TAVOLO 5

LE LOTTE PER LA TERRA E L'ECOLOGIA

(Di questo tavolo non disponiamo di relazioni conclusive. Pubblichiamo gli stralci di dibattiti tratti da più sottotavoli)

(...)Il tema di cui si è più parlato con diversi contributi di provenienze diverse è stato l'interrogarci sul chi siamo, arrivando così alla necessità del recupero dell'identità personale e collettiva come metodo che possa rendere possibile il mettersi in discussione individualmente e collettivamente nelle società in cui viviamo. Per fare ciò ci è servito l'esempio delle lotte e le resistenze dei popoli indigeni americani che nonostante l'etnocidio e il genocidio, sfruttamento e umiliazioni sempre hanno mantenuto viva la fiammella dell'identità, aggiungendoci forti dosi di speranza, tenerezza, coraggio, dignità... Forse è per questo o forse per la mitologia e l'attenzione dei loro dèi protettori che dopo 500 anni coloro ai quali avevamo rubato l'identità, la dignità...ci risvegliano regalandoci uno specchio senza luccichii in cui ritrovarci, trovando e scoprendo gli e le altre che tutti voi siamo(...).

-(...)Il sottotavolo di lavoro sulla terra ha suscitato grande interesse in questo primo giorno dell'Incontro all'Indiano. Circa 80 persone hanno partecipato ai due sottogruppi che abbiamo creato per rendere più agile il dibattito. Cominciamo a lavorare sulla base dei seguenti interventi, orali e scritti, che apportano i/le compagni/e di differenti paesi: cinque sono relazionate alla lotta per la terra in Messico (Collettivo "La Ceiba", Selva Margarita-Chiapas), Ecuador, Perù, Filippine e Salvador. Altre trattavano dell'autogestione della terra come nell'esperienza della cooperativa di agricoltura ecologica "La Verde" del paese gaditano di Villamartín creata dal S.O.C. (Sidicato Obreros del Campo) e dell'esperienza di un paesino sulle montagne aragonesi, Sase, occupato da un gruppo di giovani che stanno attualmente lottando per evitare un imminente sgombero. Si è anche parlato della relazione tra terra, salute e alimentzione in India con dei compagni contadini indiani.

Dalla relazione di José de "La Ceiba" che trattava la questione "Lotta per la terra ed ecologia" sono sorte alcune proposte: concentrare i nostri sforzi sul lavoro collettivo, sulla ripartizione delle terre, sulle coltivazioni biologiche e sulla riforestazione. Durante il dibattito si è parlato con Jose dell'organizzazione e le azioni collettive delle comunità in resistenza in Chiapas, sulla situazione attuale dell'assemblea di resistenza e dell'influenza del problema della terra sulle ultime elezioni.(...)

Collegandosi un po' al problema della terra in Andalusia, i nostri compagni del S.O.C. della cooperativa "La Verde" hanno rilevato che il possesso della terra è solo il primo passo della lotta, che tutto il lavoro che ne segue, la convivenza, le relazioni commerciali giuste, il mantenimento e l'organizzazione collettiva della terra sono altrettanto importanti. (...)L'Andalusia è ancora una terra di grandi latifondi. Le lotte contadine hanno sempre cercato di ottenere una ridistribuzione delle terre. Negli anni ottanta ci sono state dure repressioni e nel 1983 è stato introdotto l'Atto di Riforma Agraria che è stato però bloccata dai proprietari terrieri (...).Il S.O.C ha prima cominciato ad occupare simbolicamente terre abbandonate e poi ad organizzare vere e proprie occupazioni e a creare cooperative ("Tierra y Libertad", "El Basque", "El Indiano"). I problemi sono comunque numerosi e sono aumentati con la decisione di Bruxel di fomentare l'abbandono delle produzioni.(...)

