementarietà" e pretesa "opposizione" all’ideologia dominante.
Di "complementarietà" si tratta riguardo i panni freddi ecclesiastici nelle
febbri lombardo-veneti, rivendicata nella forma di "federalismo solidale"
per un nord tanto ricco e protestatario quanto orfano di un riunificante
partito cattolico.
LE "NOVITA’"
Ultimi arrivati, abili e arruolati nel "partito catalano", portatori d’acqua
per i mulini dell’"Ulivo", i "riappropriatori del welfare", "dal basso",
naturalmente.
NOI
Abbiamo cercato di dimostrare che sul tema "federalismo-secessionismo" è in
corso una battaglia tra fazioni economiche e relative espressioni politiche
tutte borghesi, tutte cioè concordi nel farci pagare il prezzo della
ri-formulazione della forma stato. Già, lo stato!
GRIGLIA INTERPRETATIVA CHE PROVIAMO A "COSTRINGERE" IN 3 SNODI:
*la crescente determinazione internazionale delle specificità nazionali
Noi crediamo che l’analisi teorica di parte proletaria non sia una scelta,
nel senso che anche essa è espressione della realtà e se la realtà materiale
è quella qui indagata anche l’analisi per studiarla ed il grimaldello per
scardinarla è questa. Lo è oggettivamente!
*occorre riappropriarsene come soggettività
La storia dei rapporti tra gli stati, dei loro scontri, della loro aumentata
concorrenza; l’estensione e la diffusione planetaria del modo di produzione
capitalistico; il gigantesco processo di proletarizzazione in corso
soprattutto ad est (Cina ed aree dell’ex capitalismo di stato "reale") e la
conseguente formazione di giganteschi agglomerati metropolitani sono la più
grande e terribile conferma delle leggi oggettive che regolano il corso del
movimento reale. I fatti del resto, hanno la testa dura e le chiacchiere non
riescono a capirle e tantomeno a cambiarle.
A chi ci guarda come panda "in via di estinzione" ed utopisti rispondiamo
che utopisti sono loro perché credono che il loro regno durerà in eterno.
sbagliando
ROMA SETTEMBRE 1997
DERAGLIAMENTI trx in onda tutti i martedì dalle 10.30 alle 12 su ROR
IL NESSO PROFONDO
E’ un processo oggettivo che avviene contemporaneamente al tentativo, in via
di svolgimento, di un riequilibro del sistema burocratico statale rispetto
alle ben conosciute ravvicinate scadenze internazionali. E’ un processo
oggettivo a fronte del quale i margini di manovra sovrastrutturali si fanno
sempre più ristretti e a poco servono accentuazioni di toni e
"contromanifestazioni"; così come a poco serve mettere il "pericolo lega
nord" al primo posto nel rapporto semestrale dei servizi di sicurezza.
Da una parte quindi lo stato-centrale con le sue necessità di ridefinizione,
riduzione del welfare e della spesa pubblica, dall’altra il tribalismo
economico-politico del secessionismo leghista basato sul "nuovo"
super-sfruttamento di una classe operaia sempre più multinazionale; in mezzo
il neonato movimento-partito dei sindaci, la cosiddetta opposizione alla
lega: "l’ulivo del nord-est", il partito della spesa pubblica, delle
autonomie locali che si oppongono alla riduzione del credito da parte dello
stato centrale, del "federalismo municipalista".
E’ dentro questa dialettica, nesso profondo del movimento-reale, che si
esplicita la cosiddetta "fine" dello stato-nazione; una fine tutta interna
ai processi sempre più veloci di internazionalizzazione del modo di
produzione capitalistico che, insieme ad uno sminuimento della decisionalità
nazionale provoca processi di uniformazione planetari.
Negli U.S.A., prima culla del federalismo, la molla che va dalla istituzione
della federazione alla guerra civile di secessione, è stata proprio e
prevalentemente, la volontà di potenziare e difendere il "libero commercio"
e le "libertà" individuali a questo legate. La stessa costruzione della
comunità europea, pur voluta da statisti borghesi come Adenauer e De
Gasperi, che vedevano nel solidarismo europeo la sola possibile via d’uscita
agli sconquassi di due guerre mondiali imperialiste, si è poi inserita e
rafforzata proprio in un contesto politico e culturale dominato dalle
ragioni del "libero" mercato.
