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Torniamo a parlare di radiazioni elettromagnetiche (tema ampiamente trattato
nel numero 3 di “Comunicazione antagonista”), degli sviluppi della ricerca
medico scientifica, ma soprattutto della necessità di affrontare una battaglia
contro gli effetti di questo sistema la gravità dei quali è sempre più
evidente, una battaglia per il diritto alla salute e al territorio in
cui viviamo. Oggi il proliferare selvaggio delle sorgenti di campo elettromagnetico
ha comportato un incredibile aumento delle persone potenzialmente esposte
ai rischi di patologie tumorali legate alle radiazioni elettromagnetiche.
Ciò è particolarmente evidente nelle aree urbane dove lo sfruttamento
del territorio – che garantisce unicamente la circolazione della merce
e la creazione di profitto – è così capillare da consentire ad esempio
l’installazione sulle nostre case, scuole, ospedali, edifici pubblici
e privati di centinaia di antenne radio base per la telefonia cellulare
e ripetitori TV. La problematica delle radiazioni elettromagnetiche e
delle patologie tumorali ad esse collegate non è se stante, ma va contestualizzata
nella problematica più generale degli effetti disastrosi di questo modello
di sviluppo dal quale scaturiscono numerose patologie, modello di sviluppo
suicida se pensiamo che nei paesi industrializzati il 30% della mortalità
è dovuto a tumori e di questi il 90% è causato da agenti ambientali. Negli
ultimi 25 anni sono stati pubblicati numerosissimi studi di laboratorio
e ricerche epidemiologiche aventi per oggetto non più solo le basse frequenze
(utilizzate nella produzione e trasporto di energia e nell’utilizzo delle
apparecchiature elettriche), ma anche quelle medio – alte ormai enormemente
diffuse attraverso le tecnologie per la comunicazione (telefonini, antenne
radio base, ripetitori TV, radar…). I risultati della grande maggioranza
delle ricerche indicano che l’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche
comporta: - un rischio cancerogeno soprattutto nei bambini che vivono
vicino ad una sorgente di campo (leucemia infantile) e negli adulti che
svolgono alcune attività (es. lavoratori elettrici); - un aumento di linfomi,
leucemie, tumori del sistema nervoso centrale; - il rischio si verifica
ad intensità di campi magnetici molto basse, a partire da 0.2 microtesla,
quando le normative di pressochè tutti i paesi del mondo fissano limiti
500 volte superiori. L’ Agenzia di Protezione Ambientale Americana (EPA)
nel 1990 classificò i campi elettromagnetici a basse frequenze allo stesso
livello del cadmio e della formaldeide, nettamente più cancerogeni di
alcuni composti a noi tristemente noti come Diossina, PCB e DDT, evidenziando
che il rischio di patologie tumorali è riscontrabile a dosi assai più
basse rispetto ai limiti che vengono indicati nelle normative. Nel 1995
l’Istituto Superiore di Sanità definì i campi elettromagnetici come probabili
cancerogeni in un rapporto da cui si legge: “questi studi …. indicano
in modo coerente un incremento del rischio di leucemia infantile in relazione
ad esposizioni a livelli di induzione magnetica di 0.2microtesla”.
ESPOSIZIONI RESIDENZIALI
Queste si verificano ogni qualvolta le abitazioni sorgono nelle immediate
vicinanze di conduttori elettrici, tralicci, cavi aerei, cabine di trasformazione,
antenne radio base per telefonia cellulare, ripetitori TV o qualunque
insediamento che produca emissione di campi elettromagnetici. Le esposizioni
residenziali sono state oggetto di numerose indagini che hanno evidenziato:
- La relazione Residenza – Tumori; - I soggetti più colpiti sono i bambini;
- I rischi riguardano l’insorgenza di tumori specialmente leucemia, con
un dato realmente preoccupante: i bambini che vivono in abitazioni vicino
a sorgenti di campo hanno una probabilità di ammalarsi 2 – 3 volte superiore
rispetto ai bambini che vivono in atre zone.
