A CURA DEL COLLETTIVO POLITICO ANTAGONISTA UNIVERSITARIO
Contributo di analisi-informazione-comunicazione

Parliamo di:





RAPPORTO TRA FORMAZIONE E MERCATO DEL LAVORO:

Esiste un nesso profondo che collega la nascita e le trasformazioni del Sistema Scolastico Italiano alle trasformazioni del sistema produttivo e, di conseguenza, della divisione del lavoro.

L' istruzione pubblica, fin dalla sua nascita, risponde alle esigenze del mercato del lavoro, avendo come scopo la formazione (al lavoro), non l' istruzione e la formazione personale.

L’organizzazione della scuola di Stato nasce, nell’Italia dell’unità (Legge Casati,1859), gerarchica, rigida, autoritaria, basata su di una impostazione dualistica (il classico, destinato a formare i ceti sociali superiori; il tecnico, per la "formazione professionale" dei settori sociali subalterni) e avente una funzione ideologica e formativa: "Formare, instillando valori borghesi nei bambini e nei giovani proletari-lavoratori, valori come l’obbedienza, lo spirito di sacrificio, la competizione, la pazienza, il rispetto per il lavoro e per l’ordine costituito".

Durante l’età giolittiana, fase in cui si assiste al decollo industriale italiano, le classi sociali subalterne tendono ad usare l’istruzione come canale di mobilità sociale ascendente, rompendo in continuazione il rapporto formazione-mercato del lavoro: le necessità produttive e le lotte sociali portano all’estensione dell’obbligo scolastico fino al dodicesimo anno di età e ad incentivare la scolarizzazione di massa nelle campagne. Con l’avvento del Fascismo, la Riforma-Gentile chiude alle classi subalterne ("ai deboli ed agli incapaci") ogni possibilità di promozione sociale, attraverso l’aumento delle scuole di scarico, cioè senza sbocchi; inoltre si istituzionalizza la divisione del monopolio dell’istruzione tra Stato italiano e Chiesa cattolica, facendo riprendere con forza alla scuola il ruolo di strumento di controllo sociale politico-ideologico.

Nel dopoguerra in particolare negli anni ‘50 e nei primi anni ‘60, vi è un forte rilancio dell’economia italiana, basato su un regime di bassi salari, alta produttività, elevata disoccupazione. Da una parte le lotte operaie in ripresa, dall’altra la necessità del capitalismo italiano ('58, nasce il Mercato Economico Europeo) di garantirsi il controllo di un’estesa massa proletaria giovanile disoccupata, hanno come conseguenza l’emergere della scolarizzazione di massa: nel 1962 viene istituita la Scuola Media Unica, che, per la prima volta, attacca l’impostazione dualistico-classista; nel 1969 si ha la liberalizzazione degli accessi all’Università. E’ in questo periodo che scuole ed Università, oltre che il tradizionale compito di controllo sociale, assumono il ruolo di "aree di parcheggio", contenitori della crescente disoccupazione giovanile.

Ma negli anni ‘70 si assiste ai primi accenni di un attacco progressivo, esercitato dallo Stato, nei riguardi dei settori sociali subalterni, con lo smantellamento delle garanzie sociali, l’aumento del costo della vita, la compressione dei salari: si iniziano ad introdurre principi quali flessibilità e precarietà. Lo stesso attacco subisce il soggetto studentesco, attraverso i mal riusciti tentativi di superamento della liberalizzazione degli accessi all’Università portati avanti dall’allora Min. Malfatti, sino ai più recenti tentativi del Min. Ruberti, che con il principio dell’autonomia finanziaria e didattica ha aperto la strada alle attuali riforme del Min. Berlinguer. Lo scopo era duplice: da una parte le necessità di mutamento del sistema produttivo, dall’altra la necessità da parte dello Stato di espellere dalle facoltà quei settori sociali che ormai mettevano in discussione ogni aspetto della società e della cultura.

Oggi il sistema formativo si pone nell’ottica di creare "disponibilità" psicologica a vendere o affittare la propria forza-lavoro a tempo determinato e per poche lire, nella previsione di lunghi periodi di disoccupazione, magari "alleviati" da miseri sussidi statali e da corsi di formazione come parte integrante della retribuzione (36 ore pagate 30, propone la C.G.I.L:.....). Questo può’ accadere perché il soggetto studentesco, privo di reddito, garanzie e prospettive concrete, si trova in una posizione di facile ricattabilità.

