Capitolo 11
20 dicembre 1943: attentati alle linee ferroviarie
(Ponte delle 7 luci)
Senza dubbio, le azioni condotte la notte del 20 dicembre o meglio,
che avvennero dopo qualche minuto dalla mezzanotte rimasero le piò belle
azioni condotte dai partigiani dei Castelli Romani. Due squadre, l'una composta
da Ferruccio Trombetti, Alfredo Giorgi; l'altra da Enzo D'Amico, Giuseppe Mannarino
e Pino Levi Cavaglione. Questa volta di esplosivo contrariamente alla volta
precedente, ne erano stati adoperati Kg. 28. Questo sulla linea Roma. Napoli,
via Formia. Sulla Roma-Napoli, via Cessino lo stesso giorno e circa dopo mezz'ora
dalla prima, nel tratto Frascati-S. Cesareo, dopo qualche chilometro da Frascati,
operò la squadra diretta da Marcaurelio Trovalusci di Marino minatore,
Amedeo Bianchi di Albano minatore, ma da molti anni residente a Marino, Dante
Appetiti di Marino, Ipolo Silvagni di Albano. Quest'ultimo seppe cosa stesse
preparando la squadra e tanto prego che lo conducessero con loro che convinse,
ma poi infortunatosi nei pressi del casolare ove era stato depositato l'esplosivo
nel fondo di Felice Tisei comunista cattolico di Marino, dovette essere lasciato
lœ e, contentarsi da lœ, di sentire l'esplosione. Erano stati impiegati
qui Kg. 32 di esplosivo simile a quello impiegato sulla linea Roma Napoli via
Formia. L'eroe dell'impresa fu giustamente Ferruccio perchÍ le mine erano
state preparate sotto la sua direzione.
Nei primi giorni di gennaio i tedeschi, grazie alle spie sguinzagliate nell'area
dei Castelli Romani - ormai le azioni consistevano nella disposizione dei
chiodi quadripunta sulle strade che stracciavano le gomme degli automezzi tedeschi,
combinate con le azioni di mitragliamento di chi era alla guida di queste macchine
e di chi vi era su avvenivano in un continuo crescendo, decine di migliaia di
lire furono messe a disposizione delle squadre per farsi fabbricare chiodi -
seppero dell'esistenza di una squadra armata di russi operante nei pressi dei
"Muti". Prima, il comando tedesco era convinto che le azioni
della notte tra il 20 e il 21 dicembre, cioè il disastro dei due treni
fosse opera di paracadutisti inglesi, cosœ confessò l'ufficiale
tedesco ospitato nella casa sita alla "Traspontina", alla signora
Paris, moglie di Guido Paris. Ma ora vi erano prove che vi erano i russi! Che
non fossero loro gli autori di tutti i misfatti che erano avvenuti nei Castelli
Romani? Così, appena i russi furono localizzati nella contrada i "Muti",
i tedeschi con un nutrito numero di uomini e mezzi circondarono per un vasto
raggio tutta la zona per rastrellarla.
I soldati sovietici non si lasciarono sorprendere e con le armi alla mano tennero
testa ai Tedeschi. Intanto i compagni di Genzano vennero a conoscenza di
quanto stava avvenendo e due squadre di partigiani, l'una diretta da "Giovannella"
(Giovanni Baldazzi), grazie alla conoscenza perfetta dei luoghi si portarono
fin ove erano i Russi, li condussero fuori dall'accerchiamento tedesco, senza
che questi se ne accorgessero, presero il posto dei Russi per ritardare l'avanzata
dei Tedeschi ed infine, portarsi essi stessi fuori pericolo. I Russi momentaneamente
furono portati in una grotta nei pressi del lago di Nemi, poi una notte i compagni
di Genzano accompagnarono per un buon tratto di strada i Sovietici in direzione
di Rocca di Papa. Tristano Puccetti di Albano Laziale aveva avuto il compito
di condurli fino a Rocca Priora. Una decina di giorni prima che avvenisse questo,
il sottoscritto, accompagnato dallo stesso Puccettj e da altri due compagni
di Rocca di Papa, Otello Trinca ed Enrico Gabrielli si recò a Rocca Priora
per rendersi conto se il luogo fosse adatto e come avrebbe accolto la sezione
locale di partito l'eventuale invio dei Sovietici. Giá una decina di
giorni prima noi ritenevamo necessario spostare i Sovietici, perchè sentori
dei primi allarmi. Mi resi conto, però, che una permanenza dei soldati
sovietici a Rocca Priora non era il caso, però poteva benissimo rappresentare
una tappa. Così, Tristano Puccetti si mise d'accordo con Nello Vinci,
a chi avrebbe dovuto rivolgersi quando avrebbe condotto colœ i sovietici
e in quale luogo avrebbe dovuto condurli. A loro volta, Nello Vinci e altri
compagni di Rocca Priora, avrebbero condotto i Sovietici presso le organizzazioni
di Partito sulla Casilina, Zagarolo e Palestrina.
