Corriere della Sera 14.05.1998

Nike piegata dai boicottaggi

Nike: 18 anni l'eta minima per chi lavora nelle fabbriche di scarpe

Il numero uno del gruppo si e ieri impegnato di persona contro lo sfruttamento nei calzaturifici asiatici

A che cosa serve spendere un paio di centinaia di milioni di dollari all'anno in pubblicità come fa Nike, se poi si è sottoposti a un bombardamento continuo di accuse per le "spaventose condizioni " in cui i lavoratori nelle fabbriche asiatiche sono costretti a produrre le magliette e le scarpe di un'azienda che, prima di abbigliamento e sneakers, pretende di vendere sogni ed emozioni, con testimonial del calibro di Michael Jordan, di Ronaldo o Tiger Woods? Per fermare gli attacchi dei media e il boicottaggio dei consumatori ieri, per la prima volta, e sceso in campo il grande capo in persona, Phil Knight, fondatore, primo azionista e amministratore delegato del gruppo americano. E a Washington ha annunciato la svolta con una serie di iniziative per migliorare le condizioni di lavoro in Asia.

Sono impegni importanti. Nike alzerà da 14 a 18 anni l'età minima dei lavoratori nelle fabbriche di calzature e porterà a 16 l'eta minima di tutti gli altri lavoratori inpiegati nella produzione di abbigliamento, accessori e attrezzature. A partire dal 2 aprile scorso nelle 12 fabbriche indonesiane che producono indumenti con il celebre smoosh (il logo a forma di virgola) è gia scattato un aumento del 37% della retribuzione di tutti i lavoratori che percepivano il salario minimo (28 mila persone). "Nike è sempre stata un'azienda di appassionati di sport che amano la competizione, ma siamo anche un'azienda di persone che sentono la responsabilità di essere buoni cittadini - ha detto Knight -. Siamo impe- gnati a migliorare le condizioni di lavoro delle 500 rnila persone che fabbricano i nostri prodotti".

Come? Tra le altre inziative promesse dal gruppo che sponsorizza anche la nazionale di calcio azzurra, c'è l'impegno ad adeguare la qualità dell'aria in tutte le sue fabbriche di calzature ai livelli richiesti dall'ente per la sicurezza e la salute (Osha).
Nike inoltre aumenterà il sostegno all'attuale programma di micro-finanziamento, che gia' coinvolge mille famiglie in Vietnam, estendendolo anche all'Indonesia, al Pakistan e alla Thailandia. In tutti gli stabilimenti asiatici il gruppo, che ha il quartier generale a Beaverton, nell'Oregon, amplierà i programmi di istruzione, offrendo corsi per ottenere un diplorna equivalente a quello delle scuole medie e superiori.

Di pari passo verranno rafforzati gli attuali programmi di monitoraggio indipendente, con l'apertura a organizzazioni non governative, fondazioni e istituzioni religiose e l'impegno di rendere pubblici i risultati.
I nuovi impegni di Nike annunciati ieri saranno inseriti nel Codice di condotta dell'azienda che stabilisce gli obblighi degli appaltatori. Ma saranno anche promossi attraverso il contributo a organizzare conferenze per lo studio dei problemi relativi alla produzione globale e alla pra- tica commerciale "responsabile". E in Italia su quest'ultimo punto il gruppo sta gia lavorando insieme ai Verdi.

Perché Nike fa tutto questo? Perché gli attacchi di attivisti e media rovinano l'immagine di un gruppo, i cui profitti sono gia stati erosi dalla crisi asiatica. Essere buoni, invece, conviene.
E ieri Phil Knight ne ha avuto la conferma: le azioni Nike a Wall Street hanno guadagnato subi- to due dollari.

Giuliana Ferraino


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