La limitazione degli accessi in alcuni corsi specifici si può’ spiegare con la necessità di "produrre" forza-lavoro iper-specializzata (formazione, non istruzione...) in numero limitato, sostanzialmente "su ordinazione": il decentramento, l’autonomia finanziaria e didattica, non sono altro che mezzi per rendere le facoltà funzionali agli interessi ed alle esigenze presenti in un dato territorio.

Non essendo ancora definitivamente completa ne’ la riforma del mercato del lavoro ne’, di conseguenza, quella della formazione, non è ancora possibile determinare con certezza il ruolo e la portata di ogni singolo provvedimento, pur comprendendo le linee generali della ristrutturazione in atto (per le quali rimandiamo agli articoli successivi). Ciò’ tuttavia non ostacola la possibilità di cogliere due elementi: il governo di centrosinistra, senza distinguersi da quelli precedenti, è "disposto con ogni mezzo necessario" (anche con l'uso della forza) a mantenere ed aumentare la funzionalità e la subordinazione dell' istruzione rispetto al Dio Mercato; infine, non possiamo fare a meno di notare come, in un periodo di elevata disoccupazione giovanile e dunque di potenziale rischio per la pace sociale (Napoli e la Francia insegnano), siano in continuo aumento i concorsi per posti di polizia.

PARITA’ TRA’ SCUOLA PUBBLICA E PRIVATA.

"...Senza oneri per lo stato..."

il progetto di finanziamento pubblico degli istituti privati andrà’ probabilmente in porto, nonostante le denunce di incostituzionalità’. Anche se la Corte costituzionale si pronunciasse in senso contrario la questione non sarebbe comunque risolta, ma, al massimo, rinviata, in attesa di rimuovere l’ ostacolo alla radice con la modifica dell’ art. 33 della costituzione,(visto il sostanziale accordo in merito tra’ i due poli).

Il taglio dei finanziamenti alla pubblica istruzione, il conseguente peggioramento del servizio (sovraffollamento etc.), l’autonomia finanziaria, sono solo alcuni dei numerosi "regali" dell’ attuale governo di centrosinistra, che oggi ritiene lecito sottrarre risorse alla scuola pubblica per riversarle nelle tasche "già;’ gonfie" di quella privata, presentando tutto ciò’ come "provvedimento necessario per la difesa del diritto allo studio".

Non e’ pero’ soltanto attraverso questi provvedimenti che si arriva alla parità’ scolastica: la parificazione rientra infatti nel progetto di creare un sistema misto pubblico-privato, non solo tramite il sostegno economico alla scuola privata, ma anche, soprattutto, mediante una gestione di tipo privatistico degli istituti e delle università’ pubbliche. Anche se l’ autonomia finanziaria non corrisponde ad una vera privatizzazione, i suoi effetti sono gli stessi, poiché’ costringono le università’ ad una competizione sfrenata per l'accaparramento di finanziamenti (privati), che sarebbero "concessi" solo ad università’ (o facoltà’, o addirittura solo a specifici dipartimenti) che fanno ricerche e/o sfornano studenti in linea con gli interessi del finanziatorecon evidente aumento della selezione, con criteri aziendali, e con una fin troppo evidente discriminazione in base alla posizione territoriale/geografica.

Cosi’ come l’istruzione privata, che ha sempre avuto finalità’ specifiche (religiose o altro, come la LUISS), anche la scuola/università’ pubblica sacrificherà’ la cultura e la formazione di un sapere critico, per "produrre" forza-lavoro disponibile, flessibile (...precaria...) o in alcuni casi iper-specializzata (v.numero chiuso). Questa aziendalizzazione comporterà’, infine, una sostanziale perdita di garanzie per il personale, docente e non, il cui contratto, da collettivo e nazionale, diverrà’ individuale, subordinato alle esigenze di flessibilità’ e competitività’ del nuovo modello di scuola-impresa.

Non basta dunque opporsi solo al progetto di finanziamento pubblico alle private, ma e’ necessario opporsi a tutto il pacchetto del ministro progressista (per chi ?) Berlinguer, poiché’ e’ in continuità’ con le "scelte" di chi lo ha preceduto e va in una direzione che nulla ha a che fare con i reali bisogni degli/delle studenti, verso un’istruzione (formazione) funzionale solamente alle esigenze competitive del Mercato globale.