Oggi si aggira per l’Europa una fortissima spinta verso l’esaltazione di
articolazioni regionali all’interno degli stati esistenti e verso una
struttura federale dell’Unione Europea, fenomeno questo che, a meno che non
venga modificato da controspinte verso un’Europa a "più velocità", è
destinato a segnare profondamente linee di fondo europee e quindi, di
conseguenza, aspetti certo non marginali del dibattito italiano.
Dibattito che vede al suo cuore autonomie territoriali, funzionali-sociali,
a fronte di partiti nazionali che, per salvaguardare il loro ruolo cruciale,
hanno sposato lo schema istituzionale centralista.
Proprio la repubblica democratica dei partiti ha rappresentato il freno
principale alle autonomie; non a caso la crisi dei partiti e la crisi del
sistema istituzionale sono esplose insieme.
Nel volgere dell’ultimo triennio i maggiori partiti italiani vanno
convertendosi al federalismo (insieme al codazzo degli "utili idioti" del
nord-est) tranne "la lega nord" che, nel frattempo, è passata al
secessionismo. C’è un "federalismo per abbandono", ovvero la ritirata dello
stato-centrale che trasferisce o delega il più possibile competenze a
regioni-province-comuni senza trasferire direttamente e contestualmente
risorse, ma si limita soltanto a prevedere l’istituzione di nuove imposte a
favore dei soggetti periferici.
C’è inoltre anche un "federalismo in movimento o municipalista" (quello
degli utili portatori d’acqua al mulino del "Cacciari-pensiero"), ovvero una
combinazione di autogoverno locale e delegificazione nazionale che
riconfiguri pienamente la "nuova" forma-stato.
Il "federalismo in movimento" contiene in sé l’idea di una identità
nazionale che faccia a meno dei vincoli ottocenteschi delle funzioni
pubbliche centralizzate e al tempo sappia coordinare il pluralismo interno
con il pluralismo europeo. Una "forma-stato in movimento", agile, snella,
a-burocratica, particolarmente corrispondente alle velocizzazioni del
mercato europeo. Una forma-stato, per certi versi, necessario al
riequilibrio tra struttura e sovrastruttura nazionale e che permetta
all’Italia l’aggancio al carro tedesco e all’Unione Europea, aggancio che se
non avvenisse, potrebbe ulteriormente attivare le spinte secessioniste.
Noi crediamo che "l’Europa" si farà, e crediamo che l’unità nella diversità
in cui la rete delle autonomie locali ricuce gli strappi dello stivale ne
sia un puntello importante. Il regionalismo delle grandi aree insieme al
"municipalismo delle cento città" potrebbe saldarsi e trasferirsi nella
dimensione europea dando al vecchio continente capacità e "pluralismo"
economico e politico in grado di competere con gli aumenti concorrenti del
capitalismo multipolare.
Una "nuova" forma-stato basata quindi sulle autonomie funzionali e sul
raccordo stretto con il sistema delle imprese; una sorta di Lander tedeschi
all’italiana, che rafforzi cioè l’articolazione regionale all’interno del
nuovo contesto europeo; una sorta di sostituzione della organizzazione
gerarchica dello "stato nazione" con un "nuovo stato-rete".
Una nuova statualità deve essere perciò organizzata a soddisfare le esigenze
economico-politiche della popolazione delle imprese e del sistema di
istituzioni reticolari e funzionali che le imprese pretendono; sistema
chiaramente indifferente a confini nazionali e perfino europei.
In soldoni (!) un pluralismo economico impone un pluralismo politico e le
forme-stato ad esso corrispondenti.
La forma-stato "federalista a rete" risulta quindi particolarmente
funzionale all’esigenze e alle forme aggregative dell’impresa, mentre
risulta più presente dove questa "forma-impresa" è più diffusa: nel nord
est, vera polveriera di piccola e media imprenditoria, zoccolo duro
dell’elettorato DC prima, oggi campo di scontro elettoralistico tra
Polo-Lega, Ulivo del nord-est per il controllo degli stessi interessi e
degli stessi voti.