ESPOSIZIONI OCCUPAZIONALI
Nei posti di lavoro molti ambienti sottopongono i lavoratori ad elevati
livelli di radiazioni elettromagnetiche. Usare videoterminali, guidare
locomotive elettriche, lavorare sulle linee elettriche, saldare, lavorare
nell’industria del ferro e dell’acciaio infatti significa trascorrere
gran parte della giornata vicino ad una sorgente di campo. Anche le esposizioni
occupazionali sono state oggetto di numerosi studi che ancora una volta
hanno rilevato la sorprendente associazione fra cancro, soprattutto leucemie,
tumori al cervello, al sistema nervoso, al seno (estremamente raro nei
maschi)ed alcune occupazioni. Uno studio finlandese evidenziò come le
lavoratrici che usano videoterminali ad elevata emissione di radiazioni
elettromagnetiche hanno un aumento del rischio di aborto spontaneo del
240% rispetto alle lavoratrici che usano videoterminali a bassa emissione.
La ricerca più significativa è stata condotta da G. Matanosky nel 1989
su 50.582 lavoratori della New York Telephone Company. La conclusione
fu l’identificazione di una relazione DOSE-RISPOSTA, cioè i rischi sono
più alti se le esposizioni sono più elevate ed inoltre dati significativi
furono evidenziati per esposizioni già a partire da 0.2microtesla.
LE ALTE FREQUENZE E I TELEFONI CELLULARI
Recentemente abbiamo incontrato il fisico N.Cherry, ricercatore della
Lincoln University, Nuova Zelanda che da otre 20 anni si occupa di radiazioni
elettromagnetiche. Nel suo ultimo lavoro si afferma che l’uso frequente
del cellulare altera l’attività del cervello, la memoria e l’apprendimento,
provoca danni al DNA e ai cromosomi, tanto che sarebbe necessario che
sui telefonini venisse stampato un avvertimento sanitario simile a quello
dei pacchetti di sigarette. La riduzione della produzione di melatonina
è in relazione con l’esposizione ad onde elettromagnetiche: questa riduzione
aumenta i rischi di rotture del DNA e quindi può causare l’insorgere di
tumori ed anche di malattie degenerative come i morbi di Parkinson e Alzheimer.
Nella rassegna di N. Cherry “ICNIRP Guideline Critique” leggiamo : “L’insieme
dei risultati degli esperimenti cellulari ed animali e degli studi sull’uomo
formano un consistente e coerente insieme di evidenze che la radiofrequenza
e le microonde sono causalmente associate con effetti cancerogeni e sulla
riproduzione come anche nell’alterare e danneggiare la funzione del cervello,
i tempi di reazione, il sonno, l’apprendimento, il sistema immunitario.
C’è una irresistibile e consistente evidenza di cancro, specialmente leucemia.”
Una recente indagine sugli effetti delle radiofrequenze utilizzate da
telefonini, radar, radio, TV e satelliti pone qualche dubbio sulla distinzione,
rispetto ai loro effetti sulla salute, fra queste radiazioni e quelle
dei raggi X, gamma e cosmici che sono sicuramente cancerogeni ed indica
che esposizioni prolungate a campi di 2.7 V/m possono avere effetti cancerogeni.
L’INADEGUATEZZA E L’INSUFFICIENZA DELLE NORMATIVE
Ad un eccezionale quanto pericoloso aumento di inquinamento elettromagnetico
e all’evolversi della ricerca non ha corrisposto di pari passo il diffondersi
di normative di protezione della salute pubblica nei luoghi di vita e
di lavoro. I risultati di molte indagini vengono addirittura stravolti
nelle loro conclusioni da importanti organismi di controllo come l’ ICNIRP
(Commissione Internazionale di protezione dalle radiazioni non ionizzanti).