AUTONOMIA FINANZIARIA

La riorganizzazione del mercato del lavoro, recentemente portata a compimento attraverso il pacchetto-Treu, si riflette in modo particolare sull’istruzione: l’accordo per il lavoro (tra governo, Confindustria e sindacati) dedica ampio spazio alla formazione, confermando la stretta correlazione tra lavoro e percorso formativo. Il progetto di riforma dei cicli scolastici del Min. Berlinguer e le linee guida fornite dal MURST (Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica) per la riforma dell’istruzione universitaria, stabiliscono i criteri necessari dell’offerta formativa, che si basano essenzialmente sul decentramento organizzativo, didattico e finanziario a livello locale: è l’ormai famosa AUTONOMIA.
Affinché la riforma del sapere non incontri sul suo percorso decise resistenze, la strategia con la quale si susseguono i provvedimenti in materia è definita "a mosaico": non, quindi, una riforma globale e complessiva, ma una serie di piccoli tasselli che compongono un unico "puzzle".E’ chiaro che volendo svolgere un’analisi adeguata dobbiamo considerare il disegno riorganizzativo nella sua totalità. Particolare importanza rivestono i principi organizzativi fissati dal gruppo di lavoro del MURST su autonomia didattica e innovazione dei corsi di studio di livello universitario e post-universitario (a titolo informativo segnaliamo la presenza, tra baroni e rettori vari, di due docenti de "La Sapienza". Luciano Bernadusi, prof. di sociologia dell’educazione nella fac. di Sociologia; Sergio Lariccia, prof. di dir. amministrativo nella fac. di Sc. politiche).Il principio base è sintetizzato in una frase ripetuta più volte: "è permesso tutto ciò’ che non è espressamente vietato": questo vuol dire che gli atenei dovranno attenersi a pochi principi generali e saranno liberi di estendere la propria azione al di là di questi confini, in particolare stipulando contratti e stringendo relazioni con gli enti pubblici e/o privati presenti sul territorio di competenza. L’autonomia provocherà gli stessi effetti per quanto riguarda le scuole, le quali potranno usufruire di un "progetto educativo autonomo" in grado di potenziare il collegamento con le imprese territoriali. In entrambi i casi ne consegue una differenziazione di scuole e atenei a seconda della loro dislocazione, accentuando le disparità regionali e territoriali, che già sono molto forti in questo paese. Fondamentale è anche il principio di "contrattualità", che evidenzia la gestione di tipo aziendale delle università introdotta dall’autonomia finanziaria, organizzativa e didattica: oltre allo stretto rapporto istituzionalizzato tra singolo ateneo e "soggetti che concorrono al suo finanziamento"(stiamo parlando sia delle aziende, che usufruiranno poi dei loro risultati dei loro investimenti, selezionando dagli atenei i "quadri" che riterranno più competitivi e professionali; sia dello Stato, che finanzierà quegli atenei che offriranno "un prodotto di qualità", quindi, presumibilmente, quelli già pluri-finanziati dalle imprese), si stipulerà un vero e proprio contratto tra studenti e atenei. Quindi l’Università diventa azienda e vuole assicurarsi, attraverso un contratto, che le/gli studenti forniscano le prestazioni previste in cambio della "splendida" offerta formativa indirizzata verso il lavoro a vita. Quest’ultima può’ oltretutto variare se rivolta a studenti "full-time" o "part-time"(ovvero lavoratori/trici): la formazione per questi ultimi viene definita "lifelong"(!!!), ciò vuol dire che per essere più competitivi si può’ usufruire di ulteriori percorsi formativi, in un quadro in cui la formazione (al lavoro) diventa a vita, permanente. Ma oggi la formazione è permanente anche perché il bagaglio "culturale" acquisito (definito dal MURST "capitale"...) è sottoposto ad una incessante usura ed è necessario rinnovarlo continuamente. In altri termini il sistema produttivo ha bisogno di forza lavoro sempre più specializzata, sempre più aggiornata e soprattutto sempre più disposta ad entrare ed uscire dalla produzione a seconda delle esigenze delmercato. Cosicché il percorso formativo previsto si articola in varie tappe, raggiunte tramite l’accumulazione dei cosiddetti crediti, che quantificano il carico di lavoro richiesto alle/agli studenti: la laurea, conseguita con minimo 240 crediti, è preceduta da un biennio trasversale per facoltà diverse (il CUB, certificato universitario di base, che fornirà conoscenze comuni e non specializzate) e dai cosiddetti masters, corsi post laurea a carattere professionalizzante che diventano di fatto obbligatori, perché unici a fornire una specializzazione. La tecnicizzazione e la parcellizzazione del sapere portano inevitabilmente ad una svalorizzazione dei titoli di studio conseguiti e ad una maggiore selezione (chi potrà permettersi il costo di un percorso simile, considerando che un’analoga tripartizione sarà effettuata anche per il ciclo medio-superiore?).Inoltre, i creditisi conseguirebbero non solo con le prove d’esame, ma anche con stage aziendali ed altre attività di collaborazione extra-universitaria, oltre che con la frequenza regolare a lezioni, seminari, laboratori: e chi ha un lavoro al nero e/o precario per pagarsi gli studi? E i fuorisede? La risposta a questi quesiti appare purtroppo scontata. Come l’entrata nell’UE è stata pagata a suon di tasse e sacrifici dalla classe lavoratrice, così è sempre quest’ultima a pagare ilprezzo della selezione sociale e della competitività, anche per ottenere il "privilegio" dell’istruzione; tutto comunque non certo per poter acquisire una conoscenza ed una coscienza autonoma e critica, ma sempre per un sapere funzionale agli interessi delle imprese che finanzieranno scuole ed atenei. L’osannato decentramento prevede inoltre un continuo monitoraggio interno ed esterno "dell'efficienza dei processi e della qualità dei prodotti": interno, secondo i termini del contratto studente-ateneo; esterno, sulla base di quello stipulato tra ateneo e soggetti finanziatori. La tendenza di questa ristrutturazione appare esplicita se messa in relazione con quella del mercato del lavoro, che introduce flessibilità e formazione continua per potersi adeguare ai dogmatici parametri dell’UE. Ma quale sarà il ruolo dell’Italia nell’Europa di Maastricht? E come si tradurranno, nella sperimentazione concreta, l’autonomia degli istituti formativi e la deregolamentazione del mercato del lavoro? In questa fase di transizione restano ancora tante perplessità, nel frattempola gara è già iniziata...basta solo iscriversi...!!