Queste, secondo noi, le questioni sul tappeto, al di la di fallaci apparenze
di "contrapposizioni" ideologiche o addirittura ideali tra secessionisti,
statalisti e federalisti.
Al di la di "ampolle e di padanie", di "libere elezioni al nord" e
altrettanto libere "manifestazioni settembrine" (democratiche, antifasciste
e antirazziste...naturalmente!), al di la del fumo, questo, secondo noi, è
arrosto.
Alla conferma del radicamento del partito della "Lega", l’espressione
politica dell’integrazione renana del nord-est, si sta formalizzando e tenta
di opporsi l’espressione politica del federalismo municipalista, l’"Ulivo
del nord-est", in mezzo, coinvolto ed interessato allo stesso elettorato, il
"Polo".
Nell’attuale contingenza politica la partita si gioca intorno alle elezioni
del sindaco di Venezia. In prospettiva, e relativamente alle capacità
italiane di allineamento ai ritmi europei, lo scontro potrebbe acuirsi tra
fughe secessioniste e "stato-rete".
I vescovi italiani tentano di orientare un "gregge" confuso da un benessere
improvviso e dal disfacimento della vecchia DC, giocando per intero la loro
rivalsa nei confronti di una borghesia nazionale costretta a ricorrere al
soccorso pastorale per trovare un sostegno al proprio fallito. La scommessa
di oggi del "partito vaticano" è quella di incanalare gli umori prepolitici
del localismo verso un compromesso con Roma compatibile con il cammino di
riunificazione europea.
Purtroppo, quando manca la capacità vera di riflessione e di analisi della
realtà, si cade preda di allucinazioni e le si spaccia per "novità"; vecchie
come il capitalismo, e come il capitalismo da combattere.
"Novità" oblique su presunte "fini del comunismo" e sulla "inservibilità
della tradizione comunista, in tutte le sue varianti".
Il tutto scambiato con un presunto "salto di qualità nell’intervento e
nell’azione politica".
Dall’altra parte, sono circa 150 anni che ad oriente come ad occidente, a
"destra" come a "sinistra", migliaia di intellettuali, di giornalisti, di
uomini politici, si procurano comodi posti e rendite sicure sfornando libri,
articoli, discorsi "nuovi" in cui si disquisiscono su temi più disparati ma
perseguono il medesimo obiettivo: nascondere le leggi oggettive del
capitalismo, la capacità trasformativa della dialettica materialistica e
proprie categorie analitiche. Tutto ciò non ci sorprende.
L’opera di oppressione ideologica oltreché materiale di classe non è una
"novità". Piuttosto, la caratteristica contingente è il decadimento della
dignità "teorica" dell’attacco "nuovista".
Nonostante tutto, secondo noi, sono proprio i reiterati tentativi di
negare-travisare il corso del movimento reale a confermarci che l’operazione
non è andata in porto.
Per noi, ostili a "novità" a buon mercato, impermeabili a giravolte tanto
confuse quanto utilizzate, lo stato non è un orpello, un idea, non è il
"conciliatore di interessi di tutti i cittadini". NO.
Lo stato è l’espressione del dominio di classe, sempre, di più ;
lo stato è l’organizzazione politico-militare di questo dominio.
Da questo dominio non ci salverà nessuna "riserva del nord-est", nessun
"movimento dei sindaci", ma solo quella solita "vecchia" ma sempre più
urgente ed attuale trasformazione sociale che sia Scalfaro che Bossi che
Cacciari avversano uniti.
Dall’altra parte, non esiste nemmeno l’ipotesi di "rivoluzione sociale"
senza analisi del movimento reale. E’ per questo preciso motivo che va fatto
ogni sforzo da parte dei soggetti sociali oppressi più coscienti, per
ristabilire la griglia interpretativa materialistica e dialettica, come
unica possibilità di orientamento nella crescente e voluta confusione.
*la crescente determinazione economica delle linee politiche e delle forme
statuali
*la centralità della soggettività rivoluzionaria dentro la contraddizione
capitale-lavoro salariato, cuore di tutti gli altri rapporti sociali
*questo è il nostro problema di fase
*questo è il compito specifico della nostra generazione di militanti
SALUTI E LIBERTA’