-Il S.O.C. organizza anche corsi di agricoltura biologica. Da questi corsi è nato un gruppo di sei persone, soprattutto persone emarginate, che ha portato avanti un progetto su una proprietà prestata per un anno presso il paesino di El Tejar (Cordoba). Sono state superate enormi difficoltà (mancanza di esperienza, di fondi, la diffidenza degli abitanti del paesino,...). L'appoggio morale ci è giunto da altri collettivi poi però le forti piogge di quest'anno anno distrutto il raccolto e i sogni di questa gente.(...)

-C'è stato poi un intervento del C.M.P (Movimento dei Contadini delle Filippine). Nelle Filippine l'attuale governo del presidente Ramos non applica una politica di riforma agraria, anzi apre il paese alle multinazionali e questo naturalmente danneggia sempre più i contadini. Il C.M.P. sorge nel 1985 per organizzare gli agricoltori contro i progetti di sviluppo e i piani di liberalizzazione economica del governo, Il C.M.P. offre assistenza legale agli agricoltori e esercita pressioni sul parlamento per modificare le leggi. Inoltre alimenta campagne di informazione e organizza proteste e manifestazioni pubbliche. Alcune delle sfide che il gruppo affronta è collegare e coordinarsi con diversi settori della società filippina (università, lotte urbane, ecc.) e collegarsi alle lotte dei contadini in altri continenti. La sua lotta è una parte della più grande lotta al neoliberismo. Hanno poi parlato delle connessioni tra i problemi dei contadini e l'immigrazione, dell'organizzazione delle campagne educative, della distruzione delle foreste e dello sviluppo delle compagnie minerarie e forestali straniere che agiscono nelle Filippine. Hanno parlato della necessità di integrare le conoscenze tradizionali con quelle scientifiche e della posizione della chiesa cattolica e di altre chiese che hanno sostenuto le lotte dei contadini.(...)

-È seguito poi l'intervento di Efrén e di Eva del Congresso Nazionale Indigeno (Messico) e coordinatori dell'Unione Emiliano Zapata di Michoacan che ha sottolineato come la riforma dell'articolo 27 della costituzione messicana, quello che garantisce la proprietá comunitaria della terra delle comunità indigene, permetta che gli ejidos possano ora essere venduti come terra privata e come molti contadini vengano ora cacciati dalle loro terre. L'intenzione del governo è di farla finita con la proprietà sociale e di vendere le terre comunitarie. Le comunità lottano contro queste riforme e i piani governativi che pongono l'individuo al di sopra della comunità e contro le multinazionali che vogliono sfruttare le risorse minerarie e l'energia idroelettrica del Chiapas. Efren ci parla del concetto della terra come nostra madre, non come una cosa da sfruttare o come un capitale e ci dice anche come il Trattato di Libero Commercio (NAFTA) la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale influenzino il governo del Messico nelle sue scelte.(...)

-Il compagno Rafael del Comitato Profughi Salvadoregni ha parlato della situazione attuale del suo paese ora che la guerra è finita. Il governo ha creato coperative ma le terre migliori sono rimaste in mano dei ricchi proprietari terrieri, mentre le cooperative popolari hanno molti problemi e poche risorse. Dopo la guerra il movimento dei contadini ha continuato le sue mobilitazioni per ottenere finanziamenti per poter sviluppare le loro fattorie. Vogliono comprare la terra ma è molto difficile ottenere prestiti e se la occupano vengono cacciati dal governo. Quello dei profughi non è solo un movimento di contadini ma include venditori ambulanti, disoccupati e senzatetto. Portano avanti diverse attività e lottano contro ogni tipo di emarginazione. Tutti i problemi del Salvador sono peggiorati con le privatizzazioni delle risorse pubbliche, dagli interventi delle multinazionali, con la crescita del mercato consumistico e la disoccupazione cresce continuamente. C'è anche il problema delle maquilladoras, fabbriche di assemblaggio che sfruttano la manodopera delle donne profughe che vengono pagate una miseria per lunghe giornate di lavoro.