AL DE LOLLIS, DOPO LA LOTTA

L’occupazione della Casa dello studente di Via De Lollis ha avuto una durata eccezionale: iniziata il 13 ottobre ha avuto la sua conclusione il 12 dicembre del ‘97. Se all’elemento tempo aggiungiamo l’elemento estensione della lotta -che ha toccato tutti gli studentati esistenti nella città di Roma- abbiamo quella che è forse la più importante battaglia dei fuorisede svoltasi da 15 anni a questa parte. Né parliamo con un compagno del KPF (collettivo politico fuorisede), il quale non si limiterà a spiegare meglio la dinamica e la peculiarità di una mobilitazione, maci ragguaglierà anche sulle prospettive di lavoro di qui ai prossimi mesi."Dico bene?" - "Si, dici bene, ma prima di procedere alla discussione sulle prospettive, gettiamo lo sguardo su quella che è stata l’occupazione, sui suoi caratteri distintivi rispetto alle occupazioni della Casa dello studente che l’hanno preceduta. Negli ultimi anni si sono effettuate mobilitazioni sempre dopo l’uscita delle graduatorie del bando dell’ADISU, raccogliendo ed organizzando il malcontento di chi era stato tagliato fuori dall’accesso ai servizi per il diritto allo studio: le occupazioni ,quindi, erano legate ad un disagio immediatamente vissuto da una parte delle/degli studenti. Quest’anno si è partiti da un problema concreto, costituito dal ritardo di oltre otto mesi nel pagamento delle borse di studio per l’anno accademico ‘96-’97, per sviluppare un discorso complessivo su quella che è la negazione del diritto allo studio; per quei fuorisede che dovrebbero usufruire dei servizi ADISU, si è andati oltre il dato contingente! Se mi consenti un paragone, la differenza che passa tra questa occupazione e quelle che l’hanno preceduta è quella che si ha tra uno sciopero di fabbrica che, pur partendo da un singolo elemento, si rivolge a tutti i problemi interni ed uno sciopero che, magari nella stessa unità produttiva, dà una risposta immediata a dei licenziamenti."E’ questo carattere meno legato al contingente che ha favorito alcune prese di posizione all’ interno dell’assemblea degli occupanti?"-"Certo, prendiamo a riferimento due episodi particolari, entrambi ricollegabili al valore della battaglia antifascista: il 28 ottobre, in occasione dell’iniziativa in omaggio alla marcia su Roma da parte di un nucleo di fascisti, e l’11 novembre, con la calata pre-elettorale di Borghini e Buontempo nell’ateneo. Ebbene, in tutti e due i casi si è avuta una chiara presa di posizione non solo della Casa di Via De Lollis, ma, attraverso 2 assemblee unitarie, di tutte le Case dello studente di Roma."-"Bene, abbiamo detto che l’occupazione al De Lollis è stata importante ed ha avuto anche un carattere abbastanza politico. Come la mettiamo, però, col fatto che nella città universitaria la situazione è un po’ morta?"-"E’ un problema, anche perché la mobilitazione dei fuori sede ripiega su se stessa se non ha, in ogni facoltà, una contestazione permanente della politica governativa sull’istruzione, tuttavia non mi scoraggerei: un anno o due di lavoro fatto bene, di consolidamento del radicamento in ogni facoltà e "...mettiamo a ferro e fuoco..."l’università.-"Un momento, però: a noi piace "incendiare la prateria", ma il terreno è diverso da quello che si ha nella Casa dello studente. Nelle facoltà non c’è un rapporto così diretto, immediato con il tuo referente!"-"Si, questo è vero e incide sulla capacità delle strutture di facoltà di diventare punto di convogliamento e di organizzazione del dissenso. Da noi, vivendo in una Casa dello studente, con tutti i disagi che ne conseguono, si ha un livello di socialità alto. Per di più, le occupazioni di questi anni, legati agli obiettivi immediati di cui prima ti parlavo, hanno ulteriormente favorito la comunicazione tra il militante e le/gli studenti. Si, è vero, da noi c’è un terreno diverso, più favorevole all’iniziativa, ciò non toglie che di limiti soggettivi i/le militanti de "la Sapienza" ne hanno dimostrati tanti. Le strutture di facoltà sembrano fatte di materiale friabile, si sgretolano subito. Da noi il collettivo, con tutti i suoi limiti, resiste e le varie anime che lo compongono si ricompongono sul terreno della battaglia per il diritto allo studio. Nella città universitaria si discute troppo, forse, di questioni astratte..."