Un viaggio dentro Beirut
e i campi profughi palestinesi


Libano, dal 1975 al 1990 un grande conflitto coinvolge questo paese; il paese dei cedri, considerato dal mondo, la Svizzera del Medio Oriente, rimanendo per molto tempo un simbolo internazionale di "odio etnico", devastazione, e incontrollabile caos.
A ricordare tutto questo, e come questa guerra non è poi così lontana, bastano le incursioni vigliacche dei caccia israeliani, che un paio di volte a settimana bombardano, con la scusa di attaccare le posizioni degli integralisti hezbollah, il Sud del paese, e in particolare i campi profughi e i civili palestinesi.

beirut_01.jpg - 10199,0 K Nel traffico indiavolato di Beirut, i colpi di clacson hanno sostiutito quelli del Kalashnikov.
Attraversando Beirut si possono ancora vedere le milizie che controllano con posti di blocco quelle che allora erano i posti più caldi della guerra civile, le case, o meglio i palazzi che bucati come groviere, ancora non sono stati abbattuti.
Non si spara più in questa città e nel mondo politico si comincia a sentire la parola "trasparenza, stabilizzazione".
L'economia da sintomi di ripresa, si consideri che il Libano è un paese carissimo, e nella capitale sorgono ovunque sfarzosi negozi e boutique di lusso; ovunque si costruisce o si restaura, nuovi grattaceli di cristallo prendono il posto dei vecchi palazzoni bucherellati e bombardati dalla guerra civile.
Ma sotto questa apparente ripresa, come se niente fosse successo in passato e' presente una situazione veramente disperata, ma soprattutto vergognosa.
Sono i campi profughi palestinesi, che dalla cacciata della loro terra di Palestina, da parte dei coloni israeliani, nel 1948, vivono in piccolissimi pezzi di terra, ammassati uno sopra l'altro.
Il loro stato civile in questo paese è completamente inesistente, nessun palestinese può lavorare in posti pubblici, di concetto es. dottori, ingegneri, ecc., nonostante ne abbiano la capacità.

Sabra e Chatila - 10199,0 K Ma la tragedia del Libano va ben al di la di quei momenti in cui raggiunge le nostre prime pagine ed è soprattutto molto piu' complessa degli schemi semplicistici con cui si cerca di spiegarla abitualmente.
Soprattutto è una tragedia che ha come responsabili primi fra tutti quei paesi arabi che in vari periodi hanno preso sotto tutela il Libano, attizzandovi odi religiosi e politici intervenendo pesantemente in tutte le sue vicende.
La stampa ipocrita ha sempre sostenuto che vi è una incapacità di convivenza civile, tra le diverse comunità etnico-religiose; in realtà la guerra civile è potuta finire solo grazie all'aver buttato a mare tutti i vari dirigenti che si contendevano l'egemonia.

La presenza in grande numero di palestinesi, di cui se ne tace spesso i motivi per cui si trovano in questa terra, del tutto lontana dalle volontà del popolo palestinese, ma presenti in questa terra perché cacciati dalla loro terra, dalle loro case nel 1948 e nel 1967 da parte di Israele.

La stessa tragedia di Sabra e Chatila, di cui se ne è parlato non troppo, è stata dimenticata, e archiviata come uno spiacevole incidente dovuto all'incontrollabile “ violenza”.

A Sabra e Chatila vennero massacrate circa 4000 persone (come sostiene L'israeliano Ammon Kapelouk nel sul bel libro “Inchiesta su un massacro”, o solo 762 come affermano le fonti ufficiali libanesi con l'allora Gemayel e israeliane), dai falangisti cristiani maroniti, protetti all'esterno del campo dalle'esercito di Israele. Il massacro durò 2 giorni e 2 notti, finchè la croce rossa non riusci ad entrare.

D'altra parte il legame tra le forze della falange, e lo stato di Israele risale agli inizi della guerra civile libanese, 1975 rafforzandosi gradatamente sul piano politico e militare nel corso degli anni fino alla morte di Gemayel.
I servizi di informazione israeliane, i servizi segreti, il Mossad hanno avuto per molto tempo stretti rapporti con il comando falangista. (Rapporto della commisssione Kahane Testo integrale Parigi 1983)

Alcune foto da Beirut - Campi di Sabra e Chatila.
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