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Vertice
EU a Salonicco
Report
di venerdi 20 giugno 2003
Eccoci,
un po con gli occhi gonfi di lacrimogeni,
ma siamo di nuovo all'universita', di ritorno
da Chalchidiki.
Siamo
partiti questa mattina alle 8:00 dopo una
notte agitata e piena di di situazioni tese
fra i vari gruppi. Da Teologia, Filosofia
e Legge sono partiti 12 pullman di anarchic*
e antiautoritar*, oltre alcuni gruppi che
si sono mossi con le auto private. molti
infatti decidono di restare all'universita'.
Per nostro stupore non abbiamo incontrato
poliziotti, o per lo meno non abbiamo incontro
blocchi, avezzi come siamo a essere continuamente
fermati, soprattutto quando viaggiamo in
mezzi su strada.
Arriviamo
a Chalchidiki, 120 km di litoranea da Salonicco,
il luogo dove fra spiagge bellissime e montagne
brulle si riuniscono i padroni d'Europa.
Li incontriamo gli altri spezzoni che partecipano
al corteo: il KKE (e resistenza thesalonikki
2003), il Forum, Iniziativa di Lotta thessaloniki
2003 e Iniziativa Genova 2001.
Sono
presenti alcune migliaia di persone, forse
8000, che convergono sulla spiaggia antistante
a un parcheggio. Di li il bivio, o il lungo
mare, o la strada sterrata di campagna.
In fondo si ergono enormi e lusssuosi due
Hotel imponenti. Davanti a questi schieramenti
di celere, container e blindati (non molti
in realta'). Altre guardie sono in mare,
affiancati dalla marina militare e i suoi
mezzi.
Gli
spezzoni dei comunisti e del Forum prendono
la strada per il lungomare e vanno verso
l'entrata principale degli Hotel, mentre
il blocco nero e quello dei disobbedienti
girano per il sentiero, tentando di prendere
il posto alle spalle.
Il
blocco nero e' massiccio, autodifeso e unito.
Circa mille persone avanzano incordonate
dietro lo striscione rosso di "Movimento
antiautoritaro thessaloniki 2003 - Fight
Back! ". Davanti a loro circa duecento
disobbedienti rivestiti di gommapiuma e
con gli ormai noti gommoni di "sfondamento".
Dopo
circa venti minuti di cammino in una campagna
brulla e pietrosa, dove incontriamo nascosti
fra gli ulivi e i vigneti numerosi gruppi
di poliziotti, arriviamo a una specie di
ponte. Il valico e' sbarrato da un blocco
di cemento e soprattutto da quasi una decina
di file di celere gia' schierata e in attesa.
Alla destra della nostra vista, 4 squadre,
da dieci uomini ciascuna, "sparpagliate"
e schierate a difendere la valle e a intervenire
sul fianco. A sinistra abbiamo un monte
ripido e pietroso.
Nel
complesso ci e' sembrato un posto molto
scomodo per fare una forzatura contro il
muro di guardie che stava di fronte, anche
perche' l'unica via di fuga era la ritirata,
ma anche tornando indietro c'erano i gruppi
di guardie precedentemente avvistati fra
i vigneti. In ogni caso la partita si gioca
li', ormai siamo arrivati e il terreno di
scontro l'hanno scelto loro e l'hanno scelto
bene.
Il
blocco dei disobbedienti scavalca la struttura
di cemento che li separa dal cordone della
polizia e carica la prima linea di sbirri
con le camere d'aria. Resiste il solito
tempo ormai noto di questa pratica mentre
altri attivisti del blocco loro ricoprono
gli agenti di vernice. Poi partono le prime
granate assordanti e le bombe urticanti,
e il blocco rovina fragorosamente sulla
barriera di cemento che si era lasciata
alle spalle, fortunatamente senza feriti
gravi.
A
quel punto infuria lo scontro. Mentre la
prima linea si mette in salvo nella parte
di strada ancora del corteo, decine di attivisti
del blocco nero si scagliano contro le guardie
a valle, ingaggiando una lunga sassaiola,
favoriti dall'altezza ma soprattutto dall'inesauribile
aarsenale presentato dal terreno sassoso.
La
controffensiva della polizia greca e' totale,
partono bombe lacrimogene e gas urticanti
da tutti i lati possibili e non resta che
arretrare. Con un po di intelligenza si
riesce a contenere la piazza saldamente
e non avviene nessuna fuga precipitosa.
Dopo pochi minuti infatti mentre si erige
un minimo di barricata sul sentiero, alcune
decine di manifestanti controcaricano a
sorperesa la polizia. La sortita sembra
riuscire e per un buon quarto d'ora i manifestanti
tengono testa, con un asfissiante tira e
molla di sassi e lacrimogeni, alle cariche
della polizia sul sentiero e a tenere lontana
la polizia a valle. L'entusiasmo diventa
contagioso.