-"Vacci piano. In linea di massima non è che qui si discute di teoria negando il rapporto con la prassi...magari l’avessimo la teoria! Il punto, comunque, è un altro: la maggior parte dei disagiati non frequenta. Come la metti di fronte a questo problema?"-"Bè, un fatto è certo: proprio a fronte di questo problema vanno costruite strutture di facoltà solide, che siano un punto di riferimento reale, sennò lo/la studente ragiona in modo individualista, tende, cioè, a salvare il salvabile come singolo/a, se non vede un punto di riferimento solido, tale da imporsi anche a chi frequenta poco l’Università."-"Certo, lo sfilacciamento non ci avvantaggia nel fare politica nella città universitaria. Il problema di fondo, però, rimane: una struttura di facoltà, anche la più solida, come contatta inizialmente il/la referente?"-"Qui tocca rimboccarsi le maniche e fare un lavoro quotidiano, oscuro,"da talpa".In un paio d’anni di lavoro si dovrebbe rovesciare la situazione. L’ importante è aver chiaro nella testa un percorso che orienti l’attività quotidiana.Non dimentichiamo una cosa: l’occupazione dell’ottobre ‘96-’97 scaturisce anche da un percorso che, come collettivo, abbiamo delineato sin dal settembre ‘96, un percorso includente sia la mobilitazione per il diritto allo studio che le iniziative culturali, magari portate avanti da gruppi di lavoro, in comunicazione con il collettivo stesso..."-"Mi pare che questo lavoro si faccia un po’ ovunque.."-"Fammi finire. Noi diamo vita a due percorsi paralleli, come ti dicevo: uno è legato all’iniziativa culturale e politica, che si svolge soprattutto nella sala teatro che abbiamo a disposizione; l’altro muove i suoi passi dai disagi vissuti da chi vive nella Casa. Ora, per noi il punto è questo: nelle inevitabili fasi di bassa marea, di riflusso del movimento - magari a seguito di una piccola vittoria, come quella che abbiamo ottenuto con l’ultima occupazione - ci sforziamo soprattutto di costruire iniziative culturali che siano un momento di crescita per chi ha partecipato alla mobilitazione..."-"E fate bene! Quello che ha sempre danneggiato la politica alla Sapienza è stato il delirio movimentista, per il quale l’unica politica possibile è quella che si ha durante i momenti alti del conflitto; quando l’ondata di mobilitazione rifluisce, o non si fa niente oppure si fa la parodia del movimento, si fanno scaturire le lotte dai propri cervelli. Se, più modestamente, si lavorasse per costruire quel terreno su cui si basano le stesse esplosioni conflittuali!"-"Vedo che su questo siamo d’accordo. Lo ammetto, quello che dico sulla politica nella città universitaria è da prendere con le pinze, poiché i miei giudizi sono filtrati dalla mia esperienza qui alla Casa dello studente. Però, come puoi ben vedere, alcuni aspetti della nostra esperienza sono generalizzabili, quasi esportabili..."-"Si, in parte ciò è vero...piuttosto, la vostra lotta non rimanda ad una battaglia sul salario indiretto, magari da fare assieme?"-"La nostra lotta, per i servizi in favore del diritto allo studio, è già lotta per il salario indiretto. Noi, d’altra parte, lottiamo sempre a partire dall’elemento concreto, che traduciamo in richiesta di precise misure (ad esempio, di criteri non meritocratici di ammissione ai servizi).Molti, nelle facoltà, partono in quarta contestando la politica governativa, rivolgendosi così ad una cerchia di "eletti politicizzati". Noi alla contestazione del governo ci arriviamo per gradi, coinvolgendo studenti che, lottano per il proprio "particulare". Peraltro noi chiediamo servizi, più che agevolazioni monetarie. I servizi restano...e all’Università ce ne sono così pochi, pensa al