Verso la fine di gennaio 1944, davanti al palazzo Doria, venne vista dai fascisti,
affacciati ad una finestra, Vanda Passa, mentre tirava fuori della sua borsa
un qualcosa che secondo i fascisti era una pistola; e la passò a suo
marito Cesare. Naturalmente coloro che sono restati fascisti non possono essere
che servi prezzolati dei tedeschi e a questi fanno la spia,
facendo arrestare i nostri due compagni che vennero trovati entrambi in possesso
di una pistola (insieme a Cesare Passa c'era un altro compagno, Ildebrando Giannini).
Cesare, oltre che della pistola venne trovato in possesso anche di una carta
topografica con determinate zone segnate. Sulle prime, proprio per quella carta
topografica segnata, più che la pistola, la questione sembra gravissima.
Col passare dei giorni, però, grazie all'abilitá con cui i nostri
compagni seppero giustificarsi, non assunse più quel pericolo per tutta
l'organizzazione, pur restando grave il pericolo che incombeva sulle loro persone.
Il possesso della pistola poteva essere imputabile di pena di morte. Sotto questo
aspetto la situazione di Salvatore Fagiolo, era molto più pericolosa.
Questi, fece domanda di entrare a far parte di una squadra di partigiani e non
fu accettato perchÍ troppo giovane. Cosa fece, un giorno, questi? D'accordo
con altri due ragazzi, che lui non volle denunciare; fece prigioniero un tedesco
in un luogo isolato e volevano ucciderlo: ci avevano provato con una pistola
carica che avevano e fu Fagiolo a sparare. Non si sa bene per quale motivo,
la pistola fece sempre cilecca. Indubbiamente vi era un difetto di cui i due
ragazzi non si accorsero, mentre loro cercavano di sparare a distanza abbastanza
ravvicinata, il tedesco si mise a fuggire e riuscœ a tagliare la corda.
Dopo questo incidente, il Fagiolo continuò a girare per le strade come
se nulla fosse avvenuto; dopo due o tre giorni il tedesco aggredito, come c'era
da aspettarsi, incontrò il Fagiolo, lo riconobbe e lo fece arrestare.
Prima di essere trasportati a Roma, Cesare Passa e Ildebrando Giannini, furono
tenuti ad Albano parecchi giorni, sorvegliati da una scorta pressochè
inesistente, e sarebbe stato un giochetto da ragazzi liberarli. Ma era giusto
farlo? Noi che cosa ne avremmo ricavato da una simile azione? Non avremmo denunciato
noi stessi? E quali conseguenze avrebbe portato al Paese quel gesto? Non avrebbe
scatenato una rappresaglia? D'altra parte proprio la debole scorta ci
denunciava che il caso non era ritenuto gravissimo. Ma i compagni di squadra
e
altri con Pino, per poco non furono sul punto di compiere quello che io ritenevo
un grande errore. Comunque, se proprio erano decisi a compiere una simile azione,
io non potevo certo legar loro le mani. Pino per primo si convinse che era meglio
ritornare sui propri passi. Ildebrando Giannini e Cesare Passa poterono salvarsi,
il povero Fagiolo no. Quell'errore gli fu fatale.