La
situazione precipita pero' quando alcune
pattuglie grigioverdi (i colori della celere
greca) calano dagli ulivi e dal monte alla
nostra sinistra bersagliando con le bombe
urticanti (che scagliano a mano) nel mezzo
degli spezzoni. La fuga si fa allora piu'
caotica, l'acido irrita gli occhi e blocca
la gola, l'asfisssiante mancanza d'ossigeno
e il dolore aspro dei gas di Genova tornano
in mente.. .
Diventa
miracoloso a questo punto l'intervento del
Medical Team, che forniscono a ripetizione
e instancabilmente assistenza a chiunque
vedono avere dei problemi (nel caso specifico
tutto il corteo!), spruzzando Malox liquido,
liberando le vie respiratorie agli intossicati
e servendo acqua.
Neanche
il corteo fa in tempo ad arretrare lungo
lo stretto sentiero che dal fianco opposto,
quello destro, da alcuni vigneti ripiove
l'ennesima pioggia di granate assordanti,
pepper spray, gas urticanti e lacrimogeni:
un bombardamento chimico a tutti gli effetti.
La ritirirata prosegue lacrimando fino al
piazzale da cui erano partiti i due percorsi
indipendenti. E proprio li vediamo la gente
degli altri cortei giungere con le faccie
irritate e gonfie sospinti dalle cariche
della polizia dal lungomare.
Quando
il cordone della celere che seguiva il blocco
nero, dal sentiero, e quella dal lungomare
si uniscono temiamo il peggio. Anche perche'
un terzo cordone spunta da dietro un ristorante.
Parte l'ennesima carica, si resiste qualche
minuto, ma infine si cede. Qualche operazione
diplomatica improvvisata da qualche gruppo
dirigente dei comunisti riesce a fermare
la carica finale, forse la piu' dura visto
lo spiegamento, e dai parte dei manifestanti
si placa l'altrimenti fitto lancio di sassi.
Cosi'
possiamo giungere di nuovo ai pullman, contarci
e ripartire.
Poteva
andare peggio, in termini puramente militari
poteva esssere un massacro ma la gestione
tecnica di piazza dei compagni e' stata
intelligente, cioe' si e' tirata la corda
al massimo ma non fino al punto di rottura.
Dal punto di vista politico, questi assalti
alla zona rossa, a nostro avviso, andrebbero
riletti e verificati poiche' spesso per
un gesto "simbolico", ci si rimette
troppo in forze ed energie, quando con poco...
ma e' un discorso che affronteremo in altra
sede.
Purtroppo
non abbiamo notizie certi di arresti e fermi,
quindi non sappiamo dare una lettura dell'evento
dal punto di vista repressivo, mentre i
feriti ce ne sono stati a decine, quasi
tutti per intossicazione e slogature (cadute
varie), ma fortunatamente non ci risulta
che ce ne sia qualcuno grave.
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Vertice
EU a Salonicco
Report
di sabato 21 giugno 2003
date:
thessaloniki 220603 4:58 pm
from: riotintheworld@libero.it
to: border0@tmcrew.org
subject: il blocco nero a thessaloniki
Sabato
21 e' il giorno delle azioni nel centro
di Salonicco. Il blocco nero, composto dagli/lle
anarchic* e antiautoritari che hanno occupato
il campus fra filosofia, legge e teologia,
comincia a prepararsi dalle prime ore della
mattinata. Fervono riunioni, assemblee,
ricerca di attrezzi e materiali vari. Si
acquistano maschere, guanti, si scambiano
info e cominciano a girare leggende ;-)
La
sensazione diffusa e' comunque quella dei
preparativi di una grande battaglia. Tensione
e po' di paura percorrono il campus, le
notizie su come sara' schierata la polizia
e su come scenderanno in piazza gli altri
spezzoni si susseguono smentendosi le une
con le altre. Tanta confusione, ma anche
tanta voglia di esserci, di prendere parte
a quella che ha tutti i presupposti per
diventare una manifestazione memorabile,
per radicalita', partecipazione e contenuti.
Il
pomeriggio arriva subito e tutti i gruppi
organizzati, i gruppi di affinita', i collettivi,
convergono davanti al Media Center, sul
viale dell'uscita laterale del campus. Migliaia
di persone, circa 4000, riempono la strada.
Un unico blocco nero, autodifeso quasi oltremisura,
in cui si mescolano greci, italiani, tedeschi,
cecoslovacchi, svedesi, spagnoli, baschi
austriaci si prepara ad uscire dall'universita'.