progetto Erasmus che non ha il criterio di reddito tra quelli richiesti per parteciparvi."-"Tutto bene, tutto tranquillo, ma il punto è un altro: con tutte le vittorie che potete ottenere, voi migliorate le condizioni di vita di 1300 fuorisede che usufruiscono degli alloggi ADISU...per gli altri 59000 che facciamo, a Roma gli affitti sono alle stelle! Perché non ce li facciamo da noi gli studentati, occupati e autogestiti?"-"E’ una bella prospettiva, ne discutiamo insieme nei prossimi mesi!"-"Si, d’altronde l’ho buttata là a mo’ di provocazione. In sede di chiusura, quale è il ruolo effettivo del KPF alla Casa dello studente?"-"Il collettivo, che vede al suo interno 40 persone (alcune delle quali unitesi a noi durante l’occupazione), è un punto di riferimento in più sensi. E’ il punto di riferimento nelle lotte per il diritto allo studio e aiuta il singolo ad uscire fuori dalla logica individualista, a capire che la sua lotta non avrà successo se concepita come la lotta personale per la sopravvivenza; è un punto di riferimento, inoltre, per coloro che vogliono impegnarsi soprattutto al di fuori dell'università -ce ne sono molti coinvolti nel volontariato ed in altre attività - ma non disdegnano la promozione di iniziative all’interno. Si può dire che il KPF raccoglie la componente più attiva della Casa dello studente, in rapporto dialettico, "organico" con gli/le altri/e".

Su queste ultime considerazioni da "manuale" della lotta universitaria chiudiamo l’intervista, ricordando in sintesi che la Regione Lazio, attraverso un comunicato che risponde all’occupazione ed ai problemi da essa sollevati, accoglie sostanzialmente le richieste delle/degli studenti, riguardo il problema dell’insufficienza del numero di borse di studio, dell’inadeguatezza del numero di posti per i fuorisede, della necessità di un generale aumento dei servizi "ADISU", indicando inoltre la volontà di realizzare una Agenzia per gli affitti, per orientare le/gli studenti sul mercato. Tutto questo, ovviamente (dice l' assessore), nei limiti delle compatibilità economiche.

COLLETTIVO POLITICO ANTAGONISTA UNIVERSITARIO