da: Comitato Difesa Anarchici c/o El Paso
elpaso@ecn.org

Guido Mantelli e Roberta Nano, contro i quali è stato spiccato nel settembre '97 mandato di catura nell'ambito dell'inchiesta Marini contro gli anarchici e tuttora in libertà, ci hanno fatto pervenire questa lettera:


Ottobre 1997

Ai compagni tutti

In vista del processo che avrà inizio alla fine di ottobre a Roma ed in cui siamo imputati, assieme a decine di compagni, di aver costituito o partecipato ad una "banda armata" chiamata O.R.A.I. (o in uno qualsiasi dei nomi che di volta in volta gli affibbiano gli inquirenti), ci sembra opportuno rendere pubbliche alcune nostre considerazioni. Certo non è nostra intenzione né diletto sprecare tempo nel spiegare a giudici e sbirri che cosa sia per noi l’anarchismo o quali siano motivazioni, mezzi e finalità del nostro pensare ed agire antiautoritario, quindi in merito alle accuse per cui siamo processati non abbiamo di che dilungarci: la banda armata di cui parlano gli atti di accusa non è mai esistita. E questo sia ben chiaro non a causa di nostre eventuali allergie verso l’utilizzo di certi strumenti o tentativi organizzativi visto che, e non ci stancheremo mai di ribadirlo, crediamo sia una naturale conseguenza del nostro desiderio di libertà la ricerca e sperimentazione di metodi, armi, relazioni e strutture che possano risultare efficaci nella lotta rivoluzionaria.

Forme organizzative verticistiche, per di più con un nome tanto scialbo come O.R.A.I., non possono trovare spazio che nei pensieri ottusi degli uomini di potere. A partire da tali considerazioni riteniamo che il processo di Roma altro non sia che un processo politico, il cui esito non si gioca nelle aule di tribunale, quanto piuttosto nello scontro tra interessi del potere e l’efficacia della risposta dei compagni tutti, dentro come fuori dalle galere, alle manovre della repressione.

Vista l’indole giudiziaria e la funzione politica che riveste tale processo possiamo benissimo aspettarci, come in tante altre occasioni anche recentissime (vedi processo Silocchi) è capitato, che si arriverà alle condanne per quanto gli avvocati possano smontarle e denunciare a viva voce l’infondatezza del castello accusatorio. Siccome però non tutti i compagni si ritrovano in tale conclusione e, a partire dagli arresti di settembre ’96, non ci pare sia stato possibile ritrovarci su una posizione collettiva per affrontare la situazione che si era venuta a creare (cosa che sicuramente avremmo preferito) ci sembra inevitabile esprimere la nostra posizione in merito ad una eventuale difesa legale che ci rappresenti in sede processuale.

A nostro avviso il difensore legale può essere utile esclusivamente per quanto concerne l’acquisizione di dati e di informazioni giudiziarie e la presentazione di mozioni e ricorsi che lo Stato permette solo ad operatori specializzati quali sono gli avvocati.
Non certo a sostenere le nostre posizioni politiche né tanto meno a garantire che con il loro apporto si possa volgere a nostro favore la decisione dei giudici.
Quindi essendoci tecnicamente impossibile discutere con un avvocato tali aspetti tecnici e non volendo delegare, senza possibilità di controllo, ad un operatore del settore l’assoluto arbitrio su quanto possa essere più utile ai nostri interessi, chiediamo si possa attraverso il comitato di difesa tecnico in accordo con compagni e familiari, garantire per mezzo degli avvocati ad esso relazionati eventuali ricorsi ed appelli che si consideri possano favorire la situazione di tutti gli inquisiti.

Quindi nessun trattamento ‘individualizzato’ e nessun tentativo di dare in pasto alla Corte interpretazioni da parte di un difensore legale dei nostri percorsi, metodi e modi di pensare.

Pensiamo che la celebrazione del processo altro non possa rappresentare che un momento fra i tanti di mobilitazione contro l’attacco repressivo di cui siamo oggetto, un momento di lotta da propagare fuori dai tribunali con iniziative di solidarietà ai compagni inquisiti e di critica radicale alle montature del regime democratico.
E’ in questo ambito, negli spazi e nei tempi della lotta, che veramente si decidono le nostre sorti.
A tutti i compagni i nostri più forti abbracci di rivolta.

Roberta Nano
Guido Mantelli

ps: ci interesserebbe che queste considerazioni potessero circolare nel modo più ampio possibile tra tutte le persone coinvolte, in un modo o nell’altro, nella mobilitazione contro la montatura Marini.