In generale l’ENEL e gli altri gestori dell’industria energetica e delle
telecomunicazioni perseverano in un atteggiamento criminale di minimizzazione
dei rischi ed il loro peso economico è tale da condizionare pesantemente
governi e parlamenti. Il D.p.c.m. 23.4.92 infatti si rifà alle linee guida
pubblicate dall’INIRC – IRPA. Attenzione: queste linee guida si riferiscono
esplicitamente agli effetti sanitari immediati (come nausea, vertigini,
emicranie) e quindi non tutelano in alcun modo dagli effetti sanitari
a lungo termine come i tumori. Inoltre non hanno validità nei posti di
lavoro. Il D.M. 10.9.98 n. 381 regolamenta le esposizioni alle radiofrequenze
e fissa dei limiti cautelativi per esposizioni prolungate. Si comincia
quindi ad affrontare il problema dal punto di vista degli effetti a lungo
termine, peccato però che i limiti proposti non tengano assolutamente
conto delle attuali conoscenze scientifiche dato che si parla di 6 V/m
per il campo elettrico, quando numerosi studi hanno evidenziato un aumento
di patologie tumorali già a 2.7 V/m. Possiamo quindi affermare che l’attuale
normativa italiana, come del resto in quasi tutti i paesi del mondo è
del tutto insufficiente ed inadeguata a tutelare la salute pubblica. Naturalmente
la difficoltà di emanare leggi di tutela è essenzialmente di ordine economico.
I 20 milioni di telefoni cellulari presenti in Italia rendono questo “servizio”
un business enorme; ogni gestore Telecom, Omnitel, Wind ha necessità di
installare i propri ripetitori soprattutto nelle aree urbane; la privatizzazione
dell’ENEL tenderà a comprimere ancora di più i costi in una logica di
profitto nella quale non rientra la necessità di affrontare i costi di
bonifica degli elettrodotti esistenti. Appare evidente come sia in Europa
che nel resto del mondo economicamente sviluppato l’inquinamento elettromagnetico
rappresenta l’oggetto di un inevitabile conflitto, in cui sono in gioco
interessi enormi, fra l’imponente industria energetica e delle comunicazioni
e il diritto alla salute e all’ambiente dei singoli cittadini.
CHE FARE
Centinaia di comitati ed associazioni sono attivi su tutto il territorio
nazionale e spesso ottengono importanti vittorie, vittorie che in alcuni
casi costituiscono un precedente giuridicoa cui fare riferimento in attesa
di normative specifiche. (Citiamo ad esempio una recente sentenza del
TAR dell’Umbria che per la prima volta ha riconosciuto il diritto alla
salute come diritto primario rispetto alla soddisfazione di qualsiasi
interesse pubblico). A nostro avviso il problema va affrontato nella sua
complessità da un punto di vista generale che prescinda dai localismi
e vada ad incidere realmente in una direzione di cambiamento concreto
e tangibile per tutti. Le lotte a livello di singoli quartieri contro
l’installazione di un’antenna come di un inceneritore sono giuste e sacrosante,
ma spesso purtroppo hanno la caratteristica di essere frammentarie e limitate
e di non affrontare il problema in termini più generali a partire dalle
cause. Un esempio: il fatto che siamo bombardati da radiazioni elettromagnetiche
provenienti da antenne radio basi e ripetitori è perché un’economia globalizzata
necessita di estrema velocità nelle telecomunicazioni, la comunicazione
quindi è funzionale essenzialmente alla circolazione della merce e alla
creazione di profitto per pochi. Gli elevati costi in termini di malattie
e peggioramento della qualità della vita come sempre sono a carico delle
popolazioni. Le nostre lotte rischiano di non essere incisive se non si
comprende che lottare contro un singolo insediamento inquinante, così
come lottare per la difesa del posto di lavoro, contro lo sfruttamento,
per il diritto all’istruzione, alla casa, alla salute e alla sanità vuol
dire innanzi tutto attaccare questo modello di sviluppo a partire dai
suoi effetti e dalle sue contraddizioni. La globalizzazione e le politiche
neoliberiste di sfruttamento significano morte, povertà, malattie per
milioni di uomini e donne e la modificazione irreversibile degli equilibri
naturali essenziali per la sopravvivenza del pianeta. Questo modello di
sviluppo sta mostrando in maniera clamorosa le sue enormi contraddizioni
e i suoi fallimenti proprio a partire dalle problematiche ambientali e
dalla sopravvivenza stessa del pianeta. Se tutti i paesi del mondo avessero
lo stesso livello di ricchezza del Nord occorrerebbero cinque Terre per
estrarre materie prime e collocare scorie e rifiuti. Il fallimento e la
contraddizione più evidente di questo sistema sta proprio nella necessità
di profitto e crescita illimitati e nell’impossibilità a raggiungerli
a causa degli equilibri naturali e delle resistenze dei popoli contro
lo strapotere capitalista. Ecco perché non possiamo accontentarci di qualche
rara vittoria, non possiamo accettare il fatto che si abbatta un ripetitore
TV accanto a casa nostra per attivarlo 10 Km più in là. Noi che abbiamo
sempre pagato sulla nostra pelle i costi e gli effetti di questo sistema
che produce ricchezza per pochi e miseria per tutti gli altri, noi dobbiamo
proporre e pretendere risposte efficaci, alternative credibili contro
lo strapotere di lobbies che tutto piegano alla logica del profitto. Ecco
perché a nostro avviso l’inquinamento da radiazioni elettromagnetiche
va affrontato attraverso una campagna dagli obiettivi chiari che vadano
a colpire questo modello di sviluppo e arrivino a determinare reali cambiamenti.