-Un'altro intervento è stato quello di attivisti tedeschi in relazione alla loro lotta contro l'idustria nucleare e contro il trasporto da parte del governo tedesco di scorie altamente radioattive in un deposito permanente presso la città di Gorleben. Dal '79 ad oggi centinaia di migliaia di persone hanno contrastato attivamente questo progetto e sono riuscite a fermarlo. Per esempio nel '96 100.000 persone hanno bloccato il trasporto e ognuno dei tre tentativi di trasportare le scorie ha incontrato le proteste di migliaia di manifestanti che hanno creato delle catene umane lungo tutto il tragitto formando dei blocchi stradali e dei presidi. Furono impiegati 30.000 poliziotti per scortare i trasporti. Nonostante gli sforzi i tre carichi sono arrivati a destinazione depositando otto contenitori di scorie. Comunque a causa dell'altissimo costo finanziario e politico pagato dal governo per ogni trasporto, i manifestanti capiscono ormai che il progetto può venire cancellato. Il movimento non ha attaccato solo il trasporto di scorie ma l'industria nucleare nel suo compleso. Si è parlato anche dell'esistenza di una mafia internazionale del nucleare che coinvolge funzionari pubblici, affaristi, compagnie assicurative, banche, ecc. Spesso lavorano a fianco delle forze armate che cercano, in molti paesi, di reciclare le scorie per usi militari. Rappresentanti della Nigeria e della Bolivia testimoniano che scorie illegali finiscono nei loro paesi e compagni del sud Italia hanno rilevato che carichi illegali di scorie nucleari, tra gli altri traffici illegali, spesso solcano i loro mari. La tendenza è quella di depositare le scorie nucleari, e non, nelle zone più povere del mondo, mentre nel primo mondo cresce un movimento organizzato di resistenza. Compagni degli Stati Uniti hanno rilevato che la costruzione di una seconda generazione di impianti nucleari negli USA dipende largamente dalla costruzione di una nuova discarica che è stata rimandata per quasi vent'anni ma che potrebbe venire realizzata a breve in Texas e/o in California. C'è anche una proposta per una discarica di scorie altamente radioattive su terre indigene in Nevada.

Per il 2004 la compagnia francese Framatome e la tedesca Siemens svilupperanno un nuovo tipo di impianto nucleare che intendono istallare prima nelle Filippine e in Sudamerica e poi in Europa. La Siemens è reputata come una delle maggiori industrie nucleari del mondo per questo compagni inglesi e tedeschi hanno proposto un boicottaggio mondiale dei loro prodotti, Al contempo compagnie americane come la Westinghouse e la General Electric hanno progettato di costruire reattori tradizionali in Asia.

Il gruppo ha identificato problemi comuni e strategie collettive. Problemi: discariche nei paesi impoveriti, incapacità di conoscere i tragitti dei carichi di scorie nucleari dalla partenza alla destinazione, mancanza di informazioni sui potenti del nucleare, mancanza di informazioni sulle energie alternative, mancanza di leggi di regolamentazione della politica energetica, la "mafia nucleare" che cerca soluzioni illegali o dannose per l'ambiente al problema delle scorie, diffamazione degli attivisti da parte dei governi e delle industrie, ad esempio definendoli ecoterroristi.

Le stretegie di resistenza discusse dal gruppo sono: risparmio energetico, impegno nella produzione di energie alternative come quella solare ed eolica, scambio di esperienze che hanno avuto successo tra gli attivisti dei diversi paesi, denunciare gli scaricatori abusivi di scorie di fronte a tribunali internazionali, boicottare la Siemens ed altre multinazionali del settore, indire una conferenza annuale europea sul tema del nucleare, sviluppare la rete internazionale anche usando internet, creare dei bollettini informativi su tutti gli aspetti del nucleare, ad esempio sul trasporto delle scorie.(...)

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