L'aria e' elettrica, la tensione altissima
e la consapevolezza di stare in blocco pronto
a tutto, con migliaia di compagni che condividono
la stessa pratica, fa attraversare la schiena
da un brivido.
L'appuntamento
in strada e' per le 17, quando in piazza
contemporaneamente scendono gli altri spezzoni;
il Forum, gli stalinisti, i troskisti e
l'associazionismo, ognuno in piazze diverse,
concentrate verso il lungomare, nella parte
bassa e nuova di Salonicco. Il blocco nero
non ha piazza fissa, vuole puntare al consolato
USA e alla Questura e altri obbiettivi simili.
Il
corteo, rumorosamente, parte. Gli slogan
scuotono la terra, il rumore degli attrezzi
fa da colonna sonora alle "aste"
di bandiere che vengono fatte battere su
tavole attrezzate come scudi. Si gira per
Odos Egnatia, una via larga (tra le poche
di salonicco) che passa vicino all'Universita'
e porta verso la stazione dei treni e verso
gli obbiettivi prescelti.
Dopo
circa trecento metri di percorso, dall'alto
di un decina di piani di un palazzo, alcune
troupe televisive riprendono, sbavando per
uno spettacolo cosi' ghiotto da riprendere:
migliaia di cattivi tutti neri e armati.
Ma c'e' chi non scende in piazza per farsi
bello e dar ragione ai loro spettacolini;
tre, quattro, cinque, e infine una decina...
uno dietro l'altro si susseguono i razzi
di segnalazione lanciati contro gli sciacalli
della tv. Le troupe abbandonano in fretta
e furia telecamere e cavalletti e vanno
a rifugiarsi dentro l'appartamento. Il bersagliamento
continua per una altro po e la mira e' tutt'altro
che sbagliata. Questa prima azione e' accolta
da un applauso fragoroso del corteo.
Dopodiche'
la situazione diventa indescrivibile. All'altezza
della via che il blocco ha appena raggiunto
ci sono una banca, un uffico di una compagnia
telefonica, un negozio di hi-fi e la sede
di Nuova Democrazia e del KKE (stalinisti).
Le serrande in lamiere costruite a difesa
delle vetrine nei giorni appena antecedenti
il vertice, vengono divelte in un attimo.
La forza di una massa arrabbiata e determinata
non si ferma con due viti e un pannello
di metallo. Il corteo avanza lasciandosi
colonne di fumo alle spalle (le sedi dei
partiti sono state solo bersagliate di sassi
e ricoperte di scritte).
Poco
piu' avanti da un vicolo sulla sinistra
parte un lancio di gas di una squadra di
guardie. Il rapporto di forza fra noi e
loro e' incomparabile, i poliziotti vengono
sepolti da una pioggia di molotov e pietre
e si danno rovinosamente. Dopo pochi minuti
allora giunge una carica alle spalle, praticamente
dall'universita'. Questa volta il cordone
di celere e' piu' fitto e carica determinato.
La risposta che riceve e' la stessa, semplicemente
si beccano ancora piu' pietre e piu' bottiglie
incendiarie.
All'angolo
di Ag.Sophias intanto va avanti l'opera
di scardinamento delle serrande di un mcDonald,
il piu' grande di Salonicco. Ancora una
volta le barriere misere dei commercianti
vanno via tipo coperchio di una scatoletta
di tonno! :-) La forza del blocco fa sembrare
tutto piu' facile e semplice.
Dall'altro
fianco della strada caricano di nuovo, ma
anche questa volta l'arsenale del blocco
riesce a fargli fronte. La polizia, comunque,
non e' affatto spaventata da tanta aggressivita'
(!), semplicemente non puo' avanzare e travolgere
il corteo perche' le fiamme gli intralciano
il cammino. Stessa cosa si ripete a Dionos
Platonos, la parallela di Ag.Sophias. Tutte
le cariche dai vicoli laterali vengono respinte
fino a che (per caso o per idiozia?) si
arriva a Piazza Dikastirion e il corteo
si trova la strada sbarrata dal palco, dalla
folla e dai striscioni di un' altra manifestazione.
La
polizia ne approfitta per bersagliare il
blocco di gas lacrimogeni (le cariche principalmente
consistono in guardie che ti corrono incontro
tirandoti granate urticanti: l'uso del manganello
e' molto limitato). Approfittano del fatto
che si hanno alle spalle altri manifestanti
cosicche' solo in pochi si arrischiano a
tirargli le molotov (poiche' potrebbero
cadere sull'altra dimostrazione).
Da
qui il blocco si sfrantuma in piu' pezzi,
una parte viene respinta indietro e va a
finire all'universita' per la stessa strada
dell'andata. Un'altra, quella piu' grossa,
curva in un vicolo che porta sempre alla
piazza Dikastirion, pero' in una area piu'
vuota (la piazza e' molto grande).
