VOGLIAMO SAPERE

VOGLIAMO SAPERE di chi sono le mani che il 12 dicembre 1969 hanno deposto una bomba ad alto potenziale alla Banca Nazionale dell'Agricoltura di Milano. Di chi sono quelle che hanno spinto l'anarchico Pinelli giù dalla finestra del quarto piano della questura. Vogliamo sapere di Brescia, dell'Italicus, di Bologna, di Ustica. Vogliamo sapere e nessuno può dirci che siamo fuori tempo massimo perché la nostra società è ancora oggi intossicata dai veleni della "strategia della tensione". Nessuno può dirci che la verità è passata di moda.
Vogliamo verità e vogliamo libertà. Perché è a partire da quelle stragi rimaste impunite che la storia di questo paese ha subito una sterzata tale da spingere migliaia di giovani e meno giovani sul terreno dell'antagonismo più radicale. Quando la scollatura tra paese legale e paese reale, tra legalità e legittimità sembrava alludere ad una rottura rivoluzionaria.

VOGLIAMO SAPERE perché permangono ancora gli effetti delle scelte operate dal legislatore negli anni successivi in tema di politica giudiziaria. Scelte che costrinsero a leggere ogni accadimento sociale e politico attraverso la semantica dell' emergenza. Scelte di inasprimento delle pene da comminarsi per chi aveva fatto sua la pratica della lotta. Anche dura, anche violenta. Che per questo motivo diventava "reato commesso con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale.
Vogliamo sapere perché ancora oggi il permanere di una emergenza sepolta definitivamente dalla storia riesce a far sì che ancora centinaia di persone siano costrette al carcere o all'esilio. In ragione di una normativa per sua stessa definizione di carattere transitorio.

VOGLIAMO SAPERE cosa ne è delle proposte di legge (cinque, sette, di più ?) giacenti in Commissione Giustizia, presentate da destra a sinistra, relative ad un provvedimento di amnistia o di indulto che finalmente paralizzi il permanere della logica dell'emergenza. Vogliamo sapere perché, tra una Finanziara e una Bicamerale, non si trova il coraggio di definire un provvedimento che riconsegni alla libertà gli ostaggi residui di una necessità storica ormai inconfutabilmente esaurita. Oppure si abbia il coraggio opposto, quello di gettare per sempre le chiavi delle celle.

VOGLIAMO SAPERE perché non è stato ancora trovato uno strumento di demolizione di quel paradosso giudiziario che è stato il processo Calabresi. Vogliamo sapere come Sofri, Bompressi e Pietrostefani possono essere tenuti in carcere attraverso un meccanismo processuale condotto in palese violazione delle sue stesse regole (una sola testimonianza, incerta, nessun riscontro obiettivo) ed approdato ad una sentenza che la stragrande maggioranza del paese non riesce a riconoscere come fondata. Vogliamo sapere perché questo processo non si può rifare. Ma vogliamo sapere anche che senso ha celebrarlo a più di vent'anni dal fatto. E perché anche questi detenuti non possono essere associati ad un provvedimento generalizzato di liberazione.

VOGLIAMO SAPERE perché nessuno dà notizia delle migliaia di detenuti in lotta. A Rebibbia ma anche in numerosi altri complessi penitenziari. Vogliamo sapere perché non desta scalpore il minimalismo delle loro richieste di fronte alla situazione endemica di invivibilità e sovraffollamento che caratterizza tutte la carceri italiane. Richieste che sono:

1) un condono per tutti di almeno tre anni;
2) l'applicazione della legge Simeoni;
3) la depenalizzazione dei reati minori;
4) la liberazione dei soggetti afflitti da malattie incompatibili con lo stato di detenzione;
5) l'abolizione dell'art.4 bis che esclude migliaia di detenuti dalle misure alternative al carcere.

VOGLIAMO SAPERE a cosa mira l'accanimento giudiziario contro tutti i soggetti in lotta. Un retaggio, ancora, della logica dell'emergenza per cui chi si impegna fattivamente contro il razzismo e la discriminazione, per la costruzione di spazi di libertà, per una visione non criminalizzante del problema delle tossicodipendenze viene letteralmente sommerso da micro (e talvolta macro) denunce. Un esempio per tutti quello dei compagni dei Centri Sociali Leoncavallo e Rivolta. Vogliamo sapere perché non si identifica un provvedimento che faccia piazza pulita di tutti quei reati che altro non sono che l'espressione di uno sforzo di cambiamento, di miglioramento della qualità della vita, comportamenti sociali massivamente praticati e condivisi.

VOGLIAMO SAPERE e il prossimo 12 dicembre ci sembra la data più giusta per scrivere di nuovo a grandi lettere le parole VERITA' E LIBERTA' sui muri di Milano. Invitiamo perciò tutti ad una grande iniziativa di discussione e di lotta da attuarsi nelle giornate del 13 e 14 dicembre prossimi nella città dove fu collocata la prima delle bombe di stato. Vogliamo sapere, dobbiamo chiederci perché, se per le stragi nessuno è colpevole, contro chi lotta e ha lottato si consuma una vendetta giudiziaria infinita. Dobbiamo spezzare l'egemonia statuale della riscrittura della storia e della memoria. Dobbiamo affilare nuove armi contro il giustizialismo, lo stravolgimento sistematico delle garanzie individuali, contro tutti i proibizionismi. Dobbiamo confrontarci nelle nostre diversità per mettere a fuoco orizzonti comuni di lotta.

VOGLIAMO SAPERE VOGLIAMO VERITA' VOGLIAMO LIBERTA'

Rete Sprigionare Nord-Est

http://www.ecn.org/pad/radio/


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