Una campagna allargata a tutti i movimenti, le associazioni, i comitati,
i cittadini che intendono mobilitarsi nella proposizione di un’alternativa
reale a questo sistema che riconosca come primario il diritto alla salute
e al territorio. I nostri obiettivi sono:
1) la presentazione di una Legge Regionale di tutela della salute pubblica
dalle radiazioni elettromagnetiche. In collaborazione con SAMBA, CONACEM
ed altri comitati stiamo lavorando ad una legge che sarà a breve termine
presentata dal Consigliere Regionale Orietta Lunghi. Sulla base delle
attuali conoscenze scientifiche oggi siamo in grado di determinare dei
limiti cautelativi per le esposizioni per lunghi periodi a radiazioni
in basse frequenze così come in radiofrequenze. Questi limiti sono di
un ordine di grandezza inferiore rispetto ai valori per i quali nella
maggioranza delle indagini si riscontrano effetti dannosi, rispettando
così un elementare principio di tossicologia ed attuando quel principio
di cautela che a parole è universalmente accettato. In attesa di norme
nazionali più specifiche e più sicure occorre innanzitutto evitare che
tutti noi seguitiamo a fare da cavie, spesso inconsapevoli.
2) La necessità che si arrivi al più presto ad una delibera comunale di
regolamentazione degli insediamenti produttivi costituiti da antenne radio
base e ripetitori. La delibera deve contenere criteri chiari e restrittivi
per quanto riguarda la distanza dagli edifici e i limiti cautelativi per
le esposizioni a campi elettrici e magnetici, definire le licenze di installazione
con la modifica della destinazione d’uso dei locali, controllare le procedure
di rilascio delle autorizzazioni edilizie e sospendere le installazioni
in fase di autorizzazione e non rilasciare altre autorizzazioni fino a
quando non sarà stato determinato un limite sanitario di sicurezza per
la popolazione.
3) Avviare una campagna informativa sulla pericolosità dei telefoni cellulari
il cui uso spropositato comporta il moltiplicarsi del numero delle antenne
radio basi. La necessità non è tanto di tutelare chi usa un cellulare
che, se debitamente informato sui rischi che corre è libero di usarlo,
ma quanto piuttosto chi vivendo accanto ad installazioni radio basi è
costretto a subire le radiazioni di onde utilizzate da altri. Occorre
minimizzare l’uso del cellulare per non far attivare nuovi impianti.
4) Dare sostegno e costruire azioni di mobilitazione diretta alla chiusura
di impianti inquinanti per un uso del territorio che non sia unicamente
speculativo e per la tutela della nostra salute. Infine per dare più forza
a questa campagna ci sembra fondamentale costruire una rete di collegamento
e coordinamento dei vari comitati ed associazioni per arrivare ad un livello
di mobilitazione che non sia frammentata sul territorio, ma che sia reale,
diretta ed incisiva. Ancora una volta dobbiamo ribadire la necessità urgente
ed impellente che per arrivare a risposte efficaci le questioni vadano
affrontate a partire dalle cause evidentemente riscontrabili in questo
modello di sviluppo e che esso debba essere attaccato proprio là dove
mostra i suoi lati più vulnerabili, più contraddittori e chiaramente fallimentari.
Riteniamo che i nostri obiettivi siano praticabili e che possano contribuire
ad un salto di qualità nella mobilitazione verso un cambiamento reale
delle regole del gioco, necessità alla quale oggi nessuno può più sottrarsi.
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