Li
si fa al volo una barricata un gruppo si
piazza dietro a difenderla con sassi e benzina.
Intanto lo spaesamento prende il sopravvento,
si contano i dispersi e i lacrimogeni cominciano
a farsi sentire, nonostante l'uso diffuso
delle maschere antigas e degli occhialetti.
Il gruppo compatto gia' non c'e' piu'. Ci
si organizza per riprendere Odos Egnatia,
ma dopo 100 metri si ripete la scena identica
di prima: un'altro corteo blocca la strada,
e un cordone di sbirri lo "difende"
caricando il blocco nero.
La
ritirata su piazza Dikastirion si trasforma
in fuga quando da tutte le via che convergono
su essa sbucano cordoni di celere: una trappola,
qualcosa che ricorda in piccolo, per il
numero dei partecipanti, l'acccerchiamento
a piazza municipio al GlobalForum di Napoli
2001.
La
fuga e' precipitosa, il lancio di molotov
isterico e casuale, una calca confusa di
una massa stragasata dagli agenti chimici
delle decine di lacrimogeni che piombano.
Inoltre molti compagni, nell'attimo della
sosta in piazza Dikastirion, si erano tolti
maschere e occhialetti per riposarsi un
attimo, errore risultato poi fatale, perche'
facendo cosi' i gas si sono intrufolati
nei comparti d'aria dei filtri o degli occhialetti.
Si
apre un varco con la forza della disperazione,
si ritorna indietro in aree sempre piu'
gonfie di gas degli scontri precedenti.
Quel che rimane del blocco si ridivide in
numerosi rivoli che tentano la salvezza
per le strade che riconducono all'universita'.
Pare che un gruppo, il piu' nutrito e compatto,
sia comunque riuscito a mantenersi saldo
e a proseguire verso il centro, attacando
e avvicinandosi agli obbiettivi iniziali.
Per
tutti gli altri l'unica salvezza resta il
politecnico. Ma quando arrivano, arriva
pure la polizia, da ogni lato. Mentre l'ingresso
di teologia e di legge sono "al sicuro",
protetti da barricate e guardati a vista
dai cordoni di polizia distanti, l'ingresso
alle spalle di Filosofia viene continuamente
attaccato da quattro schieramenti di celere:
uno all'angolo con Odos Egnatia, l'altro
a monte, e due di fronte al cancello di
ingresso (laterale).
La
resistenza e' tenace, svanisce il senso
di sconfitta e confusione dato dalle cariche
precedenti e per due ore, fino alle 20 pezzi
di marmo (sdradicati dalle pareti delle
facolta') e molotov tengo lontane le guardie,
nonostante le incalcolabile sortite fatte
da quest'ultime.
La
polizia comunque non tenta lo sfondamento
vero e proprio. Infatti alla polizia, in
Grecia, e' vietato l'ingresso nelle universita'
poiche' la costituzione greca considera
le zone dei politecnici territori extralegali,
con il diritto di asilo permamente, che
puo' essere revocato solo temporaneamente
da una apposita commisione fatta da studenti
e autorita' accademiche. E durante gli scontri,
nonostante le richieste della polizia, la
commissione si e' riunita ma non ha revocato
l'asilo.
Alla
fine i poliziotti rimangono a circondare
l'universita' ma a distanza debita, e un'assemblea
interna decide di deporre tutto e lasciar
calare la tensione anche per permettere
a numerose persone venute da fuori di ripartire
(ma la polizia fuori ferma e perquisisce
chiunque lascia l'universita'). Il legal
team ci informa di 20 arresti e 84 fermi.
Il medical tema ha molto da fare soprattutto
con la gente intossicata dai gas o colpita
dalle bombe urticanti.
Una
breve considerazione a margine: l'amaro
in bocca che rimane e' quello di una sconfitta
indegna. Il potenziale, anche bellico, del
blocco era di gran lunga superiore rispetto
ai precedenti vertici. Le critiche al capitalismo
e a tutte le sue forme nell'esistente era
state incisive e lucide nel campus; analisi
cosi' radicali quanto diffuse sono un esempio
raro anche nei numerosi controvertici che
abbiamo conosciuto. Ma la pratica di piazza
si e' persa nell'esplosione e nel fomento
dei primi minuti, allontanandosi cosi' dai
suoi obbiettivi, anche e soprattutto politici!,
iniziali. Forse una maggiore organizzazione,
di fronte al caos totale dello spontaneismo,
avrebbe dato altri frutti. Forse. In ogni
caso abbiamo imparato che non bastano mille
molotov a vincere le guardie e, parafrasando
una nota pubblicita', ora sappiamo che la
potenza e' nulla senza il controllo.
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