Aggiornamenti processo ROS/Marini contro gli anarchici

[21.02.2000]

Nella mattinata di oggi, sempre riservata all'accusa, il pm Marini, ha presentato gli eventi giudiziariamente più rilevanti, cioè la rapina (in cui ci fu anche una morto) alla gioielleria Giletti di Pescara, l'autobomba sul Prenestino e il ritrovamento del 'covo' di Via C. Colombo; i soggetti trattati -non a caso come gruppo- sono quelli definiti gli anarchici del 'gruppo romano'.

Anche in questo frangente, data l'assenza di qualsiasi altro riscontro, ha citato le sentenze di altri procedimenti e le deposizioni di diversi 'collaboratori di giustizia': da G.Mele per il processo Silocchi alla famiglia Sforza fino, naturalmente, alla Mojdeh Namsetchi.

Sono costoro quelli che a vario titolo, anche con chiamata di correo, dichiarano l'esistenza di un'organizzazione criminale sovversiva che si autofinanziava con le rapine per commettere attentati. Secondo queste testimonianze il provento dei colpi veniva suddiviso solo in parte tra gli esecutori e il resto veniva investito in una cassa comune (testimonianaze della Namsetchi sulle rapine a Trento, di uno degli Sforza su quella di Pescara); questo, ha detto Marini, "..li rende assai più pericolosi dei normali rapinatori, perché mentre quest'ultimi rapinano per fare la bella vita, costoro, che addirittura vestono in modo dimesso, non spendono, usano i soldi per finanziare attentati".

Quando mancano i soldi, infatti, secondo Marini, si usano altri metodi, mezzi minori, ha detto citando il ritrovamento a seguito di un fermo a Roma di esplosivo, carte topografiche in cui erano segnalate delle caserme, istruzioni sul confenzionamento di ordigni casalinghi etc.

Sempre con queste 'confessioni' Marini ha cercato abilmente di ricostruire la struttura di questo cosiddetto 'gruppo romano' che, in collaborazione col 'gruppo siciliano di Bonanno' e in sodalizio con la criminalità comune (gli Sforza, usati per rubare auto, ricettare, etc) e l'anonima sarda, avrebbe affitato la famosa cantina in via C.Colombo dove sono state trovate armi, armi da guerra, esplosivi, detonatori, documenti, divise e pubblicistica anarchica.

Il gruppo sarebbe poi stato compromesso dall'episodio, relativo al sequestro Berardinelli, quando si sarebbero dovuti vendicare 4 sequestratori caduti sotto i colpi dei NOCS (cita la linea dura del v.procuratore di Firenze Vigna) con un autobomba-trappola, in cui trovò la morte De Blasi preparando l'attentato.

Secondo il pm la scossa emotiva dovuta alla perdita di un militante oltre che amico ("questa è un'org. Particolare, non può permettersi di perdere un militante, perché dalla morte di uno si può risalire all'identità degli altri...") sarebbe all'origine di confidenze fatte da alcuni membri del 'gruppo romano' agli Sforza, impiegati solo marginalmente in queste attività, che si sarebbero quindi scaricati la coscienza dopo il morto di Pescara. Tutta la cronaca degli eventi e rapporti tra questo gruppo, i 'siciliani di Bonanno' e i 'sardi' è basata solo sulle 'confessioni' dei personaggi di cui sopra.

Parlando del 'gruppo romano' ha citato De Blasi, Garagin, Del Vecchio, Barcia, Campo, Scrocco, Condrò e parzialmente Berlemmi, per quello siciliano Bonanno, Stasi, Ruberto, Cortemilia, e F. Porcu per i 'sardi'; quindi Gizzo, Sassosi, Andreozzi come elementi di collegamento e esperti d'esplosivi in contatto con Budini, Gugliara, Mantelli, Nano e Camenisch (di cui ha ricordato l'arresto dopo un conflitto a fuoco coi Cc e la condanna per l'attentato a un traliccio dell'Enel).

Ha quindi ricordato le 'centinaia e centinaia di attentati tutti a chiara matrice anarchica’ a simili strutture senza mai trovare nessuna responsabile, quelli alla catena della Standa, nonché il rinvenimento durante diverse perquisizioni a casa degli ultimi citati di svariata pubblicistica in merito, in particolare del nr. 55 di Anarchismo e di Gas dove sono dettagliatamente pubblicate istruzioni su come sabotare i tralicci. Nuovo rilievo sul anarchismo 'pericoloso' di questo gruppo se comparato a quello 'civile e democratico' della FAI che "è tutta un’altra cosa"; "...dallo spontaneismo eversivo diffuso si passa ai gruppi d'affinità..."

Marini ha colto ancora l'occasione per citare altri eventi estranei al processo come i sequestri di persona citando quindi le sentenze di Bologna e Perugia per Silocchi e Perrini, oltre a Megni e Ricca. Si è nuovamente richiamato agli anni '70, gli 'anni di piombo', dicendo che questa banda è diversa, lamentandosi dei molti latitanti, di quelli ancora in giro, non inquisiti, che certamente stanno continuando l'attività sovversiva e violenta ("...questa è solo la punta dell'iceberg, solo una minima parte, quella che ha trovato riscontro...").

In relazione al 'gruppo romano' ha urlato che per questi gravissimi delitti (strage, rapina armata e omicidio) chiederà il massimo della pena, lamentandosi ancora della latitanza di alcuni imputati, in un paio di casi, come dice lui, difesi 'dalla Francia’ (si tratta quindi di Passamani e Condrò) nonostante i pareri favorevoli dei giudici locali all'estradizione.

Marini sta procedendo, secondo la sua teoria che ricerca la condanna di una banda anche quando non c'è, cercando di sostituire alla figura giuridica quella dei gruppi d'affinità, quindi per la richiesta delle condanne tratta l'argomento in tal senso, dividendo gli imputati in gruppi a seconda degli episodi o delle conoscenze e frequentazioni. Questo, oltre alla scomparsa del nome della banda, rivela chiaramente la modifica strategica della sua inchiesta.

Avrebbe dovuto finire la requisitoria con le richieste venerdì. Neanche oggi ha terminato nonostante l'udienza si sia protratta fino alle 15, quindi continuerà domani. A questo punto, oltre a mercoledì, non si sa quali saranno le prossime scadenze processuali, che potrebbero (per altri impegni della corte) slittare verso il 17 marzo. Ricordiamo che l'8 marzo sempre a Roma si terrà la prima udienza del processo contro 3 redattori di Radio Black Out, processo assolutamente contiguo a questo (documento ROS).

from: pasica@ecn.org